Le alte sfere militari cinesi impartiscono l'ultimo nuovo ordine ai soldati di stanza nel tetto del mondo. Dove continua la politica della repressione.
di Emiliano Biaggio
L'esercito cinese è pronto a intervenire in Tibet. Lo stato maggiore ha infatti impartito l'ordine, e quindi tutti i soldati di stanza a Lhasa e nella regione autonoma tibetana devono essere in massima allerta ed essere pronti a entrare in azione. «Le forze armate che stazionano in Tibet devono salvaguardare la stabilità e l'armonia sociale con l'aiuto della società civile», la direttiva di Guo Boxiong, vicepresidente della Comitato militare centrale della Cina. Un ordine militare per i suoi, un avvertimento per i tibetani, accusati di minare l'unità dello stato con le loro manifestazioni per l'indipendenza. Non a caso Guo Boxiong ha chiesto di garantire «l'armonia tra i diversi gruppi etnici», ordine che sta a significare garantire l'incolumità e la protezione per i cinesi Han, l'etnia dominante che sta rimpiazzando i tibetani in Tibet. Ma soprattutto - con l'ordine impartito dai militari dopo essere su richiesta di Pechino - si tratta di riaffermare una volta per tutte la supremazia di Pechino su quella del Dalai Lama, la guida spirituale del popolo tibetano. «Le forze armate in Tibet dovranno proteggere la sovranità, la sicurezza e gli interessi del Paese», ha scandito Guo Boxiong, che nel rispetto della migliore propaganda di regime ha anche detto che agendo in questo modo l'esercito cinese «saprà garantire prosperità al Tibet». Con la repressione, come sempre.
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