Tuesday, 16 March 2010

Quattro ruote e sessant'anni di mito

Lo storico Volkswagen raggiunge anche questo fantastico risultato. Che ne fa uno dei prodotti automobilistici più riusciti di sempre

di Emiliano Biaggio

E' molto più di un furgone, ed è riduttivo anche definirlo camper. Ha segnato la vita di famiglie, comitive, gruppi musicali, escursionisti e patiti delle quattro ruote. Poi, è diventato addirittura il punto di riferimento della cultura hippy e dei figli dei fiori. Padre di tutti i van e multivan, precursore delle monovolume, è stato e continua a essere un simbolo, un vero e proprio mito a motore: è il Bully della Volkswagen, che compie sessant'anni. Prodotto felice di una Germania ovest del dopoguerra, ha finito col diventare un fenomeno mondiale e un oggetto richiesto e ricercato ancora oggi. Comparso per la prima volta nel 1950 con il nome di Volkswagen Type 2 - anche cononsciuto ufficialmente come Transporter - "Bully" è anche noto semplicemente come T2, essendo il secondo modello di veicolo prodotto dalla casa automobilistica di Wolsburg (il primo fu un'altra indimenticata e storica automobile: il Maggiolino). Mai uscito di produzione, nel tempo ha saputo ha sempre reinventarsi, passando attraverso ben 5 diverse versioni: T1 (prodotto dal 1950 al 1967 in Europa Stati Uniti e fino al 1975 in Brasile), T2 (in produzione dal 1967 al 1979 in Europa e Stati Uniti, fino al 1986 in Messino, fino al 1991 in Argentina e ancora un produzione in Brasile) T3 (in produzione dal 1979 al 1991 in Europa e Stati Uniti), per poi passare alla generazione "post T2", quella dei moderni furgoni Transporter T4 (prodotti dal 1991 al 2003) e T5 (dal 2003 a oggi). Per tutti, Bully è simbolo dell'industria tedesca, anche se quell'idea i tedeschi "la importarono". Fu infatti Ben Pon, rivenditore di vetture Volkswagen nei Paesi Bassi - il primo a vendere auto tedesche fuori dalla Germania - a disegnare su un foglio quel bozzetto da cui poi gli ingegneri della casa automobilistica dell'allora Repubblica federale tedesca hanno ricavato l'inossidabile Transporter. Nato con un motore boxer a 4 cilindri da 25 cavalli, il primo Bully era raffreddato ad aria, e poteva raggiungere la velocità massima di 80 chilometri orari per quello che poi sarebbe diventato il primo furgone con motore e trazione anteriore. In tutte le prime tre generazioni (T1, T2 e T3), continuò a montare gli stessi motori diesel, poi in tempi più recenti (anni Novanta) il motoro iniziò a subire modifiche per garantire un miglior rappporto consumo/prestazioni e minori emissioni inquinanti.
I numeri parlano per lui: nel 1959 uscì dalla catena di montaggio il camper numero 1.000, mentre all’inizio degli anni Sessanta, la Volkswagen produceva dieci Bully al giorno. Ma il prodotto automobilistico Volkswagen iniziava a diventare mito: Il T2 si affermò negli Stati Uniti dove, fino al 1976, furono venduti 15 mila esemplari della prima generazione. La domanda tuttavia cresceva anche in Germania: se nel 1960 venivano prodotti dieci camper al giorno, nel 1967 erano già 70. Un fascino dovuto anche grazie a Romy Schurhammer, giornalista tedesca ventunenne che nel 1959 compì il primo grande viaggio attorno al mondo alla guida di un Bully: in un anno, partendo dalla Germania, guidò attraverso Jugoslavia, Iran, Afghanistan, India, Thailandia, Vietnam, Laos e Giappone. La nascita del mito del primo e mai dimenticato Transporter si deve anche a ciò, e ancora oggi, a distanza di sessantanni, il Bully continua a solcare le strade di tutto il mondo.

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