Alla vigilia dell'anniversario della liberazione c'è chi non riconosce ai partigiani il ruolo che la storia, almeno fino a pochi giorni fa, ha riconosciuto loro.
di Emiliano Biaggio
L’anniversario della liberazione preceduto da un manifesto sul quale si legge che gli italiani sono liberi solo grazie agli americani. Accade a Salerno, dove il presidente della provincia, Edmondo Cirielli, Pdl ed ex-An, affigge il cartellone nel quale sostiene che «senza l’intervento e il consequenziale sacrificio di centinaia di migliaia di giovani americani, l’Italia non sarebbe stata liberata». E poi, a suo giudizio, «la Resistenza era un movimento composito che intruppava anche persone che non combattevano per la libertà». Peccato che la sotria insegni altro, e cioè che prim’ancora che l’antifascismo si armasse, l’opposizione al regime veniva da tutti gli strati sociali e politici del paese. Fu grazie a ciò che in quel momento di guerra, con il paese diviso, l’Italia seppe ritrovare la propria unità attorno a quei valori che poi sarebbo finiti nella Costituzione che ancora oggi abbiamo. Contro il nazi-fascismo lottarono le diverse anime politiche-ideologiche, che seppero formare un unico grande movimento di promozione della democrazia, dei diritti e delle libertà civili. E di unità. Socialisti e liberali, comunisti e cattolici, repubblicani e monarchici, proletari e borghesi contro il fascismo: alla fine furono in grado di far rinascere l’Italia in veste democratica, repubblicana ed europeista, proprio comel’avevano teorizzata i padri del Risorgimento, Mazzini e Garibaldi. Non si trattò di un atto di pochi nè di un’iniziativa estemporanea, ma dia una presa di coscienza generale, civile e nazionale, che portò alla liberazione di una nazione e di un popolo da un regime liberticida e da un modello anti-democratico. Affermare quindi che l’8 settembre del 1943 è morto il concetto di patria – come ebbe modo di dire pochi anni fa un professore di un noto ateneo romano – è errato: quel giorno cessò sì di esistere un certo tipo di Italia e ne nacque una nuova, più moderna, più unitaria, ma quel giorno il concetto di patria si ritrovò. e se è veroche dopo il referendum del ‘46 gli scontri politici non sono mancati, è vero che la democrazia impone il confronto – a volte anche con toni aspri – e una continua ricerca di un compromesso che sappia lasciare insoddisfatto il minor numero possibile di cittadini. Queste sono eredità e sfide che ci hanno lasciato quanti hanno fatto la storia. E questa – e non un’altra – è la storia della nostra Repubblica. Riproporla in altro modo o rileggerla non è solo un mero e bieco atto di revisionismo, ma è un delitto nei confronti della Repubblica stessa, un delitto commesso contro l’Italia libera e gli italiani. Quelli di ieri, di oggi e soprattutto di domani.
(editoriale della puntata del 30 aprile 2010 di E' la stampa bellezza, su Radio Libera Tutti.)
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