Il presidente della Confindustria incalza i leader europei e il governo italiano a farsi carico delle esigenze e dei problemi delle imprese. «Bruxelles dimentichi la finanza, Monti faccia ripartire i consumi interni»
Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria |
La crisi è di tutti, ma «in Italia abbiamo i problemi più gravi». Da noi «la crescita è debole», il nostro «è uno dei paesi dove il Pil rallenta più vistosamente, ed è uno di quei paesi dove è più difficile fare business». E' l'Italia dipinta da Giorgio Squinzi, il neo-presidente degli industriali italiani con il difficile compito di traghettare il settore produttivo nazionale fuori dalla crisi e con il delicato incarico affidato solo da una metà di una Confidustria mai così spaccata. Squinzi non si fa e non fa illusioni: «L'uscita dalla crisi richiederà sforzi e sacrifici». Non sarà quindi rapida nè semplice, «ma non dobbiamo arrenderci». Parla all'Europa il neo presidente di Confidnustria, alla sua prima assoluta nella capitale dell'Unione europea. Incontra il presidente della Commissione Ue, Josè manuel Barroso, e il commissario europeo per l'Industria, Antonio Tajani. Parla con Jeremy Rifkin, e si rivolge alla platea gremita di industriali di tutta Europa e funzionario di tutta l'Unione, riuniti per discutere della "Mission growth", la missione crescita che ormai l'Ue si è posta. Il ragionamento, con annesse richieste ai politici, è per l'Italia. «Ci sono molti paesi, e il mio è uno di quelli, dove tante piccole e medie imprese non ce la fanno e chiudono». La Commissione europea «metta sul tavolo il prima possibile le misure atte a garantire alle piccole e medie imprese accesso al credito», e poi «realizzi la semplificazione burocratica», che è «il vero intervento prioritario». Oggi, lamenta Squinzi, «in Italia molte imprese quando vedono che le procedure per accedere ai bandi europei sono dei veri e propri tomi di enciclopedia, ricorrono ad esterni per interpretarli, e questo è un costo». Un costo che «molti non sono disposti a sostenere o non possono permettersi, rinunciando al bando». Gli industriali italiani chiedono quindi «un action plan per una nuova politica industriale», da varare subito. «Apprezziamo le proposte contenute nel quadro finanziario 2014-2020, ma - avverte un preoccupato Squinzi - il 2014 potrebbe essere troppo tardi».
Servono quindi misure immediate e soprattutto concrete. Il numero uno di viale dell'Astronomia invoca soprattutto un ritorno alla normalità. Il che vuol dire meno economia virtuale e più economia reale. Meno finanza e più industria. «La crisi economico-finanziaria - dice - ha convinto tutti della necessità di evitare di considerare la finanza come un fine in sè. Oggi più che mai dobbiamo tornare ai valori centrali della vera industria». Tutto questo in chiave comunitaria. In chiave tricolore, invece, quello che serve è «far ripartire i consumi interni, perchè l'export bene o male sta tenendo». Ma per il governo Monti c'è una richiesta specifica. Squinzi parla a Bruxelles rivolgendosi a Roma, dove manda un messaggio chiaro sulla "spending review", la revisione della spesa nella pubblica amministrazione per la riduzione degli sprechi di denaro pubblico e l'eliminazioni di inutili costi per lo Stato. «Il modo giusto» per utilizzare gli oltre 4 miliardi di euro che dovrebbero arrivare grazie alla spending review «è mettere a disposizione il "tesoretto" per ridurre la pressione fiscale sulle imprese e sulle famiglie». Questo aiuterebbe le famiglie a consumare di più rimettendo in moto l'economia, e darebbe una mano all'industria nazionale, troppo oberata da tasse e balzelli. «Le imprese italiane - ricorda Squinzi - sono sottoposte a un carico fiscale tra i 15 e i 30 punti in più rispetto agli altri paesi» europei. Un vero e proprio colpo alla competitività nazionale.
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