Sappiamo dove sono e quanto rischiano i nostri militari, ma non come mangiano.
«Soldato, com'è il rancio?». «Ottimo, comandante». Ma è proprio cosi? Chissà se la risposta del ministro della Difesa risponde in maniera esauriente alla curiosità dei leghisti Carolina Lussana e Marco Reguzzoni, che in particolare vogliono conoscere provenienza, qualità e modalità di conservazione della carne somministrata alle Forze armate. La Russa pone una premessa, partendo dal sistema di "outsourcing" che, spiega, «equivale all’affidamento a un fornitore esterno dell’attività svolta dalla società committente». Ciò consente «la terzializzazione di attività no-core e una ottimizzazione nel rapporto costo-efficacia dei servizi». Ma tutto ciò, ammette lo stesso La Russa, porta ad una «parziale perdita di controllo delle attività terzializzate», ed è per questo che «è importante affidarsi a partners qualificati». Ne consegue che «in ragione di tali considerazioni non è possibile dare una risposta dettagliata ed esaustiva come richiesto». Ma, assicura il ministro, «è possibile dare ampia assicurazione sul raggiungimento della cosiddetta "costumer satisfaction", ossia piena soddisfazione del cliente relativamente alla fruizione del servizio che, in questo caso, si traduce nella piena rispondenza delle forniture di tale tipo di genere alimentare alle esigenze delle Forze Armate». La Russa aggiunge poi che il servizio di vettovagliamento è ormai appaltato all'esterno a ditte del libero mercato, le quali – puntualizza - «devono essere in possesso di certificazione International organization for standardization e si obbligano alla rispetto della normativa igienico-sanitaria comunitaria per le produzioni alimentari di origine animale» e inoltre devono attenersi a precise tecniche nel processo di preparazione dei pasti.
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