Missili Patriot in Qatar, Kuwait, Emirati Arabi e Bahrein. Mentre l'Iran lavora al nucleare e Israele pensa a come rinnovare il proprio parco aerei di addestramento.
di Emiliano Biaggio
In Iran al lavoro per il nucleare, in Qatar, Kuwait, Emirati Arabi e Bahrein missili a aerei da guerra, nel golfo Persico portaerei, in Israele delegazioni italiane a cercare di vendere aerei di addestramento militare. Grandi manovre in Medio Oriente, tutte ad alta tensione e all'insegna di una corsa al riarmo che non giova ad una regione fortemente instabile. Ognuno per i propri interessi - economici e strategici - legittimi, con Israele e Stati Uniti preoccupati dalla politica energetica iraniana. Teheran ufficialmente lavora al nucleare civile, tra i sospetti e i timori però della comunità internazionale che - Stati Uniti in testa - vorrebbe un inasprimento delle sanzioni, soluzione però "bocciata" da Cina e Russia, che hanno nella repubblica islamica un partner strategico. Visto lo stallo e la complessità della situazione, si gioca allora la carta della "difesa preventiva", vale a dire un aumento della capacità di offesa nella regione che possa servire da monito e da strategica premunizione in chiave anti-Iran. Così il governo del premio Nobel per la pace Barack Obama sigla accordi con Qatar, Kuwait, Bahrein ed Emirati Arabi per lo stazionamento di unità della marina Usa nei porti di questi paesi. Inoltre il Kuwait ha deciso di rinnovare la proprie difese missilistiche - batterie di missili Patriot - in parallelo con la scelta dell’Arabia Saudita di acquistare negli ultimi 24 mesi 25 miliardi di nuove forniture di armi americane e a consentire a Washington di aumentare da 20 mila a 30 mila uomini il proprio contingente, incaricato in caso di guerra di difendere le infrastrutture petrolifere. Gli Emirati Arabi, invece, hanno acquistato da Washington 80 caccia F-16 e stanno negoziando con Parigi per ottenere un imprecisato numero di jet Rafale. Poi vi sono i nuovi sistemi di difesa anti-aerea "Thaad" che Arabia Saudita e Emirati Arabi stanno installando mentre altre monarchie del Golfo meditano analoghe decisioni. Una generale corsa al riarmo dei paesi del Medio Oriente descritta da tutti i soggetti interessati come un processo di rafforzamento complessivo delle difese anti-missilistiche degli Stati del Golfo, che si sentono minacciati dal regime degli ayatollah. Il generale statunitense David Petraeus ha precisato che il sistema di difesa prevede otto batterie di missili Patriot, due per ognuno dei quattro paesi, in grado di abbattere i missili offensivi a corto raggio. E Israele? Non sta a guardare. Fonti dello stato ebraico hanno fatto sapere che «Israele deve rinnovare il proprio parco di aerei da addestramento». Di ufficiale, ancora, non cè niente. Anche perchè, spiega la fonte, «prima le Israeli Defense Forces devono valutare quali sono gli apparecchi sul mercato che meglio rispondono alle nostre esigenze e quindi passare al ministro i risultati della propria analisi». Almeno una prima analisi chi di dovere in Israele l'ha già fatta, se è vero (e lo è!) che la delegazione italiana guidata da Silvio Berlusconi avrebbe discusso della vendita di 40 M-346 Master, gli aerei di addestramento militare gioiello della nostra tecnologia, che equivarrebbero a un commessa, per l'azienda italiana Alenia Aermacchi (gruppo Finmeccanica), di circa un miliardo di euro. Quel che è certo è che in Medio Oriente - zona golfo Persico - si sta aumentando la pressione militare e bellica. Ma del resto il Nobel per la pace Obama ha parlato di un mondo senza atomico, mica di un mondo senza armi e senza mine anti-uomo. Cvd.
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