Nicos Anastasiades |
Cipro mette le mani nelle tasche dei ciprioti. O meglio, sui loro conti correnti bancari. E' il prezzo della crisi, ed è conto salato e spiacevole. Il piano di salvataggio dell'isola prevede il contributo forzoso al risanamento come alternativa ai tagli di salari, pensioni e posti di lavoro. «Paragonata ad altre soluzioni è la meno costosa», sostiene il ministro delle Finanze cipriota, Michalis Sarris. Sarà, ma intanto si procederà a una tassazione speciale del 6,75% sui depositi inferiori a 100.000 euro e del 9,9% sui depositi con ammontare superiori. Si fa cassa così, prelevando dai correntisti. Quanto si prenderà lo stato? Circa 5,8 miliardi di euro. In cambio darà titoli di stato. Ma perchè la misura sia equa, è previsto anche un aumento dell'aliquota fiscale per le società: la tassa passa dal 10% al 12,5%. Le misure si sono rese necessarie per la crisi del sistema bancario cipriota - legato fortemente al sistema greco - e alla volontà dei paesi dell'Eurogruppo di concedere prestiti per 10 miliardi rispetto ai 17 di cui ha bisogno il governo di Nicosia. Quello che manca lo metteranno gli altri. Ancora una volta, dunque, a pagare per la crisi sono sempre i soliti noti. Ma almeno, sottolinea Sarris, «sono stati evitati tagli a salari e pensioni». Ci mancherebbe...
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