Wednesday, 26 August 2009

Protagonisti nelle lotta ai cambiamenti climatici. Però...

La Cina discute una bozza con cui rendere ufficiale il proprio impegno in campo ambientale. Ma intima ai paesi stranieri che possano essere adottate misure «adeguate alle condizioni interne».

di Emiliano Biaggio

La Cina medita di prendere una posizione più netta a favore del clima e assumere un ruolo più attivo e incisivo. E sta pensando di farlo mettendo il proprio impegno nero su bianco: la Commissione permanente del Congresso nazionale del popolo, l'organo legislativo della Repubblica popolare cinese, è chiamata infatti a pronunciarsi su una bozza di risoluzione che impegna il paese - almeno nella forma - a fare della green economy un punto fondamentale della propria agenda politica, all'interno come in sede internazionale. «Con uno spirito di forte responsabilità per la sopravvivenza e lo sviluppo a lungo periodo dell'uomo, la Cina- si legge nella bozza- continuerà a partecipare in maniera costruttiva nelle conferenze internazionali e in sede di negoziazioni sui cambiamenti climatici». In questo impegno, il Paese «si adopererà per un adempimento effettivo e di vasta portata del proprio protocollo e delle convenzioni internazionali». Un passo importante quanto significativo, quello che ha intenzione di compiere il gigante asiatico. La bozza, fa il vicepresidente della commissione per i Cambiamenti climatici, He Jiankun, «mostra come la Cina voglia mettersi al lavoro per contrastare le emissioni dei gas a effetto serra e, quindi, il global warming». Pechino rivendica quindi un ruolo da protagonista nella lotta ai cambiamenti climati, ma soprattutto vuole evitare di essere additata come responsabile di quello che avverrà, o che potrebbe accadere. Xie Zhenhua, viceministro delle Riforme e lo sviluppo nazionale, critica i Paesi sviluppati, che in materia ambientale fino a oggi «hanno parlato tanto e fatto molto poco». Le economie più forti, inoltre, si limitano a «sottolineare le responsabilità comuni ma non le diverse responsabilità», quando invece dovrebbero capire che i Paesi in via di sviluppo dovrebbero adottare politiche e misure «adeguate alle condizioni interne». Tradotto: se stretta a un modello di crescita insostenibile deve essere, lo sia prima per gli altri - Stati Uniti su tutti- e poi sulla Cina, ancora in fase di crescita. Il paese del dragone mira quindi ad un maggior ruolo a livello negoziale e internazionale per difendere i propri interessi ed evitare che, qualora a Copenhagen il prossimo dicembre la rinegoziazione del protocollo di Kyoto dovesse fallire o produrre poco e niente, possa essere accusato di non aver fatto nulla per ottenere risultati soddisfacenti. L'impegno quindi, appare virtuale e del tutto strumentale. La bozza, quindi, rischia di rimanere solo sulla carta. (fonte foto: il sole 24 ore)

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