Approvata la costruzione di 1.859 nuovi alloggi. Gli Stati Uniti: «impegno per la pace dello Stato ebraico poco serio»
di Emiliano Biaggio
Avanti con gli insediamenti israeliani. La politica dello Stato ebraico non cambia, tanto da indurre l'alleato storico di Tel Aviv, gli Stati Uniti, a criticare l'operato del governo Netanyahu. Il 30 ottobre il suo esecutivo ha approvato la costruzione di 1.500 insediamenti a Ramat Shlomo, a Gerusalemme est, suscitando le ire di Autorità nazionale palestinese e incontrando la censura dell'Unione europea. A distanza di appena quattro giorni Netanyahu ha autorizzato la costruzione di altri 1.859 alloggi tra Gerusalemme est e la Cisgiordania, portando a 5.000 il numero complessivo delle unità abitative autorizzate da Netanyahu. «La politica degli insediamenti suscita qualche domanda su quanto sia serio l’impegno da parte di Israele», il commento di John Kerry, segretario di Stato americano. «E voglio essere chiaro: gli Stati Uniti considerano gli insediamenti israeliani illegittimi e dannosi per il proseguimento del processo di pace». Tardiva la reazione dell'UNione europea, con l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Ue che ha impiegato quattro giorni per criticare Israele, con le stesse parole usate la settimana scorsa. «L'Unione europea ha più volte ripetuto che gli insediamento sono illegali dal punto di vista del diritto internazionale», ribadisce Catherine Ashton. «l'Unione europea deplora il recento l'annuncio di nuovi insediamenti e invita il governo israeliano a tornare sui propri passi». Israele invece va avanti, in barba agli accordi internazionali, al processo di pace - che stabilisce lo stop alla costruzione di nuove unità abitative - e al popolo palestinese. La costruzione degli alloggi «è la negazione dei diritti dei palestinesi, un duro colpo agli accordi internazionali già firmati, un fallimento che sta distruggendo gli sforzi degli Stati Uniti», accusa Ahmed Assaf, portavoce di Fatah. Ma si sa, Israele viene prima di ogni altra cosa, e non c'è ragione che tenga di fronte alla causa ebraica. E neppure regola o rispetto per i valori della democrazia.
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