Saturday, 23 November 2013

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Visita in rima (omaggio a Mario Lodi)

Ho un problema agli occhi. Tipo che sono miope. No, no. Non è quello. Cioè, quello sì che è un problema, ma quando inizi a non vedere più bene a sei anni la miopia diventa la tua compagna di vita. Potendo scegliere sarebbe meglio avere una ragazza come compagna di vita, ma non è che le ragazze non spariscano. Possono andar via esattamente come la vista. Non ricordo più: ho un problema di vita o di vista? Non vorrei prendere una svista. Quel che serve è un oculista, uno bravo, uno specialista! E' proprio da lui che vado per cercare di curare il mio mal di vista. Lui o lei, che sia uomo o donna dir non saprei! Non sono italiano e non sono belga, non mi faccio curare da medici italiani ma non faccio parte del sistema sanitario nazionale belga, quindi ogni volta che ho bisogno di un medico vado. E chiunque sia ben venga! Il bello di non avere medici è che puoi fare ogni volta una fila diversa, se proprio ci vedete qualcosa di bello. E soprattutto se vedete. Dicevo: ho un problema agli occhi. Sono rossi, tanto per cominciare. In realtà sono castani, ma non intendevo il colore dell'iride. Intendevo dire che sono arrossati. Che è ben diverso da arrossiti. Arrossati fa rima con "infiammati", arrossiti con "ma perchè non l'inviti?". E poi non lacrimano. Sarà che sono una persona felice? Bene. Non c'è cura per gli inguaribili ottimisti, c'è solo la realtà a renderli tristi. Tristi per via  dell'inutilità dell'ottimismo, sepolto tra noia e menefreghismo. Ma il problema non è questo: ho un problema agli occhi, soprattutto all'occhio destro. Lo dico in segreteria, che ogni paziente manda via. "Si sieda lì e attenda il suo turno, verrà chiamato in orario diurno". "Ci vorrà molto", domanda il paziente. "Chi lo può dire?", del dottor risponde l'assistente. "Non c'è un tempo chiaro per guarire". Fuor di filastrocca vuol dire che devo aspettare, e se mi tocca non ho altro da fare. Nel senso che non so come ingannare l'attesa, che dopo un po' in effetti pesa. Cioè, non voglio fare scherzi a nessuno, e intendiamoci: non voglio ammazzare il tempo, non sono così cattivo. Ma devo aspettare, per di più il dottor Godaux, che si scrive Godaux ma si legge Godò. Sto aspettando Godot! Speriamo bene. Attendo leggendo riviste di grande interesse: per chi ha problemi di vista sono l'ideale per rifarsi gli occhi. Sarà una forse una terapia? Tanto pia non mi pare, ma sarà che vedo male. Il dottore, invece, commette uno sbaglio: mi crede donna, ma prende un abbagglio. "E' che il suo finisce per E, e in francese i nomi che finiscono per E sono femminili", si giustifica il dottore. "Non fa niente, lo capisco. Al pensiero del francese inorridisco", è quel penso ma non dico. Come faccia a piacere non capisco. "Dottore, dottore, non sono qui per il mio nome, ma perchè ai miei occhi ho dolore". Di tante e mille imprese, la più dura è in francese: provate voi a raccontare quel che avete da curare, e a farlo senza difficoltà nella lingua di questi qua. Non che in inglese la cosa cambi: non è che tutti i giorni si parli di malattie e sinotomi. Ho un problema agli occhi e non solo, ora che ci penso: spiegare tutto, per filo e per segno, in una lingue che detesto, che a malapena conosco, e che in genere non capisco. Ma col dottor Godaux non ho problemi, a parte il ritardo: venti minuti in più del previsto mi ha fatto aspettare prima ch'io fossi visto. Ma se buon sangue mente, buon nome fa egualmente. Alla fine tutto risolto, è un problema da poco. Meno male, dato che per poco ho pagato 60 euro. E solo per la visita. Fa niente: "La salute è una sola", ti ricordano sempre tutti. Meno male. Con quello che costa...

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