Scontri nel capoluogo dello Xinjiang, con centinaia di morti nella regione che non ha nulla da invidiare ai confinanti tibetani.
di Emiliano Biaggio
La miccia era accesa, e bruciava lentamente. Adesso la bomba è esplosa: scontri e feriti a Urumqi, nel nord-ovest della Cina. E soprattutto morti, tra i 140 e i 156. Tutti uighuri, tutti nello Xinjiang, la regiona autonoma dove vivono 8,3 milioni di persone appartenenti ad etnia turcofona da tempo desiderosi di indipendenza dalla Cina. Una Cina che, come da copione, reprime. Già, come da copione. Tra le varie regioni con cui confina lo Xinjiag, a sud c'è lo Xizang, conosciuto anche come regione autonoma del Tibet (Tar). Altro territorio caldo, al centro delle politiche di dominio e repressioni di Pechino, dove la polizia è sempre pronta a soffocare forme di protesta e stroncare il movimento secessionista. Proprio come nello Xizang, il governo centrale sta adottando nello Xinjian- da sempre- le stesse strategie: autonomia formale e controllo del potere politico-economico sottratto agli uighuri, rigido controllo e sradicazione del dissenso. E poi colonizzazione, con trasferimento di popolazione cinese Han così da rendere quella uighura una maggioranza etnica relativa. Urgen Tenzin, direttore esecutivo del Centro tibetano per i diritti umani e la democrazia, non ha dubbi: «La politica cinese nei confronti degli uighuri è molto simile a quella che applica sui tibetani», colpiti perchè non cinesi. E quella etnico-culturale è la ragione che ha fatto precipitare una situazione già instabile dello Xinjian: sembra che cinesi Han abbiano assaltato un dormitorio di operai uighuri uccidendone due. I responsabili non sarebbero stati puniti, e questo ha generato le proteste e la sollevazione della popolazione. Sollevazione 'a orologeria', come una bomba appunto. L'esplosione uighura è infatti avvenuta proprio mentre il presidente cinese Hu Jintao, in visita in Italia, veniva pressato dal capo dello Stato Giorgio Napolitano sulla questione dei diritti umani. E a proposito di diritti umani: «La frustrazione dei tibetani sta crescendo», avverte Tenzin. Nello Xizang «si è sempre più stanchi dell'ipocrisia cinese nella ricerca di una soluzione alla questione tibetana». A Pechino quindi stiano in campana, perchè la situazione rischia di precipitare ulteriormente...
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