A Cancun il presidente della Bolivia chiede legalità ed equità. A partire dall'ambiente, e per andare oltre. Perchè «la crisi ambientale è una delle crisi del capitalismo».
di Emiliano Biaggio
«Vengo qui a proporre la creazione di un Tribunale di giustizia climatica» e ambientale per «valutare lo stato d'applicazione del Protocollo di Kyoto» e poter «giudicare i paesi che vengano meno ai loro impegni» ed eventualmente «sanzionare» gli inadempienti. Evo Morales, presidente della Bolivia, chiede giustizia ed equità, e più in particolare «giustizia climatica». La sede è quella di Cancun, che ospita la XVI Conferenza delle Parti delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. L'atto d'accusa formale è quello di una mancanza di unità d'intenti e la presenza di tanti, troppi egoismi, in materia di politiche di sostenibilità e green economy. Ma il richiamo va oltre i temi eco-sensibili. Perchè il principio della legge uguale per tutti vale in tutti i campi. Le parole di Morales non sono casuali: un organismo di giustizia ambientale nasce da «la necessità di preservare e far rispettare il Protocollo di Kyoto». Di fare sì che leggi siano valide per tutti. Da qui la proposta di un Tribunale di giustizia climatica. Per lui, indio, la "Madre terra" è un bene prezioso, e non sorprende il richiamo proprio a partire dalla natura. Perchè «una delle crisi del capitalismo è la crisi climatica, e tutti ne siamo responsabili». Quindi, esorta in un messaggio non solo ecologista, «occorre cambiare politiche». Altrimenti, avverte, «saremo responsabili di eco-cidio e di genocidio», perchè «attenteremo all'umanità nel suo complesso».
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