Il merito? In Italia si guarda ad altro, soprattutto alle conoscenze. E’ quanto emerge da studio effettuato da Federmanager, l’organizzazione dei dirigenti aziendali. Secondo la ricerca, nel lavoro la propria capacità è importante per due italiani su dieci. Soltanto per il 27% degli intervistati, infatti, il merito è un fattore che conta, e quasi la metà (46%) delle persone interrogate ammette di aver fatto carriera grazie a conoscenze. Di più: la quasi totalità (91%) si dice d’accordo con l’affermazione secondo cui c’è l’abitudine a far maggiore affidamento sulle appartenenze e sulle relazioni. Risultato: in Italia il merito è «un valore dimenticato». Colpa, in larga parte, della politica. «La visione della politica – affermato Edoardo Lazzati, presidente di Federmanager – ha fatto fatica a mettere in pratica il merito. In questi anni noi abbiamo chiesto ai nostri politici di confrontarsi non soltanto con chi è portatore di numeri, e oggi fa piacere sentire che entrambi gli schieramenti parlano di merito. Per questo io dico ai politici: dateci fiducia». Non riserva critiche al mondo politico-istituzionale neppure Angela Savino, coordinatrice nazionale dei giovani dirigenti. «Oggi – sostiene – la politica è un meccanismo di cooptazione in cui le scelte sono dettate dalle lobbies e le macchine partitiche sono al servizio delle clientele. Dalla politica ci si dovrebbe attendere di più, in particolare ci si aspetterebbe il tempo delle riforme. Il messaggio che vogliamo lanciare alla politica – conclude Savino – è creare un nuovo sistema di welfare e un mercato di reclutamento basato sui meriti. E’ ora di uscire dalle logiche della gerontocrazia».
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