Tuesday, 10 April 2012

bLOGBOOK - Ritorni

 Torni e tutto sembra diverso. Torni dove, poi? Ogni volta è sempre lo stesso quesito, ogni volta è sempra la stessa sensazione. Ma ci sono giorni diversi da altri. Migliori. O peggiori. Torni e scopri che piove, proprio come questo angolo di mondo sa fare. E tu a pensare che ieri eri al sole, e ti ci sei anche un po' abbronzato, con quel sole di ieri. Ma oggi scopri che piove. E tu a pensare che oggi hai le scarpe di tela, quelle che si bagnano con un nulla. E pensi anche che oggi non hai l'ombrello, che lo spazio nel bagaglio a mano era già tutto pieno. Sei solo in terra straniera, sotto la pioggia. In fin dei conti è il minimo che può capitare. Torni e tutto sembra diverso. E in certi casi lo è. E questo è uno di questi casi.
«Da come sorridi direi che non ti dispiace proprio tornare a Bruxelles». L'ha detto Paola, non più tardi di dodici ore fa. E' incredibile quanto possa cambiare in meno di un giorno. Sì, essere soli e bagnati rende felici. E fa sorridere. Sempre che si sappia ridere amaramente della vita.
Il taxi, quello non cambia mai. Sempre diviso per otto, per lo stesso costo del biglietto dell'autobus. Nemmeno gli italiani cambiano mai. «How is your name?», scandisce un signore dal greve accento della capitale e dal grave suono ignorante. Che l'ignoranza si sa, non ha confini. Specie quando si hanno voli low-cost.
Torni e molto sembra simile a ciò che hai lasciato. Il traffico, ad esempio. Ricorda molto quello delle nostre città, ma è strano assistere a simili manifestazioni a Bruxelles. Colpi di clacson, interminabili file di automobili, prima-seconda prima-seconda e poi stop e poi ancora prima-seconda e poi ancora stop. Intanto la pioggia continua a rigare i finestrini e disegnare cerchi concentrici nelle pozzanghere. Non ci sono biciclette: torni e scopri di essere in una città diversa, una città cambiata rispetto a quando l'avevi vista l'ultima volta. Dov'è mai la primavera che fu? Anche lei è andata via? Allora tornerà. Tornare dove, poi? E soprattutto come? I mezzi pubblici sono fermi: nessun tram sulle rotaie, nessun autobus per strada, non una stazione della metropolitana aperta. La crisi? No, solo una tragedia. Un controllore ucciso a seguito di un incidente tra un autobus e un'autovettura. E allora la città si ferma per solidarietà, e il trasporto locale viene sospeso per l'insicurezza di stato. Tutti a piedi. Sotto l'acqua. E bentornati a casa. Piove, non si ha ombrello, non si sa come raggiungere la propria abitazione, si ha l'ingombro del proprio bagaglio e la netta sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato da dover scontare in questa vita. Torni e improvvisamente ti senti Paperino. Che poi Paperino l'hai pure intervistato. Un'altra delle tue trovate geniali, di cui però si sono accorti in pochi. Come sempre, del resto. Ma va bene così. Quando ci si accorge di te è solo per usarti come secondo termine di paragone e scegliere altro. Fa niente. Paperino va avanti così. Lo hai intervistato per finta, certo. E sei stato proprio tu a imitarlo. Forse allora Paperino lo sei davvero un po'. Un po' troppo, ti viene da pensare. Specie quando ti si slaccia la cinta che regge il portatile e il tuo computer vola giù per le rampe delle scale. «E adesso?» è l'unica cosa che riesci a pensare.
E' solo una giornata storta, una come tante. Una di quelle che già hai avuto nella tua vita. A volte ci sono giornate così, dove tutto sembra tremendamente difficile e diverso dal solito. E quanto torni tutto sembra davvero più diverso. Oggi lo è.
Sei solo, sotto l'acqua, senza metropolitana, e con il tuo portatile caduto rovinosamente a terra. Sei preoccupato, sei smarrito e incredulo. Ma dopo aver raccolto il tuo computer pensi: «almeno adesso ho l'ombrello». E allora capisci che tutto tornerà presto a posto, e te ne torni a casa. «Da come sorridi direi che non ti dispiace proprio tornare a Bruxelles». L'ha detto Paola, ormai più di dodici ore fa. Ma non sempre i sorrisi regalati agli altri sono gli stessi che sappiamo regalare a noi stessi. E i tuoi meno che mai. Anzi. In genere quando sorridi in pubblico è per nascondere un tuo qualche disagio, e già sai che inizierai a piangere quando non ci sarà più nessuno a vederti. Nè a consolarti. Che non sai mai se è questo o tutto il resto a farti star male.
Torni e tutto sembra diverso. Il bagno lo ritrovi quasi aggiustato, ma in condizioni peggiori. La padrona di casa ti ha fatto la sorpresa di sistemarti lo sciacquone che perdeva, ma tu hai fatto giusto in tempo a dirle «grazie» che hai scoperto che è anche il water ad essere malandato. Dal tubo di scarico cadono piccole goccie, proprio come le lacrime che hai versato tutte le volte che hai pianto. Solo che tu ogni volta hai saputo smettere, mentre questo è un pianto di quelli che non si arresta. E tu vorresti quasi fargli compagnia, ma capisci che è più utile per tutti se gli asciughi gli occhi. Ma questo non dipende da te, e ancora una volta ti senti impotente. Sarà ancora una volta qualcun altro a decidere della tua vita. Come già è stato fatto. «Quando mi riprendete a Roma?», hai chiesto. «Perchè? A Bruxelles ti trovi male?». E tu non hai risposto. Il telefono ti ha impedito di farlo. E quando il direttore ha riagganciato il discorso si è spostato altrove. Non rispondere. Qualcuno, forse, l'ha già fatto per te. «Da come sorridi direi che non ti dispiace proprio tornare a Bruxelles». E infatti ci sei tornato.
Torni e tutto sembra diverso. Torni dove, poi? Ogni volta è sempre lo stesso quesito, ogni volta è sempra la stessa sensazione. Ogni volta... Non ti abitui mai.

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