Il presidente del Parlamento Ue lo dice apertamente, molte capitali tacciono ma da tutta Europa filtra preoccupazione per il dopo-Monti.
di Emiliano Biaggio
La crisi del governo italiano con il conseguente annuncio delle dimissioni di Mario Monti gela e divide l'Europa. A livello comunitario la perdita di un interlocutore come il professore preoccupa, per due motivi: si teme che il percorso avviato e portato avanti in questi mesi dall'esecutivo tecnico di Monti possa interrompersi, e si guarda al dopo Monti con una certa fibrillazione per paura che il meccanismo democratico possa riportare alla guida del paese Silvio Berlusconi. Lo afferma chiaramente il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz. «L'Europa ha bisogno di stabilità e Berlusconi è il contrario della stabilità», dice a margine della cerimonia di consegna del premio Nobel per la pace riconosciuto all'Ue. «Tanti dei problemi dell'Italia sono il risultato dei dieci anni in cui Berlusconi è stato premier», rincara la dose Schulz, nel 2003 al centro di un acceso battibecco proprio con Berlusconi – allora presidente del Consiglio – che diede al tedesco del "kapò". «Abbiamo visto che la responsabilità della coppia Napolitano-Monti ha stabilizzato molto l'Italia, dunque - dice apertamente Schulz - avrei preferito che Monti fosse arrivato a fine legislatura». Parole che non piacciono al vicepresidente della Commissione europea responsabile per l'Industria, Antonio Tajani, una carriera politica italiana tutta berlusconiana, spesa prima in Forza Italia e poi nel Pdl. «Non è opportuno che le istituzioni europee interferiscano nella vita democratica degli Stati membri», la replica immediata del commissario europeo. «Nella mia veste istituzionale io mi sono sempre astenuto dall'intervenire su questioni politiche interne dei paesi».
Se Tajani risponde per le rime a Schulz aprendo il dibattito interno all'Unione europea, Herman Van Rompuy e Josè Manuel Barroso glissano sulle vicende italiane, cercando di chiudere subito il dibattito innescato dal presidente del Parlamento europeo. Il presidente del Consiglio europeo preferisce non fare alcuna menzione alla crisi di governo, mentre il presidente della Commissione europea si limita a un implicito richiamo al rispetto degli impegni sottoscritti e, cosa più importante, a proseguire lungo la strada intrapresa da Monti. Non lo cita, ma il riferimento generale non può non includere l'Italia. «I nostri strumenti non sono sufficienti se non c'è vera convergenza fra i paesi», mette in guardia Barroso, il cui staff ricorda che in casi come questi di solito l'esecutivo comunitario sia solito trincerarsi dietro i silenzi e i «no comment». In Parlamento Ue, le cose sembrano funzionare diversamente: dopo Schulz a parlare di Italia è il primo vicepresidente dello stesso organismo comunitario, Gianni Pittella. «L’irresponsabilità del Pdl espone l’Italia in Europa», sostiene, e non a torto. Perchè se a livello comunitario c'è una certa preoccupazione, a livello di stati mebri la situazione non è molto dissimile. La scena dei leader Angela Merkel e Nicolas Sarkozy che sorridono quando in conferenza stampa congiunta si chiede se Berlusconi sia un partner affidabile è ancora nitida nella memoria dei tanti addetti ai lavori. Oggi alla guida della Francia non c'è più Sarkozy, ma in Germania c'è ancora Merkel. A Berlino si teme che un eventuale governo di discontinuità con la politica di riforme di Monti possa far finire nel mirino di speculazione e agenzie di rating anche la Germania: si teme, in sostanza, per il rischio di un possibile declassamento e la perdita della tripla A. C'è inquietudine anche a Parigi, dove l'Eliseo perde un interlocutore con cui in questi mesi ha dimostrato di lavorare bene, di certo meglio rispetto a quando i protagonisti – per entrambi i paesi – erano altri. A Parigi il timore è che adesso non si possa più mettere i tedeschi sotto pressione.
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