La sabbia sotto i piedi è forse la sensazione che più di ogni altra ho potuto apprezzare, perchè è senza dubbio quella di cui più di tutte avvertivo nostalgia. L'ultima volta che mi sono ritrovato a calpestarla risale a un anno fa, quando tutto apparteneva ancora ad un'altra dimensione. Il mare invece ha una dimensione tutta sua, sempre la stessa, eppure sempre piacevole da riscoprire, soprattutto per chi vive in posti dove sole e caldo non sono affatto la regola della quotidianità. Andare in spiaggia a gennaio, in un paese che si affaccia sul mar del Nord, è certamente suggestivo, ma non potrà mai essere paragonato ad un lido assolato di un paese mediterraneo in una qualunque mattina d'estate. Oostende non è forse il posto migliore dove cercare un angolo di mare e di sabbia: il vento che spira da e verso l'Atlantico non permette di poter lasciare il piede nudo, libero. Così il solo modo che si ha di vivere il mare è di camminarci come fosse un marciapiede diverso dagli altri. Anche durante la primavera, incredibile a dirsi. Per questo la sabbia sotto la pianta del piede desnudo è piacevole. Ora fina e morbida e calda, ora più compatta e più umida sulla battigia man mano che ci si avvicina sulla battigia, ora fredda e bagnata una volta raggiunta la riva: eccoli i tre stati della sabbia. Eccola la spiaggia che tante volte m'ha accolto. Non metto le cuffie, non ascolto la musica come solitamente faccio: stavolta, al non vedere accecante dei miei occhi chiusi al sole, torno ad ascoltare tutti i suoni che rendono vivo un angolo di mare. I flutti che si infrangono sul bagnasciuga, gli echi di bimbi che strillano lontano, l'abbaiare di qualche cane, il tonfo della pallina sui racchettoni di legno, il vocio delle gente. E poi il caldo, quello vero, quello puro. Niente aliti di vento, nessuna nuvola passeggera. Di passeggero ci sono solo io, perso per un istante in un frammento di sogno.
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