Lo storico Volkswagen raggiunge anche questo fantastico risultato. Che ne fa uno dei prodotti automobilistici più riusciti di sempre
di Emiliano Biaggio
E' molto più di un furgone, ed è riduttivo anche definirlo camper. Ha segnato la vita di famiglie, comitive, gruppi musicali, escursionisti e patiti delle quattro ruote. Poi, è diventato addirittura il punto di riferimento della cultura hippy e dei figli dei fiori. Padre di tutti i van e multivan, precursore delle monovolume, è stato e continua a essere un simbolo, un vero e proprio mito a motore: è il Bully della Volkswagen, che compie sessant'anni. Prodotto felice di una Germania ovest del dopoguerra, ha finito col diventare un fenomeno mondiale e un oggetto richiesto e ricercato ancora oggi. Comparso per la prima volta nel 1950 con il nome di Volkswagen Type 2 - anche cononsciuto ufficialmente come Transporter - "Bully" è anche noto semplicemente come T2, essendo il secondo modello di veicolo prodotto dalla casa automobilistica di Wolsburg (il primo fu un'altra indimenticata e storica automobile: il Maggiolino). Mai uscito di produzione, nel tempo ha saputo ha sempre reinventarsi, passando attraverso ben 5 diverse versioni: T1 (prodotto dal 1950 al 1967 in Europa Stati Uniti e fino al 1975 in Brasile), T2 (in produzione dal 1967 al 1979 in Europa e Stati Uniti, fino al 1986 in Messino, fino al 1991 in Argentina e ancora un produzione in Brasile) T3 (in produzione dal 1979 al 1991 in Europa e Stati Uniti), per poi passare alla generazione "post T2", quella dei moderni furgoni Transporter T4 (prodotti dal 1991 al 2003) e T5 (dal 2003 a oggi). Per tutti, Bully è simbolo dell'industria tedesca, anche se quell'idea i tedeschi "la importarono". Fu infatti Ben Pon, rivenditore di vetture Volkswagen nei Paesi Bassi - il primo a vendere auto tedesche fuori dalla Germania - a disegnare su un foglio quel bozzetto da cui poi gli ingegneri della casa automobilistica dell'allora Repubblica federale tedesca hanno ricavato l'inossidabile Transporter. Nato con un motore boxer a 4 cilindri da 25 cavalli, il primo Bully era raffreddato ad aria, e poteva raggiungere la velocità massima di 80 chilometri orari per quello che poi sarebbe diventato il primo furgone con motore e trazione anteriore. In tutte le prime tre generazioni (T1, T2 e T3), continuò a montare gli stessi motori diesel, poi in tempi più recenti (anni Novanta) il motoro iniziò a subire modifiche per garantire un miglior rappporto consumo/prestazioni e minori emissioni inquinanti.
I numeri parlano per lui: nel 1959 uscì dalla catena di montaggio il camper numero 1.000, mentre all’inizio degli anni Sessanta, la Volkswagen produceva dieci Bully al giorno. Ma il prodotto automobilistico Volkswagen iniziava a diventare mito: Il T2 si affermò negli Stati Uniti dove, fino al 1976, furono venduti 15 mila esemplari della prima generazione. La domanda tuttavia cresceva anche in Germania: se nel 1960 venivano prodotti dieci camper al giorno, nel 1967 erano già 70. Un fascino dovuto anche grazie a Romy Schurhammer, giornalista tedesca ventunenne che nel 1959 compì il primo grande viaggio attorno al mondo alla guida di un Bully: in un anno, partendo dalla Germania, guidò attraverso Jugoslavia, Iran, Afghanistan, India, Thailandia, Vietnam, Laos e Giappone. La nascita del mito del primo e mai dimenticato Transporter si deve anche a ciò, e ancora oggi, a distanza di sessantanni, il Bully continua a solcare le strade di tutto il mondo.
No comments:
Post a Comment