La prima cosa che si fa quando ci si alza è scostare la spessa tenda di stoffa dalla finestra e sbirciare fuori, per vedere se c'è il sole. L'occhio ancora chiuso per il sonno comunque ne risentirà, perchè il passaggio dal sonno alla luce del giorno è comunque accecante. Ma non importa. Ma se prima di richiudersi si riesce a vedere che là fuori c'è il sole, allora il senso del risveglio cambia. A volte la felicità è effimera: basta il tempo di sciaquarsi il viso e vestirsi che il sole se n'è già andato, e allora ci si sente come il bimbo a cui hanno strappato di mano il giocattolo preferito. Felicità e tristezza quasi si rincorrono, in questa vita. O forse solo in questo posto, dove tutto può sembrare affascinante e nulla può risultare piacevole. Tranne il sole del mattino, quando si strappa il velo del sogno che divide reale da surreale. Può bastare davvero poco per avere il buon umore. Ma sembra che pochi in questo mondo lo sappiano. Qual è la ricetta della felicità? Cosa ci serve, o cosa ci basta, per essere contenti? Nessuno lo sa. In un mondo egoistico e illogico, dove l'esistenza viene riempita di tutto ciò che non serve, si finisce col perdere di vista ciò che davvero servirebbe. Eppure non serve molto. Anzi, non serve niente. Ed è proprio qui il punto. In una società dove tutto ha un prezzo e ogni cosa ha uno suo ripiano e un suo scaffale, in un mondo dove tutto è merce e l'unico valore che si riconosce è quello di mercato, ecco, in questo grande inganno globale, ciò di cui abbiamo bisogno realmente non si trova in vendita da nessuna parte. Il problema è che se una cosa - e sempre più spesso una persona - non si può comprare allora questa non esiste. Ci si è talmente assuefatti al superfluo e al vacuo che tutto perde di significato. Peccato. Perchè non si riesce più a godere di un cielo limpido e di un sole splendente, di una serata "banale" cinema e birra, di raccontare e farsi raccontare storie e aneddoti di vita, di un pensiero, di un sorriso. Di un sorriso che viene rivolto forse per caso, forse per cortesia, o magari anche senza un motivo preciso, ma che comunque fa piacere ricevere. Specie quando fuori è grigio e tetro, e dentro di sè sono riversate tutte quelle intemperie che fuori ancora non infuriano ma che presto infurieranno. Perchè se la prima cosa che si fa quando ci si alza è scostare la spessa tenda di stoffa dalla finestra per vedere se c'è il sole, la seconda cosa che si fa una volta appurato che quel sole cercato e bramato non c'è è ricordarsi di prendere l'ombrello.
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