Thursday, 10 September 2009

Guida delle compagnie petrolifere (ES-I)

Petrolio in ogni continente, con compagnie che trivellano da oltre un secolo e che continueranno a farlo per molto tempo. Questo, in sintesi, il quadro dell'industria petrolifera, che sul mercato vanta la presenza di più Paesi e più soggetti operanti. Ecco, dalla A alla Z, la guida le principali compagnie petrolifere internazionali.
di Ugo Guarnacci ed Emiliano Biaggio


ESSO: nome e marchio commerciale internazionale usato da ExxonMobil (vedi ExxonMobil). Il marchio è presente anche in alcuni stati degli Stati Uniti quali Pennsylvania, Delaware, Arkansas, Tennessee, e Louisiana. Presente anche in Europa. Capita di vedere il marchio nella versione con il simbolo del dollaro statunitense al posto delle 'S'.

EXXONMOBIL: è nata nel 1999 dalla fusione delle due compagnie petrolifere statunitensi Exxon e Mobil, entrambe discendenti dalla Standard Oil, il colosso di John D. Rockefeller fondato nel 1870 e scorporato, nel 1911, in seguito alla sentenza della Corte Suprema, in 34 imprese indipendenti. Due di queste imprese indipendenti erano proprio la Standard Oil Company of New Jersey (diventata poi Exxon) e la Standard Oil Company of New York (successivamente Mobil). L’accordo raggiunto tra le società in questione rappresenta un unicum nella storia del petrolio in America, perché ha riunito due delle compagnie del cartello che, quasi un secolo prima, un provvedimento dell’Antitrust aveva abolito. Sotto la presidenza di Lee Raymond, il gruppo, che detiene la maggior quantità di riserve globali di petrolio, ha conosciuto un rapido sviluppo, distinguendosi per una gestione finanziaria efficace e prudente. Il nuovo presidente, Rex Teillerson (nominato nel febbraio 2004), sembra seguire la rigorosa linea del suo predecessore, volta a mantenere alta la reputazione della più grande società petrolifera degli Stati Uniti. Fa parte delle sei "supermajor" del mondo insieme a Royal Dutch Shell, BP, Chevron, ConocoPhillips e Total, ed è la prima compagnia al mondo per riserve di petrolio.

INOC: L’Iraq National Oil Company è la società fondata, nel 1966, dal governo iracheno, per potenziare l’industria petrolifera nazionale, soprattutto nell’estrazione del greggio, dato che il processo di raffinazione era già condotto dall’Oil Refineries Administration (1952) ed il trasporto locale era stato affidato ad altre aziende statali. Per ricostruire la storia di questa compagnia, bisogna tornare indietro nel tempo fino al 1912, quando fu costituita la Turkish Petroleum Company, impresa controllata per il 50% dalla Banca nazionale turca (due anni dopo questa quota azionaria sarà detenuta dall’Anglo-Persian Oil), per il 25% dalla Deutsche Bank e l’altro 25% dalla Royal Dutch Shell.
Nel 1925, la Turkish Petroleum Company ottenne la concessione petrolifera in Iraq e, tre anni dopo, concluse il "Red Lines Agreement” con la Near East Development Company, per condurre in joint-venture le attività di esplorazione. Nel 1929, la Turkish Petroleum Company cambiò il proprio nome in Iraq Petroleum Company e continuò a mantenere il controllo sul petrolio iracheno fino al 1966. Fu proprio in quell’anno che il governo iracheno decise di optare per la nazionalizzazione della società (completata nel 1972, con la nascita definitiva dell’’Iraq National Oil Company) e di consolidarne l’operato attraverso l’”Iraq-Soviet Protocol” (1967), un accordo di cooperazione tecnica con l’URSS.
La compagnia ha dovuto affrontare gli ostacoli che la prima e la seconda Guerra del Golfo hanno posto alla commercializzazione del petrolio iracheno. Il 6 agosto 1990, con la risoluzione n. 660, le Nazioni Unite imposero un embargo totale sul petrolio iracheno. Il Paese restò fuori dal mercato mondiale del petrolio sino alla fine del 1996, riducendo la produzione fino al 20% del suo potenziale e mantenendo un modesto livello di esportazioni, sotto forma di contrabbando, verso le vicine Giordania e Turchia. Nel dicembre 1996, Saddam Hussein accetta il programma ONU conosciuto come “Oil-for-food”, che consentiva al paese di esportare petrolio per due miliardi di dollari nell’arco di sei mesi ed attribuiva a una Commissione delle Nazioni Unite la gestione dei ricavi, da impiegare per l’acquisto di medicine e cibo a favore della popolazione irachena. Infine, solo con la risoluzione n. 1284 del 1999 fu eliminato ogni vincolo all’esportazione del greggio iracheno. A tracciare il cammino futuro dell’Iraq National Oil Company concorrerà la proposta di legge, conosciuta come “Iraq Oil Law”, approvata dal Gabinetto iracheno nel febbraio 2007 e sottoposta al vaglio del Consiglio iracheno dei rappresentanti nel maggio 2007. Tale disegno legislativo prevede, infatti, un “Production Share Agreement”, che attribuirebbe alla società statale la completa gestione di 17 degli 80 giacimenti petroliferi e lascerebbe i restanti 2/3 dei siti, scoperti o ancora da scoprire, sotto il controllo delle compagnie multinazionali.

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