Friday, 19 April 2013

Come evitare di prendere "i colpi d'aria" in Italia

di Dany Mitzman per BBC (traduzione di Emiliano Biaggio)

Molti italiani, a quanto pare, sono inclini a contrarre un ampio raggio di malattie invernali, anche grazie all'aiuto apparente di una approfondita conoscenza dell'anatomia. Vivere per oltre un decennio in questo paese mi ha fatto giungere a una conclusione: essere italiani nuoce alla salute. All'arrivo dell'inverno, tutti quelli intorno a me sono soggetti a diversi malanni tipicamenti italiani, che renderebbero i nostri limitati termini britannici di "raffreddorre" ("cold") e "influenza" ("flu") una sorta di marchio come di cibo. Pedalando per le vie medievali della mia città adottiva, Bologna, sorrido al fatto che sto ancora indossando una giacchetta leggera in questo momento dell'anno.

Nessuna traduzione


I miei colleghi italiani sono meno fortunati. Hanno tutti le loro pesanti sciarpe di lana e giacconi imbottiti che arrivano alle ginocchia, e si lamentano di quella che è la mia preferita malattia italiana misteriosa: la cervicale. "Soffro di cervicale", mi dicono, dicendolo in tono particolarmente serio. La maggior parte delle persone di età superiore a 30 anni sembra trovarsi in questa condizione, ma ancora non so cosa sia esattamente e come tradurlo. Ho cercato su un dizionario, trovando "cervicale" - un aggettivo che si riferisce alle vertebre cervicali, quelle del nostro collo - ma come malanno non esiste una traduzione in inglese. Non l'abbiamo. I britannici non sembrano avere la particolare conoscenza, davvero eccezionale, della loro anatomia che invece hanno gli italiani.

Beata ignoranza

Poco dopo essermi trasferito qui, ricordo un amico che mi diceva di non sentirsi molto bene. "Mi fa male il fegato", mi disse. I medici mi hanno assicurato che non si può avvertire il proprio fegato, ma ciò che più mi ha colpito è che questo mio amico sapeva perfettamente dove si trovi il fegato. Noi britannici, al contrario, siamo una nazione di incredibili ignoranti per quanto riguarda la nostra anatomia. Gli italiani sono anche in grado di dirti che con dolore allo stomaco o all'intestino - e in quel caso può trattarsi sia di coliche che di coliti - hanno "mal di pancia". Ancora, sebbene dovrei sentirmi imbarazzato per la mia incapacità a individuare l'esatta posizione della cistifellea, non lo sono. Perchè? Perchè ritengo che ciò mi faccia star meglio. Dopo anni di esperienze vissute in prima persona sulla delicata costituzione degli italiani, sono giunto a una teoria sul perchè noi britannici siamo molto più robusti: se non puoi dare un nome alla malattia, non ne puoi soffrire. Se non sai dove si annidi, non ti può colpire. Tra gli italiani sono considerato come un qualche super-uomo immune alle malattie. Posso uscire dalla palestra sudato per andare a fare la doccia a casa senza prendermi nulla. Posso nuotare dopo aver mangiato e non avere congestioni nè crampi. Posso camminare con l'aria fredda senza avere "la cervicale". Me ne vanto addirittura. Al ristorante dico: "fatemi sedere in mezzo alla corrente, non mi succederà niente. Sono inglese".

Non dobbiamo lamentarci
Ho illustrato la mia teoria a uno psicologo siciliano, il quale mi ha detto che ho colto nel segno. Per esempio, i britannici non hanno un termine per "colpo d'aria". Dovrebbero tradurlo letteralmente, e questo sembra incredibile per gli italiani. Possono prenderne uno agli occhi, alle orecchie, alla testa o in qualsiasi parti del loro addome. Per evitare di subire un colpo d'aria, almeno fino ad aprile, non devono mai andarsene in giro senza indossare una veste di lana nota come "maglia della salute". Le mamme britanniche tengono la giacca ai loro figli in modo da evitare che sudino quando giocano e corrono. Al contrario, i parchi qui in Italia sono pieni di persone che sembrano uomini della Michelin, coperti di chiusure lampo fino al naso per evitare che l'aria li colpisca. Gli italiani sono così consapevoli e preoccupati da questi rischi per la salute, mentre la nostra non conoscenza della loro esistenza ci rende meno pauroso e al contempo più resistenti. Ma è anche una questione di etichette. Siamo una nazione che "non deve lamentarsi", abituata sin dalla tenera età che la sola risposta alla domanda "come stai?" è "bene, grazie". Il nostro vocabolario riflette tutto questo. Se anche abbiamo passato sei mesi in terapia intensiva, vi diremo che che siamo stati "un po' male".

Cambio di stagione

La settimana scorsa ho vissuto un momento di panico. Mi sono svegliato debole e con la nausea. Cosa accadrebbe se la differenza culturale fosse contagiosa? Cosa succederebbe se anni di permanenza in questo paese avessero modificato la mia costituzione e anch'io mi ritrovassi a soffrire di un altro malanno molto comune in Italia, "il cambio di stagione"? Ho provato a convercemi che tutto dipendesse dalla carenza di sonno, ma non ero sicuro. Più tardi, quello stesso giorno, ho confessato a un vicino che mi sentivo "un po' male". "Ooh", mi ha detto preoccupato. "Ieri sono andato dal medico, e mi ha detto che gira un'influenza intestinale che dura un paio di giorni". Quindi la sua faccia si è illuminata. "Ma non preoccuparti. Tu sei inglese, quindi per te durerà solo un giorno". E allora mi sono sentito subito meglio.

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