Thursday, 28 May 2009

Balcani, area ad alta tensione

Bosnia divisa dalle etnie e in una paralisi che non consente governabilità, Slovenia e Croazia al centro di una disputa sui confini marittimi. E poi ancora il Kosovo indipendente che non piace alla Serbia e la repubblica di Macedonia che tanto irrita la Grecia. Ecco perchè, dopo la guerra, l'ex Jugoslavia resta nell'instabilità.

di Emiliano Biaggio
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Balcani 'polveriera' d'Europa, oggi più che mai. Molti sono i motivi di conflitti nella regione, dentro e fuori gli stati stessi dell'area. Nella cornice delle repubbliche nata dalla dissoluzione dell'ex Jugoslavia la tensione è alta, da nord a sud. Difficile dove si ha la situazione di maggiore instabilità, perchè la regione è un grande mosaico di etnie e confessioni religiose che turbano i precari equilibri tra Stati e negli Stati. A livello di tensioni tra Paesi Slovenia e Croazia sono al centro di un contenzioso per i confini marittimi e, in più in particolare, della sovranità sul golfo di Pirano. Nella voglia e nella fretta di porre fine alla guerra, ci si accordò sui confini territoriali ma non su quelli marini. E adesso quella del golfo di Pirano diventa una questione spinosa, con la Slovenia- membro Ue e dell'eurolandia- che minaccia veti all'ingresso della Croazia nell'Unione europea se il governo di Zagabria non la smette con le sue rivendicazioni. Ma la Croazia deve fare anche i conti con la propria composizione sociale: una maggioranza croata, cattolica, e una minoranza serba, ortodossa. A questa due si aggiunge poi un piccolissimo nucleo di bosniaci, musulmani. In piccolo, in Croazia si propone e si ripropone il motivo di tensione che divide Serbia e Bosnia-Erzegovina: il massacro di Srebrenica- con la campagna di pulizia etnica attuata dalle milizie serbe nei confronti dei bosniaci musulmani-rappresenta ancora una ferita aperta e fonte di odio tra le due popolazioni, che costituiscono i principali gruppi etnici della Bosnia-Erzegovina. Qui, infatti, alla maggioranza bosniaca- musulmana- si aggiunge una forte minoranza (31%) di serbi- cristiano ortodossi. Un quadro multi-etnico e pluri-confessionale che si completa con il 17% di croati- cristiano cattolici- che si impogono come terza forza della repubblica. Già, 'forza'. In Bosnia-Erzegovina i trattati di Dayton che nel 1995 hanno posto fine alla guerra civile jugoslava hanno voluto garantire uguale peso politico alle tre anime del paese, serbi, croati e bosgnacchi (i bosniaci musulmani). Ma l'eguale distribuzione amministrativa e la rivalità tra le parti hanno finito per paralizzare la repubblica, dove nessuno è in grado di governare. Sarà anche per questo che il Paese è l'unico della regione a non aver ancora riconosciuto l'indipendenza del Kosovo, staccatosi dalla Serbia tra le proteste del governo di Belgrado. Il Kosovo rappresenta dunque un motivo ulteriore per guardare con preiccupazione alla stabilità della regione, dove si pone il problema della repubblica di Macedonia. Si tratta di una disputa nominale tra i governi greco e macedone: Atene vuole che il nuovo stato cambi nome, dato la Macedonia è una regione del nord dello stato ellenico. Per distinguere stato da regione oggi molti Paesi usano la dicitura Ex repubblica jugoslava di Macedonia, ma per la Grecia non basta e minaccia di impedire al governo di Skopje l'accesso a Unione Europea e Nato. Insomma: tra odi, minacce e veti incrociati, la situazione nei balcani resta ad alto potenziale esplosivo.

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