Friday, 12 June 2009

Motti, solo modi di dire. Non di essere.

Dall'Asia all'Africa fino alle Americhe, slogan che non corrispondono alla realtà.

di Emiliano Biaggio

"Unione - Libertà – Giustizia", recita il motto nazionale della Sierra Leone, "Lavoro, Giustizia, Solidarietà" quello della Guinea, "Unità, Progresso, Giustizia" quello del Burkina Faso. Slogan che suonano come ironici se si da’ uno sguardo a quella che e’ la situazione interna di questi Paesi e si pensa alla loro storia. Chi ha voluto svincolarsi dal dominio degli uomini su altri uomini, non solo non vi e’ riuscito, perché continua a essere subordinato a presenze estranee, ma perché una volta ottenuti, o una volta che si è illuso di ottenere quei principi elencati nei motti nazionali, non ha saputo garantirli né realizzarli. Ma attenzione a non cadere in facili tranelli: quegli stessi principi sbandierati dalle ex colonie africane, sono gli stessi che sbandieriamo, da sempre, tutti noi. Ma nessuno di noi, è mai riuscito a creare una situazione di Unione - Libertà – Giustizia- Solidarietà – Progresso. Ognuno di noi grida del “dittatore” a chi non si piega ai propri interessi economici, e spodesta un tiranno cattivo per metterne un altro, meno cattivo. Le idee di Unione - Libertà – Giustizia- Solidarietà – Progresso sono del tutto personali e personalistiche, e al di là delle definizioni dizionaresche, sono completamente indefinite. Questo fa si’ che possano significare tutto e, allo stesso tempo, niente. Parlare di Unione - Libertà – Giustizia- Solidarietà – Progresso in un mondo dilaniato dalle guerre, diviso dall’odio, governato dagli interessi personalistici e dalla sopraffazione, induce al sorriso. Un sorriso ironico e amaro. Perché si combatte sempre in nome degli stessi principi irrealizzati, perché si combatte sempre per sostituire un nemico con una nuova minaccia, perché si combatte sempre. In Afghanistan come in Iraq, in Somalia come in Sierra Leone, in Palestina come in Libano. Si combatte in nome della libertà, della giustizia e del progresso (anche se i più preferiscono parlare di sviluppo). E poco importa se la libertà e la giustizia si ottengono con i morti, se la giustizia si instaura tra mille ingiustizie, se la tanto agognata libertà deve essere conquistata attraverso la prigionia e i prigionieri di una guerra. Le parole si distorcono e assumono la formula dei principi del Grande fratello orwelliano, in un mondo in cui non si capisce se gli animali che scalzano gli uomini dal potere e acquistano la propria libertà siano meno animali di quanto si credeva o più uomini di quanto ci si potesse aspettare. "Unione - Libertà – Giustizia", recita il motto nazionale della Sierra Leone, un Paese dilaniato da una guerra civile che denota una dolorosa divisione, non porta ad alcuna libertà e non rende giustizia a nessuno. "Unità, Progresso, Giustizia", recita il motto del Burkina Faso, Paese distrutto dalle lotte intestine e tra i più sottosviluppati, pardon, meno progrediti al mondo. Parole che suonano ironiche rispetto a un contesto che non rispecchia le immagini che si proclamano. Ma tra i principi attorno a cui si dovrebbe costruire uno Stato, almeno secondo i politici, c’è anche la religione. Ma anche questa dimostra la propria inefficacia. "Allah è grande", e’ lo slogan dell’Iraq. Verrebbe da chiedersi “quale Iraq?”, se quello del governo filo-occidentale di Nuri al-Maliki o se quello che gli iracheni- una buona parte di essi- iniziano a rimpiangere. Di certo se Allah è grande gli iracheni non sembrano accorgersene, impegnati come sono a distruggersi gli uni con gli altri. "In God we trust"e’ infine il motto degli Stati Uniti: ma il dio cristiano non è forse quello che predica amore e tolleranza? Ah no, quello era Cristo. Dio è colui che punisce e colpisce. Forse è per questo che Ambrose Bierce ha scritto: “Dio ha fatto della guerra lo strumento per far conoscere la geografia agli americani”.

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