All'estero non opta per la diplomazia in Libia e invia "istruttori", in casa pensa alla revisione dell'articolo 1 della Costituzione.
l'e-dittoreale
L'Italia decide di appoggiare i ribelli libici: il nostro paese, spiega il titolare della Difesa, Ignazio La Russa, avrà il compito di «addestrare» gli insorti, fornendo «nozioni di come un soldato deve muoversi e deve usare gli strumenti a sua disposizione». In Cirenaica, sottolinea La Russa, «istruttori, non consiglieri militari». Precisazione non casuale, quella del ministro: l'amministrazione statunitense cercò di negare il coinvolgimento in Vietnam spiegando alla nazione di aver inviato consulenti. Ma la realtà è che l'Italia sostiene la guerra. Non cerca soluzioni diplomatiche, e ancora una volta si dimentica dell'articolo 11 della nostra carta, incastonato tra i principi fondamentali alla base della nostra Repubblica. «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», recita l'articolo. Qui invece si sponsorizza. Va detto che la comunità internazionale da tempo pensa di rifornire di armi i ribelli, ma questo non è incoraggiare la guerra: è fare affari. Vendere armi per esportare democrazia, incassando denaro e nuovi soggetti politici: questa è la formula dell'occidente e la ricetta dell'economia. Principi sulla carta, denaro e realpolitik nei fatti: il mondo si fa così, e l'Italia fa parte del mondo. Per cui la Gran Bretagna annunciato che invierà in Libia 10 esperti militari per addestrare gli insorti, il governo di Parigi decide di fare altrettanto e l'Italia si adegua decidendo di inviare - sembrerebbe - dieci addestratori. Una linea soft per mascherare una linea in realtà tutt'altro che anti-guerra. Ciò non soprende: per quanto già detto e per l'idea di forza che in Italia si fa strada ogni giorno. L'idea di modificare l'articolo 1 della costituzione ne è un esempio pratico. «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». L'articolo dice così. Stabilito che in questo momento storico l'Italia si basa su crisi e precariato, non resta che cancellare la democrazia, e con essa la sovranità del popolo. Perchè in uno stato forte c'è bisogno di un uomo forte. Ceroni spiega la sua idea nella necessità di ridare «la centralità delle Camere troppo spesso mortificata o dal presidente della Repubblica che non firmale leggi o dalla Corte costituzionale che le abroga». Troppi poteri, quindi. Meglio limitarli o - meglio ancora - elminarli. Che è quello che da tempo Berlusconi va ripetendo al paese. E il paese ha scelto la linea dell'aggressività e dell'autorità: promuovendo guerre e idee anti-democratiche.
l'e-dittoreale
L'Italia decide di appoggiare i ribelli libici: il nostro paese, spiega il titolare della Difesa, Ignazio La Russa, avrà il compito di «addestrare» gli insorti, fornendo «nozioni di come un soldato deve muoversi e deve usare gli strumenti a sua disposizione». In Cirenaica, sottolinea La Russa, «istruttori, non consiglieri militari». Precisazione non casuale, quella del ministro: l'amministrazione statunitense cercò di negare il coinvolgimento in Vietnam spiegando alla nazione di aver inviato consulenti. Ma la realtà è che l'Italia sostiene la guerra. Non cerca soluzioni diplomatiche, e ancora una volta si dimentica dell'articolo 11 della nostra carta, incastonato tra i principi fondamentali alla base della nostra Repubblica. «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», recita l'articolo. Qui invece si sponsorizza. Va detto che la comunità internazionale da tempo pensa di rifornire di armi i ribelli, ma questo non è incoraggiare la guerra: è fare affari. Vendere armi per esportare democrazia, incassando denaro e nuovi soggetti politici: questa è la formula dell'occidente e la ricetta dell'economia. Principi sulla carta, denaro e realpolitik nei fatti: il mondo si fa così, e l'Italia fa parte del mondo. Per cui la Gran Bretagna annunciato che invierà in Libia 10 esperti militari per addestrare gli insorti, il governo di Parigi decide di fare altrettanto e l'Italia si adegua decidendo di inviare - sembrerebbe - dieci addestratori. Una linea soft per mascherare una linea in realtà tutt'altro che anti-guerra. Ciò non soprende: per quanto già detto e per l'idea di forza che in Italia si fa strada ogni giorno. L'idea di modificare l'articolo 1 della costituzione ne è un esempio pratico. «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». L'articolo dice così. Stabilito che in questo momento storico l'Italia si basa su crisi e precariato, non resta che cancellare la democrazia, e con essa la sovranità del popolo. Perchè in uno stato forte c'è bisogno di un uomo forte. Ceroni spiega la sua idea nella necessità di ridare «la centralità delle Camere troppo spesso mortificata o dal presidente della Repubblica che non firmale leggi o dalla Corte costituzionale che le abroga». Troppi poteri, quindi. Meglio limitarli o - meglio ancora - elminarli. Che è quello che da tempo Berlusconi va ripetendo al paese. E il paese ha scelto la linea dell'aggressività e dell'autorità: promuovendo guerre e idee anti-democratiche.
No comments:
Post a Comment