fonte foto: internazionale |
La guerra dell'acqua è cominciata. Etiopia ed Egitto hanno si contendono le risorse idriche del Nilo, aprendo scenari che rischiano di ridisegnare gli equilibri della regione. Il governo di Addis Abeba ha avviato i lavori di costruzione di un diga sul Nilo Azzurro, che assieme al Nilo Bianco forma il lungo fiume che arriva in Egitto prima di gettarsi nel Mediterraneo. I lavori di costruzione dell'imponente sbarramento - denominato "barriera rinascimento" - sono già stati avviati: costeranno in tutto il corrispettivio di circa 3,2 miliardi di euro per la deviazione del corso d'acqua. La decisione delle autorità etiopiche ha subito suscitato le proteste egiziane, che sul Nilo hanno utilizzo privilegiato da accordi coloniali firmati con la Gran Bretagna, quando l'impero di sua maestà controllava l'Etiopia. Gli accordi prevedono che l'Egitto abbia diritto di veto su qualunque opera o intervento contrario ai propri interessi da parte dei paesi bagnati dal Nilo e dai suoi affluenti: un riconoscimento sancito prima nel 1929 e poi nel 1959 per evitare che il paese dei faraoni si vedesse privato della più grande fonte idrica naturale (il Nilo rappresenta il 90% delle risorse d'acqua dell'Egitto). «L'acqua è una questione di vita o di morte per la popolazione egiziana, una questione di sicurezza nazionale», ha ricordato il primo ministro egiziano Hicham Kandil. Il Cairo tenta la carte diplomatica, inviando ad Addis Abbeba il ministro degli Esteri, Mohammed Kamel Amr. Si vogliono evitare gli scenari peggiori, anche perchè in questo momento l'Egitto è nel pieno di una crisi economica che non permette spese militari. Un aspetto che ben conoscono in Etiopia, ed è proprio per questo che hanno rotto gli indugi avviando i lavori sul Nilo Blu. L'Egitto intende ottenere dall'Etiopia lo stop dei lavori, una richiesta inaccettabile per la controparte, decisa a realizzare i progetti di produzione di energia idroelettrica e sfruttare le proprie risorse idriche. Il governo etiopico lamenta di sfruttare appena il 3% della propria acqua per l'irrigazione dei campi, ed è intenzionato ad incrementare questo tetto. Ma i toni usati dal presidente egiziano, meno diplomatici di quello del suo primo ministro, aprono scenari di incertezza. «L'Egitto non esclude nessuna opzione per proteggere i propri interessi», ha detto Mohamed Morsi. «Non vogliamo la guerra, ma non permetteremo che sia messa in pericolo la sicurezza in materia di approvvigionamento d'acqua». L'Egitto non può permettersi di pagare per la guerra, ma uno scontro armato non sarebbe solo un problema economico: si destabilizzerebbe ancora di più la regione, già alle prese con le scaramuccie tra Sudan e Sud Sudan. Inoltre c'è sullo sfondo la questione confessionale: l'Etiopia è un paese a maggioranza cristiana (61%), in Egitto si fa strada il movimento islamico radicale.
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