La Slovenia apre alle ambizioni europeiste del governo di Zagabria. Adesso si tratta sul golfo di Pirano.
di Emiliano Biaggio
Potrebbe essere più vicina la soluzione della controversia che dividie Slovenia e Croazia: il governo di Lubiana ha infatti deciso di porre fine alle resistenze per l'ingresso della Croazia all'interno dell'Unione europea. In cambio lo stato guidato da Borut Pahor ottiene la riapertura dei negoziati - con l'intermediazione internazionale - per una definizione dei confini marittimi. Slovenia e Croazia sono infatti al centro di un contenzioso relativo alle acque territoriali e, in più in particolare, della sovranità sul golfo di Pirano. Nella voglia e nella fretta di porre fine alla guerra che portà alla dissoluzione della ex-Jugoslavia, i due Paese si accordarono sui confini territoriali della terra ferma, ma non su quelli marini. Quella del golfo di Pirano è diventata col tempo una questione sempre più spinosa, con la Slovenia- membro Ue e dell'eurolandia- che ha sempre minacciato veti all'ingresso della Croazia nell'Unione europea per via delle rivendicazioni avanzate dal governo di Zagabria. Adesso la svolta: il premier sloveno Borut Pahor ha annunciato che la questione del confine marittimo non sarà più un ostacolo per l'adesione della Croazia all'Europa dei 27. La decisione è stata presa dopo un'intesa raggiunta tra lo stesso Pahor e il premier Croato, Jadranka Kosor. «La Slovenia proporrà il ritiro del blocco all'accesso alle negoziazioni per l'ingresso della Croazia all'interno dell'Unione europea», hanno fatto sapere i due leader. Da parte sua Kosor ha detto al primo ministro svedese Fredrik Reinfeldt - il cui paese è presidente di turno del consiglio dell'Ue - di essere pronto a riprendere i negoziati con Bruxelles e con Lubiana. Kosor ha promesso di «continuare nei colloqui sulle questioni di confine» con la Slovenia. Messaggio accolto con soddisfazione a Stoiccolma: «questa intesa- commenta Reinfeldt- è una dimostrazione della forza del processo di integrazione europea e delle virtù del dialogo». L'accordo raggiunto tra Slovenia e Croazia, sottolinea il premier svedese, «promuove la stabilità regionale e serve da modello per i Balcani».
Nella regione sono molti i fattori di tensione: la Croazia deve fare anche i conti con una maggioranza croata - cattolica - e una minoranza serba - ortodossa. A questa due si aggiunge poi un piccolissimo nucleo di bosniaci - musulmani. In piccolo, in Croazia si propone e si ripropone il motivo di tensione che divide Serbia e Bosnia-Erzegovina: il massacro di Srebrenica - con la campagna di pulizia etnica attuata dalle milizie serbe nei confronti dei bosniaci musulmani - rappresenta ancora una ferita aperta e fonte di odio tra le due popolazioni, che costituiscono i principali gruppi etnici della Bosnia-Erzegovina. Qui, infatti, alla maggioranza bosniaca - musulmana - si aggiunge una forte minoranza (31%) di serbi - cristiano ortodossi. Un quadro multi-etnico e pluri-confessionale che si completa con il 17% di croati - cristiano cattolici - che si impogono come terza forza della repubblica. Già, 'forza'. In Bosnia-Erzegovina i trattati di Dayton che nel 1995 hanno posto fine alla guerra civile jugoslava hanno voluto garantire uguale peso politico alle tre anime del paese, serbi, croati e bosgnacchi (i bosniaci musulmani). Ma l'eguale distribuzione amministrativa e la rivalità tra le parti hanno finito per paralizzare la repubblica, dove nessuno è in grado di governare. Sarà anche per questo che il Paese è l'unico della regione a non aver ancora riconosciuto l'indipendenza del Kosovo, staccatosi dalla Serbia tra le proteste del governo di Belgrado. Il Kosovo rappresenta dunque un motivo ulteriore per guardare con preoccupazione alla stabilità della regione, dove si pone il problema della repubblica di Macedonia. Si tratta di una disputa nominale tra i governi greco e macedone: Atene vuole che il nuovo stato cambi nome, dato la Macedonia è una regione del nord dello stato ellenico. Per distinguere stato da regione oggi molti Paesi usano la dicitura Ex repubblica jugoslava di Macedonia, ma per la Grecia non basta e minaccia di impedire al governo di Skopje l'accesso a Unione europea e Nato.
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