Dalle autorità elleniche stretta su redditi e pensioni in nome dei conti pubblici, l'Ue di banchieri e finanzieri approva. Mentre una Unione non politica pensa un nuovo istituto di credito fotocopia del Fmi.
di Emiliano Biaggio
La crisi della Grecia mostra il vero volto dell'Unione europea. In un paese in spaventoso dissesto economico e con i conti pubblici fuori controllo, i governo Papandreou vara un pacchetto di «misure aggiuntive» del valore di 4,8 miliardi di euro che colpisce duramente salari e pensioni. Il pacchetto anti-crisi prevede un taglio del 30% e del 60% delle tredicesima e quattordicesima mensilità, una riduzione del 12% delle indennità salariali, un congelamento delle pensioni, aumento dell’Iva al 21%. Ci sono anche l'eliminazione dei bonus ai manager pubblici, l'aumento del 20% delle imposte su alcool e del 65% sulle sigarette, ma a gravare sulla popolazione anche le decisioni di aumentare i prezzi dei carburanti, 8 centesimi di euro in più per benzina e 3 per il gasolio. La crisi, in Grecia, finiscono col pagarla tutti i greci. A caro prezzo e con il beneplacito dell'Europa: è stata infatti Bruxelles a invocare a gran voce misure in grado di rimettere a posto i conti e riportare il paese ellenico in linea con i parametri dall'Unione europea. E nell'Unione europea e in Europa, i provvedimenti del premier George Papandreou sono accolti con «soddisfazione». Bruxelles e Berlino si sono congratulate per prime con il governo ellenico, che ha ricevuto il plauso della Bce e di Moody’s: per tutti il pacchetto fiscale dimostra e rende credibile l’impegno di Atene nel risanamento dei conti pubblici, e poco importa se ne risente il welfare. In fin dei conti l'Ue chiede agli stati membri di tenere a posto i conti e di stare dentro i parametri, non si chiede il benessere della nazione. Si chiede "stare in linea", lasciando al singolo paese il modo di raggiungere l'obiettivo senza entrare nel merito delle decisioni e dei metodi assunti. Tutto va bene, purchè i conti tornino. Ma i conti non tornano affatto, se è vero che il caso Grecia ha spinto paesi europei a ragionare sull'istituzione di un Fondo monetario europeo: l'Eu dimostra di non essere creatura politica, ma una creazione di banchieri e finanzieri, un'Unione europea solo monetaria, una comunità di istituti di credito ed economisti. E l'economia, si sa, non è etica. Le ragioni sociali e umane si sbriciolano davanti alle logiche del mercato e agli interessi economici, nella convinzione errata che la chiave di tutto sia nel denaro. La stabilità economica non è la stabilità di un paese, e le due espressioni non sempre sono sovrapponibili e sinonimiche. Perchè gli scontri per le vie di Atene dimostrano che una stabilità economica troppo onerosa può generare turbolenze sociali forse peggiori. Ma è chiaro che se l'Europa è quella dei mercati monetari e azionari, l'Europa è creatura virtuale privilegio di pochi. E questo tutti lo hanno capito: i popoli prima e i governanti dopo. Quando gli europei sono stati chiamati ad esprimersi sull'Ue, questa è stata bocciata. I "no" di Francia, Paesi Bassi e Irlanda alla Costituzione hanno indotto i governi ad adottarla in seconda battuta senza passare attraverso l'espressione popolare. L'Europa non è degli europei e non è soggetto politico. E' al contrario un apparato burocratico-economico che impone risoluzioni di natura finanziaria e fiscale ai problemi economici. Perchè di questo si occupa. Di affari. A confermarlo anche Amnesty Internation, in un dossier - "Dalle parole ai fatti" - dal titolo emblematico: soltanto sette dei 27 Stati membri dell’Unione europea hanno reso pubbliche le loro autorizzazioni all’esportazione strumenti utilizzati per infliggere tortura, nonostante tutti siano legalmente obbligati a farlo e nonostante la normativa Ue, risalente al 2006 e più volte integrata, stabilisca chiaramente divieti e obblighi di controllo e trasparenza da parte dei governi. Ma il piatto è ricco e il mercato fiorente, e tutto va bene per fare cassa. Ancora una volta, l'Europa ha preferito i conti agli uomini. Logico, quindi che la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo abbia detto "no" ai crocefissi nelle aule delle scuole: ha venduto Cristo per 30 denari. Ma per avere i conti in ordine, questo e altro.
(poi editoriale della puntata del 26 marzo 2010 di E' la stampa bellezza, su Radio Libera Tutti)
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