«Sono
scappato dal mio paese, sono scappato dalla dittatura». Mahmud non
ha alcun problema a ricordare il suo passato, un passato che per
quanto distante è sempre presente. «Ormai sono vent'anni che vivo
qui in Belgio...». Lascia la frase in sospeso. Si capisce che
avrebbe tanto da raccontare, molto da dire, ma non sa da che parte
cominciare. Oltretutto il suo inglese non è così fluente come lo
sono le altre due lingue che parla, il francese e l'olandese. Oltre
alla sua lingua madre: il farsi. «Ormai sono un cittadino belga, ma
sono nato in Persia». Non lo chiama Iran, come gli ayatollah hanno
voluto dopo la rivoluzione teocratica e la cacciata dello scià. Ma
la differenza d'età è tale ed è da talmente tanto tempo che il suo
paese non viene più chiamato come lo chiama ancora lui che Mahmud si
trova costretto ad aggiornare i suoi ricordi. «Conosci il mio paese?
E' l'Iran». E' da lì che è venuto via Mahmud, all'inizio degli
anni Novanta, quando ormai fu chiaro a chiunque che la fine della
monarchia non fu quell'ondata di cambiamento che ci si attendeva.
Oggi
Mahmud ha un negozio di abbigliamento lungo una delle vie principali
di Saint Gilles, quartiere molto trendy di Bruxelles. Nella sua auto,
un suv nuovo, un seggiolino sta a testimoniare come qui quest'esule
si sia rifatto una vita. Non parla della sua vita privata, preferisce
piuttosto parlare della sua nuova vita. «Il Belgio ha fatto tanto
per me, e io ogni giorno cerco di ripagare la fiducia e gli sforzi
che questo paese hanno fatto per me». Ormai ha preso la
cittadinanza, parla le due lingue ufficiali, sta studiando la storia
del paese, paga le tasse. E come può dà una mano. Bruxelles è un
punto di transito, crocevia per gente che cerca nuove esperienze,
nuove occasioni, nuove possibilità. E sono molte le persone che qui
possono avere bisogno di aiuto, anche solo di semplici informazioni.
Mahmud questo lo sa, ed è per questo che non ha esitato ad
accompagnarmi là dove dovevo andare.
«Così
anche tu sei scappato», mi dice dopo aver sentito la mia storia. Per
lui noi due siamo uguali: siamo auto-esiliati. Anche se per motivi
completamente diversi. «Quando decidi di abbandonare il tuo paese
decidi di abbandonare il tuo paese, e poco importa cosa ti spinge a
farlo». Mahmud ha ragione: sapere cosa ti porta via non è che un
dettaglio. «Vai via perchè dove stai non puoi più vivere, e ti
fermi dove puoi farlo». Mahmud lo sa meglio di tanti altri, ha la
sua personale esperienza di vita a supportare la veridicità delle
sue parole. «Certo, all'inizio tutto è difficile, tutto ti sembra
insormontabile: lasci gli amici, gli affetti, arrivi in un mondo che
non è il tuo... Però alla fine capisci che stai bene e allora
resti». Lui l'ha fatto, e ormai non torna indietro. Dopo vent'anni
tutto cambia, e anche le nostalgie svaniscono. «Sono nato in Persia,
ma ormai sono cittadino belga», ripete. «Certo, il tempo è quello
che è...». Dopo tutti questi anni Mahmud non si è ancora abituato
a questo clima, a queste stagioni che giocano a nascondino. Si può
capirlo, del resto. Ma ci sono cose che non si possono cambiare. «Ho
cambiato vita e ho cambiato paese, quello che doveva fare l'ho fatto.
Cos'altro dovrei fare? E poi meglio non pretendere troppo».
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