Sunday, 23 October 2011

Libia, democrazia promessa tra mille incognite

Assicurate elezioni e costituzione, ma per il dopo Gheddafi è ancora tutto da decidere.

l'e-dittoreale

Dopo 42 anni crolla il regime di Muammar Gheddafi. Il colonnello libico è stato ucciso dai ribelli al termine di una caccia durata 8 mesi, quanti la guerra civile che ha dilaniato il paese del nord africa. Adesso si apre l’era post-gheddafiana. Bisogna capire quale assetto prenderà il paese: il futuro è dunque incerto e ricco di incognite, come sempre in casi come questi. Il primo ministro del Consiglio nazionale transitorio (Cnt), Mahmoud Jibril, ha promesso elezioni entro otto mesi, per l’istituzione di un consiglio incaricato di scrivere una nuova costituzione. Elezioni e costituzione, due termini che per la nuova Libia sembrano evocare un avvenire in senso democratico.
Il primo ostacolo da superare sarà il rischio di ritorsioni sui lealisti, e in tal senso il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha esplicitamente invitato il Cnt a far sì che «venga impedita qualsiasi rappresaglia contro i civili e nei confronti delle forze pro Gheddafi sconfitte». Proprio per questo, ha aggiunto Rasmussen, «fino al 31 ottobre la Nato monitorerà la situazione». La missione continua, dunque. E non potrebbe essere diversamente, visto che la risoluzione Onu – sotto la quale operano le forze dell’Alleanza atlantica – è stata concepita, almeno ufficialmente, per la salvaguardia della popolazione libica. Ma a sentire le reazioni a caldo di Francia e Italia si intuisce che il vero obiettivo era Gheddafi. «Penso che possiamo dire che l'operazione militare della Nato è conclusa», ha detto il ministro degli Esteri francese Alain Juppe. Analoghe le parole del ministro della difesa, Ignazio La Russa: «Con la caduta di Sirte anche la nostra missione è terminata». La verità, peraltro non nuova, è che sia Francia che Italia hanno fretta di negoziare con il nuovo governo le commesse energetiche: l’Italia vuole la conferma degli impegni già presi con Eni, la Francia vuole ritagliare uno spazio vantaggioso alla sua Total. Questa è solo la prima parte della verità nascosta dietro la risoluzione Onu e la missione Nato. L’altra metà è che tutti volevano rovesciare Gheddafi, sebbene ufficialmente Rasmussen abbia più volte sottolineato che l’ormai ex colonnello «non è stato il bersaglio» delle operazioni. Ma sono le parole del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, a far capire chiaramente che ci si voleva liberare una volta per tutte di Gheddafi. La sua morte, ha sottolineato Obama, «la fine di un doloroso capitolo», con quell’aggettivo – doloroso – a rimarcare la scomodità della persona in questione.
C'è poi il nodo legato alla composizione etnica della popolazione, composta in prevalenza da due etnie principali, gli arabi e i berberi, a loro volta suddivisi in una miriade di clan spesso in forte contrasto tra di loro. C'è poi l'etnia dei tuareg, forte minoranza. Nel sul del paese, poi, vi sono piccoli gruppi tribali Hausa e Tebu. Fino a oggi sono stati tutti uniti contro il nemico comune, ma adesso resta da capire come verrà suddiviso il potere e regolato il nuovo stato. Il rischio potrebbe essere il passaggio da una guerra civile all'altra. Insomma, la morte di Gheddafi e la fine del suo regime sono per ora le uniche certezze.

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