La testimonianza di un ragazzo venuto in Italia alla ricerca di una nuova vita. Ma che adesso rimpiange di non averla cercata altrove.
di Emiliano Biaggio
“Mia madre mi ha detto che vogliono introdurre un permesso di soggiorno a punti, come la patente”. E’ l’Italia che non ti aspetti, quelle dei provvedimenti anti-immigrazione e anti integrazione. O almeno è l’Italia che non si aspetta Carlo, una delle tante persone che si possono incontrare nei bar. Una delle tante persone, ma non una persona come tante. Albanese di 26 anni, Carlo è in Italia da quando era bambino, da quando i suoi genitori decisero di cercare nel nostro Paese una nuova vita e, soprattutto, un futuro per i loro figli. Nonostante Carlo sia in Italia ormai da vent’anni, lui resta ancora un cittadino albanese. E' in attesa di ottenere la cittadinanza italiana, ma ancora non gli è stata riconosciuta, e fin tanto che le pratiche non si chiudono lui resta un extracomunitario, che non riesce a capire ed accettare una delle proposte dai senatori della Lega Nord in tema di immigrazione. “E pensare che i miei se lo sono scelto questo Paese”, dice amareggiato mentre consumiamo il nostro aperitivo. Carlo vive nei pressi di Roma, insegna kick boxing in una palestra della zona, ha amici italiani, parla addirittura con l’inflessione dialettale romanesca, ma tutto questo sembra non bastare per poterlo considerare italiano a tutti gli effetti. Tanto che per giudicarlo idoneo all’Italia adesso deve ottenere un punteggio. “A voi dopo un certo numero di infrazioni vi tolgono i punti dalla patente e non potete più guidare, a me invece dopo che ho finito i punti mi mandano via. Non è proprio la stessa cosa. Anche perché voi la patente potete riprenderla, io il permesso di soggiorno no”. Nelle sue parole emerge chiaramente l’amarezza per una terra che avrebbe dovuto accoglierlo ma che invece sembra non averlo mai accettato. “E pensare che noi questo Paese ce lo siamo scelto”, ci ripete deluso. “Sapete una cosa? Io vi compatisco, perché voi almeno qui ci siete nati, voi non avete avuto scelta. Io invece per me provo solo pena, perché potevamo andare in Spagna, Olanda, e invece tra tutta l’Europa abbiamo deciso di venire qui. Se non fosse che aspetto di prendere la cittadinanza me ne andrei”. Carlo svuota il bicchiere, mentre attorno a lui si fa silenzio. Del resto c’è poco da dire. Soltanto che Carlo è un nome di fantasia, perché chi è uscito da quel bar probabilmente non se l’è sentita di far apparire il suo vero nome. Perchè chi è uscito da quel bar ci compatisce e, con ogni probabilità, non si fida più di noi.
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