Ricorre oggi l'anniversario di uno dei peggiori disastri di sempre. Tra ricordi e paure.
di Mario Piccirillo
Due esplosioni, una dietro l'altra, la notte del 26 aprile 1986 al reattore della quarta unità di Cernobyl. Undici miliardi di Bequerel la radioattività rilasciata dalle esplosioni, un valore 30 miliardi di volte superiore alla dose massima utilizzata per terapie radiologiche di tumori, con sei pompieri, ventiquattro dipendenti e trentuno liquidatori morti quasi subito per effetto delle radiazioni immediate e un numero difficilmente quantificabile di vittime per gli effetti a lungo termine di quelle assorbite. Dieci i giorni impiegati per spegnere gli incendi, 130 mila gli abitanti dei 76 villaggi evacuati nel raggio di 30 chilometri dalla centrale. Una nube di materiali radioattivi che si leva dal reattore ricadendo su vaste aree intorno alla centrale contaminandole pesantemente. Nubi radioattive che raggiungono l'Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, e poi l'Italia, la Francia, la Germania. Questa tragica carrellata di numeri e fatti dà la misura della gravità e l'impatto del disastro di Cernobyl, disastro- va ricordato- causato non da un "normale" incidente, ma da un dissennato "esperimento di sicurezza" tentato dai tecnici ucraini, che portò alla mostruosa deflagrazione del reattore 4. Sono passati ventiquattro anni dall'evento, ma l'eco di quanto accadde resta forte ed ancora oggi l'atomo fa paura.
La centrale di Cernobyl ha cessato la sua attività il 15 dicembre del 2000, ma ancora oggi le conseguenze sono gravissime. Il fall-out radioattivo, infatti, ha interessato oltre 150 mila chilometri quadrati di territorio tra Bielorussia, Ucraina e Russia, coinvolgendo piu' di 3 milioni di persone. Il rapporto ufficiale redatto dalle agenzie dell'Onu (Oms, Unscear, Aiea e altre) stila per la tragedia di Cernobyl un bilancio di 65 morti accertati con sicurezza e altri 4 mila presunti (che non si possono associare direttamente al disastro) per tumori e leucemie su un arco di 80 anni. Il bilancio ufficiale non è condiviso da alcune associazioni antinucleariste che presentano stime molto piu' elevate, non condivise peraltro da altre sigle ambientaliste. I problemi alla centrale V.I Lenin, questo il nome dell'impianto, non finirono con il disastro del reattore 4. Il governo ucraino continuò a mantenere operativi i tre reattori rimanenti preoccupato dalla scarsità di energia elettrica nel paese che sarebbe derivata da una chiusura totale. Nel 1991 divampò un incendio nel reattore 2 che, rimasto danneggiato irreparabilmente, fu chiuso. Il reattore 1 fu smantellato nel novembre 1996 dopo gli accordi tragoverno ucraino e organizzazioni internazionali come l'Aiea. Il 15 dicembre del 2000, con una cerimonia ufficiale, il presidente ucraino Leonid Kucma pigiò personalmente l'interruttore che spense il reattore 3, cessando definitivamente ogni attività nella centrale.
Il reattore 4 di Cernobyl è chiuso in un sarcofago di cemento, che però non è un contenitore permanente e duraturo. Nonostante i periodici lavori di ristrutturazione e consolidamento, sta invecchiando. Le crepe nella struttura ne accelerano il deterioramento permettendo infiltrazioni di acqua. Inoltre, l'edificio, costruito su fondamenta non solide, sprofonda nel terreno e si deforma. Il costo stimato per una nuova copertura si aggira attorno al miliardo di euro e fino ad oggi sembra siano stati stanziati soltanto i due terzi della somma necessaria. L'emergenza Cernobyl, insomma, non è finita.
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