Rivelazioni schock di soldati israeliani.
fonte: Il Messaggero del 16/7/2009.
Sparare senza preoccuparsi della sorte dei civili palestinesi: questa era la prassi seguita dall'esercito israeliano a Gaza durante l'operazione piombo fuso, che dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio scorso ha provocato circa 1.300 morti, secondo le testimonianze di una trentina di soldati, che hanno partecipato alle operazioni di guerra, raccolte da Breaking the silence, un'organizzazione composta da ex militari che si batte per il rispetto dei diritti umani. Il rapporto, secondo quanto riferito dal Financial Times è composto da 112 pagine e raccoglie le testimonianze anche video di uomini «coinvolti nelle operazioni a ogni livello». «Le critiche rivolte alle forze di sicurezza israeliane da questo o quel gruppo sono inappropriate- ha commentato il ministro della Difesa Ehud Barak- le forze di sicurezza israeliane sono uno degli eserciti che meglio rispettano l'etica al mondo e agiscono nel rispetto di alti valori morali. Ogni critica alle operazioni delle forze di sicurezza dovrebbe essere rivolta a me, in quanto ministro della Difesa israeliano». Secondo uno dei testimoni citati dal rapporto, «l'obiettivo era terminare la missione con il minor numero possibile di perdite per l'Esercito senza chiedersi quale sarebbe stato il prezzo pagato dagli altri». «Meglio colpire un innocente che esitare a sparare a un nemico», era l'ordine impartito dai gradi superiori dell'Esercito israeliano, secondo un'altra confessione pubblicata nel dossier.
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