E' importante sapere e non solo piangere. Capire in mano a chi stiamo e che sta utilizzando questa tragedia solo per raccogliere voti per le prossime elezioni!
Fonte: www.byteliberi.com
In Gomorra, Saviano ci aveva avvertito che le case degli Abruzzesi erano piene di sabbia
Davvero toccante rileggere ora, dopo la tragedia in Abruzzo, le parole di Saviano nel libro "Gomorra". Aprite a pagina 236 e leggete: "Io so e ho le prove. So come è stata costruita mezz'Italia. E più di mezza. Conosco le mani, le dita, i progetti. E la sabbia. La sabbia che ha tirato su palazzi e grattacieli. Quartieri, parchi, ville. A Castelvolturno nessuno dimentica le file infinite dei camion che depredavano il Volturno della sua sabbia. Camion in fila, che attraversavano le terre costeggiate da contadini che mai avevano visto questi mammut di ferro e gomma. Erano riusciti a rimanere, a resistere senza emigrare e sotto i loro occhi gli portavano via tutto. Ora quella sabbia è nelle pareti dei condomini abruzzesi, nei palazzi di Varese, Asiago, Genova".
Indovinate da chi è stato costruito il nuovo ospedale dell'Aquila venuto giù come fosse di cartapesta? Impregilo! Si, sempre lei. La stessa che ha causato l'emergenza rifiuti a Napoli. La stessa che è riuscita a incrementare esponenazialmente le spese per i lavori della TAV con i quali ha causato danni ambientali enormi. La stessa che lavora sulla Salerno-Reggio Calabria e proprio in questi giorni ha chiesto e ottenuto un prolungamento della consegna dei lavori di altri tre anni, ottenendo ovviamente altri fondi. La stessa che ha vinto l'appalto per la costruzione del Ponte di Messina. La stessa che dovrà costruire sul nostro territorio le centrali nucleari.La stessa i cui vertici sono stati indagati a tutto spiano.
Wednesday, 29 April 2009
Thursday, 23 April 2009
Gf e tv meglio della realtà
di Emiliano Biaggio
Grande fratello e "tv meglio della realtà", finalmente anche per la sinistra. I giornali non fanno che esaltare il format e, soprattutto, le sei pagine che l’Unità- storico quotidiano di sinistra- ha deciso di dedicare al vincitore dell’ultima edizione e all’intero programma. Diciamolo: se anche un giornale come l’Unità inizia a parlare- e tanto- di Gf vuol dire che alla fine il televisore ha vinto. Che la crisi di identità della sinistra fosse forte e profonda era chiaro già da tempo, ma adesso, vedere un quotidiano con un passato e una storia come quello diretto da Concita De Gregorio sciorinare corsivi come nemmeno su riviste di gossip, è un fatto che sancisce la vittoria del cattivo gusto e del niente sull’intelligenza. Non vorrei sembrare troppo severo, ma stare ad osservare persone che non sanno fare altro che sparare parolacce, sfoggiare le proprie non conoscenze, esprimesi per strafalcioni e rutti, quanto potrebbe essere educativo? La risposta verrebbe da sé, se fossimo in un Paese civile e cosciente. Ma siccome siamo un Paese poco civile- con scarso civico, s’intenda- e con meno consapevolezza di ciò che ci accade attorno, la risposta è che la sinistra "fino a ieri si era sempre lamentata di una realtà troppo televisiva, plastificata, mediatica. Adesso scopre che la tv è meglio della realtà". Verrebbe da dire che anche i pochi ‘savi’ che ancora resistevano al potere incantatore del piccolo schermo e ai suoi vuoti contenuti ne sono rimasti vittime. Con il risultato che la tv ha vinto: con un ‘a me gli occhi’ ci ha resi schiavi di una realtà falsa e vuota. Proprio come il mondo circostante, fatto di ipocrisia e crisi di valori, ignoranza (vuoto di sapere) e individualismo (vuoto di società). Non so quanto il Gf sia meglio della realtà: sicuramente rispecchia il mondo in cui, almeno in Italia, viviamo. Con una piccola differenza: il televisore, quando non ha niente da dirci, si può spegnere. E’ questo il bello della tv.
Grande fratello e "tv meglio della realtà", finalmente anche per la sinistra. I giornali non fanno che esaltare il format e, soprattutto, le sei pagine che l’Unità- storico quotidiano di sinistra- ha deciso di dedicare al vincitore dell’ultima edizione e all’intero programma. Diciamolo: se anche un giornale come l’Unità inizia a parlare- e tanto- di Gf vuol dire che alla fine il televisore ha vinto. Che la crisi di identità della sinistra fosse forte e profonda era chiaro già da tempo, ma adesso, vedere un quotidiano con un passato e una storia come quello diretto da Concita De Gregorio sciorinare corsivi come nemmeno su riviste di gossip, è un fatto che sancisce la vittoria del cattivo gusto e del niente sull’intelligenza. Non vorrei sembrare troppo severo, ma stare ad osservare persone che non sanno fare altro che sparare parolacce, sfoggiare le proprie non conoscenze, esprimesi per strafalcioni e rutti, quanto potrebbe essere educativo? La risposta verrebbe da sé, se fossimo in un Paese civile e cosciente. Ma siccome siamo un Paese poco civile- con scarso civico, s’intenda- e con meno consapevolezza di ciò che ci accade attorno, la risposta è che la sinistra "fino a ieri si era sempre lamentata di una realtà troppo televisiva, plastificata, mediatica. Adesso scopre che la tv è meglio della realtà". Verrebbe da dire che anche i pochi ‘savi’ che ancora resistevano al potere incantatore del piccolo schermo e ai suoi vuoti contenuti ne sono rimasti vittime. Con il risultato che la tv ha vinto: con un ‘a me gli occhi’ ci ha resi schiavi di una realtà falsa e vuota. Proprio come il mondo circostante, fatto di ipocrisia e crisi di valori, ignoranza (vuoto di sapere) e individualismo (vuoto di società). Non so quanto il Gf sia meglio della realtà: sicuramente rispecchia il mondo in cui, almeno in Italia, viviamo. Con una piccola differenza: il televisore, quando non ha niente da dirci, si può spegnere. E’ questo il bello della tv.
Tuesday, 14 April 2009
Famiglia in crisi, ma per altri motivi
di Emiliano Biaggio
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare. (Art. 29 della costituzione della Repubblica).
La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo. (Art. 31 della costituzione della Repubblica).
Famiglia: tornata alla ribalta prima nelle aule parlamentari attraverso la discussione dei Dico poi nelle piazze di Italia per il “family day”e successivamente con i ‘Didore’ (diritti e doveri di reciprocità dei conviventi), oggi e’ motivo di scontro non solo tra maggioranza e opposizione ma anche tra Stato e Chiesa. Sorvolando su temi come omosessualità (per inciso, i Dico non dovevano essere letti per forza come unioni omosessuali, come invece più di qualcuno ha fatto) e significato religioso del matrimonio, e non perché si vuole essere superficiali ma perché i temi in questione richiederebbero un ampio spazio di discussione e dibattito, va detto che nell’Italia di oggi la famiglia è in pericolo. Ma non per le ragioni sciorinate da cardinali e politici, ma per un modello economico che mette in discussione la società nella sua interezza.
La costituzione della famiglia è a rischio perché i giovani uomini e le giovani donne non hanno le garanzie sufficienti per poterla costruire, e qui i politici cercano scuse e nemici invisibili per non riconoscere le proprie responsabilità. Oltre al nucleo famigliare, infatti, c’è bisogno del nido. Con la precarietà e la pessima retribuzione dell’attuale mercato del lavoro la coppia difficilmente otterrà le garanzie economiche per l’acquisto di una casa. I mutui vengono concessi anche e soprattutto sulla base delle busta paga: concedere prestiti di migliaia di euro a chi lavora di 6 mesi in 6 mesi è una ipotesi da escludere. Per le coppie coniugate che poi magari desiderano l’allargamento della famiglia si ripresenta sia la questione economica, perché un figlio va mantenuto, e si presenta la questione della maternità. Ci viene detto che La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia (art 31, comma 1), e che la Repubblica Protegge la maternità […] favorendo gli istituti necessari a tale scopo (art 31, comma bis), ma la prassi ci dice tutt’altro. Sono sempre più le donne che devono rinunciare a fare figli perché l’azienda per cui lavorano non paga loro la maternità, e sono in aumento le donne che, pur mettendo al mondo un bimbo, tornano immediatamente sul posto di lavoro per evitare di perdere l’impiego. La protezione della maternità e le agevolazioni alla formazione della famiglia, dunque, nella realtà non ci sono. La famiglia, dunque, non rischia di essere distrutta, come qualcuno vuole far credere, semmai rischia di non essere creata. Che è diverso.
Se è vero che la famiglia rappresenta il nucleo della società, ostacolando la formazione del nucleo si impedisce la costituzione dell’intera struttura. E a proposito di Costituzione: l’articolo 3 della nostra Carta afferma che Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Un principio rimesso in discussione dal comma 1 dell’art 31: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il che significa che non riconosce la convivenza e di fatto opera una discriminazione, in barba alla senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali. L’essere coniugati o non coniugati è una condizione di stato civile, secondo le leggi è una condizione status giuridico, ma è anche una condizione personale: con o senza coniuge. Ma non con o senza compagna. 1+1=2, ma i conti non tornano. Uomo+donna coniugati=famiglia, uomo+donna coniugati+figlio/i=famiglia, uomo+donna e basta + o – figli non è famiglia. Un uomo e una donna che si vogliono bene, convivono, si rispettano e si aiutano l’un l’altra non hanno forse la stessa vita, gli stessi obblighi di due persone sposate? La costituzione recita che Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge. Un uomo e una donna dunque acquistano uguaglianza solo con il matrimonio? Un uomo e una donna che non portano la fede al dito non hanno dunque pari diritti?
Ai lettori la risposta dei quesiti elencati. Di certo, a leggere la Costituzione del nostro Paese salta agli occhi come una modifica la testo, almeno per eliminare le contraddizioni che emergono, vanno apportate. A quale articolo e come, questo è un altro discorso.
Un'ultima osservazione va fatta infine pensando alla Chiesa: la Santa Sede insiste nel ribadire che solo una famiglia unita nel sacro vincolo del matrimonio è legittima, ma i dati, che forse sfuggono agli uffici pontifici, parlano di matrimoni in crisi e divorzi in costante aumento: che la Chiesa faccia finta di non vedere? O non riesce a vedere la realtà davanti al suo naso?
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare. (Art. 29 della costituzione della Repubblica).
La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo. (Art. 31 della costituzione della Repubblica).
Famiglia: tornata alla ribalta prima nelle aule parlamentari attraverso la discussione dei Dico poi nelle piazze di Italia per il “family day”e successivamente con i ‘Didore’ (diritti e doveri di reciprocità dei conviventi), oggi e’ motivo di scontro non solo tra maggioranza e opposizione ma anche tra Stato e Chiesa. Sorvolando su temi come omosessualità (per inciso, i Dico non dovevano essere letti per forza come unioni omosessuali, come invece più di qualcuno ha fatto) e significato religioso del matrimonio, e non perché si vuole essere superficiali ma perché i temi in questione richiederebbero un ampio spazio di discussione e dibattito, va detto che nell’Italia di oggi la famiglia è in pericolo. Ma non per le ragioni sciorinate da cardinali e politici, ma per un modello economico che mette in discussione la società nella sua interezza.
La costituzione della famiglia è a rischio perché i giovani uomini e le giovani donne non hanno le garanzie sufficienti per poterla costruire, e qui i politici cercano scuse e nemici invisibili per non riconoscere le proprie responsabilità. Oltre al nucleo famigliare, infatti, c’è bisogno del nido. Con la precarietà e la pessima retribuzione dell’attuale mercato del lavoro la coppia difficilmente otterrà le garanzie economiche per l’acquisto di una casa. I mutui vengono concessi anche e soprattutto sulla base delle busta paga: concedere prestiti di migliaia di euro a chi lavora di 6 mesi in 6 mesi è una ipotesi da escludere. Per le coppie coniugate che poi magari desiderano l’allargamento della famiglia si ripresenta sia la questione economica, perché un figlio va mantenuto, e si presenta la questione della maternità. Ci viene detto che La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia (art 31, comma 1), e che la Repubblica Protegge la maternità […] favorendo gli istituti necessari a tale scopo (art 31, comma bis), ma la prassi ci dice tutt’altro. Sono sempre più le donne che devono rinunciare a fare figli perché l’azienda per cui lavorano non paga loro la maternità, e sono in aumento le donne che, pur mettendo al mondo un bimbo, tornano immediatamente sul posto di lavoro per evitare di perdere l’impiego. La protezione della maternità e le agevolazioni alla formazione della famiglia, dunque, nella realtà non ci sono. La famiglia, dunque, non rischia di essere distrutta, come qualcuno vuole far credere, semmai rischia di non essere creata. Che è diverso.
Se è vero che la famiglia rappresenta il nucleo della società, ostacolando la formazione del nucleo si impedisce la costituzione dell’intera struttura. E a proposito di Costituzione: l’articolo 3 della nostra Carta afferma che Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Un principio rimesso in discussione dal comma 1 dell’art 31: La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il che significa che non riconosce la convivenza e di fatto opera una discriminazione, in barba alla senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali. L’essere coniugati o non coniugati è una condizione di stato civile, secondo le leggi è una condizione status giuridico, ma è anche una condizione personale: con o senza coniuge. Ma non con o senza compagna. 1+1=2, ma i conti non tornano. Uomo+donna coniugati=famiglia, uomo+donna coniugati+figlio/i=famiglia, uomo+donna e basta + o – figli non è famiglia. Un uomo e una donna che si vogliono bene, convivono, si rispettano e si aiutano l’un l’altra non hanno forse la stessa vita, gli stessi obblighi di due persone sposate? La costituzione recita che Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge. Un uomo e una donna dunque acquistano uguaglianza solo con il matrimonio? Un uomo e una donna che non portano la fede al dito non hanno dunque pari diritti?
Ai lettori la risposta dei quesiti elencati. Di certo, a leggere la Costituzione del nostro Paese salta agli occhi come una modifica la testo, almeno per eliminare le contraddizioni che emergono, vanno apportate. A quale articolo e come, questo è un altro discorso.
Un'ultima osservazione va fatta infine pensando alla Chiesa: la Santa Sede insiste nel ribadire che solo una famiglia unita nel sacro vincolo del matrimonio è legittima, ma i dati, che forse sfuggono agli uffici pontifici, parlano di matrimoni in crisi e divorzi in costante aumento: che la Chiesa faccia finta di non vedere? O non riesce a vedere la realtà davanti al suo naso?
Saturday, 11 April 2009
Ossezia del Sud e Kosovo, fronti della nuova guerra fredda tra Mosca e Washington.
di Emiliano Biaggio
Il mondo deve fare i conti con la Russia. Il presidente Dmitrij Medvedev e il primo ministro Vladimir Putin lo hanno dimostrato chiaramente con la guerra in Caucaso. Mai come in questo frangente i leader russi hanno ribadito che la Russia non resterà a guardare l’operato degli altri governi. Perché dietro le manovre militari russe in Georgia non c’è solo la difesa di un territorio - l’Ossezia del sud, filo russa, appartenente alla Georgia e desiderosa di riunirsi all’Ossezia del nord, russa – ma anche la necessità di dimostrare al mondo interno che se provocata la Russia è pronta a mostrare i muscoli. La decisione degli Stati Uniti di schierare lo scudo missilistico in Polonia e Repubblica Ceca, vale a dire sotto il naso di Mosca, viene vista dal Cremlino come un atto ostile. Un atto non gradito da Putin e Medvedev, che rispondono con una politica che ha un sapore più aggressivo che diplomatico. E alla prima occasione, la Russia ha dato prova di essere pronta a rispondere con decisione e fermezza ad ogni azione che contro il Paese e i suoi interessi. Un tipo di politica ritenuta “deprecabile” dagli Stati Uniti, che minacciano di “rivedere per intero” i rapporti con una Russia che ora rischia di essere esclusa dal Wto e dalla Nato, con quest’ultima estremamente critica nei confronti del Cremlino. Per l’alleanza atlantica, infatti, le azioni della Russia “hanno messo in discussione il suo impegno per la pace e la sicurezza nel Caucaso”, e il Consiglio atlantico “condanna con decisione la decisione della Federazione Russa” di muovere guerra alla Georgia e riconoscere unilateralmente l’indipendenza di Ossezia del sud e Abkhazia. Condanna che non impensierisce i leader russi, con Vladimir Putin Putin e Dmitrij Medvedev che replicano alla comunità internazionale: “la Nato ha più interesse della Russia alla cooperazione”, ha stigmatizzato il presidente russo. “Se non ha intenzione di cooperare, per noi non ci sarà nulla di terribile. Possiamo anche fare a meno di avere relazioni con la Nato”. Putin, invece, avverte: isolare Mosca, fa sapere il primo ministro russo , “non avrà solo un impatto negativo per la Russia, ma certamente anche per gli interessi economici” degli altri Stati. E gli interessi economici sono quelli che giocano un ruolo di primo piano nell’intera vicenda, e non solo in Caucaso. Qui e nei Balcani Stati Uniti e Russia si scontrano per il controllo del mercato energetico: il gigante euro-asiatico rifornisce infatti di gas ed energia buona parte dell’Europa e dell’occidente, fortemente dipendenti dal Paese dell’est. Per ridurre questa dipendenza da Mosca, gli Stati Uniti spingono per la realizzazione del gasdotto Nabucco che, attraversando Armenia e Georgia- passando per Turchia, Bulgaria, Romania, Ungheria e Austria- aggirerebbe proprio la Russia. Dal canto suo la Russia ha in cantiere la costruzione del gasdotto South Stream che dal Caspio, attraverso il Mar Nero, dovrebbe portare gas in Europa passando attraverso l’intero territorio dell’Ossezia del sud. Da qui si evince l’importanza strategica del territorio e si può capire meglio cosa abbia prodotto la crisi del Caucaso: un conto è avere una pipeline che attraversa una regione di uno Stato filo-occidentale- la Georgia- e un conto è avere il gas che scorre lungo una Paese indipendente e filo-russo- la neonata repubblica dell’Ossezia del sud. Logico, dunque, che Putin e Medvedev siano decisi a difendere i propri interessi e a mantenere inalterati i rapporti di forza, specie dopo lo squilibrio rappresentato dall’autoproclamazione di indipendenza del Kosovo, subito riconosciuto come stato indipendente e sovrano da Washington. Il Kosovo è un altro territorio strategico in questa nuova ‘corsa all’oro’: povero di risorse e privo di petrolio, ospiterà però la pipeline trans-balcanica, il cosiddetto gasdotto Ambo. Questa conduttura, diramandosi da quella principale Nabucco, è destinata a trasportare gas e petrolio dal mar Caspio al mar mediterraneo attraversando Bulgaria, Macedonia e Albania. A preoccupare il Cremlino non è solo la concorrenza con il progetto russo South Stream (il gasdotto in questione attraverserà Bulgaria e Grecia per il corridoio est-ovest e Bulgaria, Serbia e Ungheria per il corridoio nord-sud), quanto il fatto che Ambo potrà essere collegato alla base militare statunitense di Bondsteel, in Kosovo. La regione autoproclamatasi indipendente dalla Serbia rischia quindi di diventare un avamposto Usa in un territorio che, per la sua collocazione e gli interessi che sviluppa, diventa strategico e delicato allo stesso tempo. La ‘nuova guerra fredda’ tra i due Paesi passa infatti per l’Europa. Non solo quella balcanica dell’est, perché se qui si gioca la battaglia energetica (e militare, per quanto riguarda gli Usa in Kosovo) in quella centrale e nord-orientale si gioca quella ‘di difesa’: gli Stati Uniti hanno rispolverato il progetto di scudo spaziale tanto caro a Reagan, da realizzare tra Repubblica Ceca (installazioni radar) e Polonia (batteria missilistica). Motivazione ufficiale, sostengono gli Usa, difendersi dalla minacce terroristiche, soprattutto quelle provenienti dall’Iran. La Russia non sta a guardare, e già minaccia di installare missili nell’enclave europea di Kalingrad. Perché il mondo deve fare i conti con la Russia: Medvedev e Putin lo stanno ricordando.
Thursday, 9 April 2009
Western Sahara, a (deliberately) frozen question
The dossier is open since 1975. Forty year later the international community still has to grant a clear status to the Sahrawi people
by Emanuele Bonini
For some people it is a state, for others it is a region; just a few recognize it as an independent, many prefer not to purchase its own sovereignty. According to the different parties, it may be the Western Sahara or Sahrawi Arab Democratic Republic (SADR), although the latter definition is nowadays used only by the local population after the Polisario Front - the Sahrawi national liberation movement aiming to end Moroccan presence in the Western Sahara - proclaimed the SADR on February 27, 1976. Already in 1963 the United Nations included Western Sahara in the list of non-self-governing territories. The Sahrawi people self-proclaim independence immediately after the end of the Spanish colonization, but nothing has changed since than. Morocco took the control over the territory, leaving the SADR government the ruling rights over about 25% of the land claimed by the Sahrawi people. The two thirds of Western Sahara territories have been controlling by Morocco and treated by the government as part of the national kingdom. «The Southern Provinces» or «Moroccan Sahara» are the terms used by the Moroccan government for Western Sahara. Today Western Sahara is still a disputed territory with an undefined status, with a freezed provisional solution.
The Western Sahara issue comes from the Spanish withdrawal conditions foreseen in the Madrid Accords (1975), by which the administrative control of the former colony was transferred to Morocco and Mauritania, but not the sovereignty. Since the beginning the Polisario Front claimed the independence. As a result, an armed struggle broke out. From the 30th of October 1975 to the 6th of September 1991, the two opponents (Polisario Front and Morocco) fought for the sovereignty in Western Sahara. After fifteen years of war, in 1991 the United Nations finally decided to intervene to try to find a solution. The UN Mission for the Referendum in Western Sahara (MINURSO) was launched with the aim of restoring peace and defining once and for all a clear political status for the Sahrawi people. But nothing happened. While the UN worked in order to get a feasible solution without producing any concrete outcomes, Morocco started working secretly to safeguard its own interests.
by Emanuele Bonini
For some people it is a state, for others it is a region; just a few recognize it as an independent, many prefer not to purchase its own sovereignty. According to the different parties, it may be the Western Sahara or Sahrawi Arab Democratic Republic (SADR), although the latter definition is nowadays used only by the local population after the Polisario Front - the Sahrawi national liberation movement aiming to end Moroccan presence in the Western Sahara - proclaimed the SADR on February 27, 1976. Already in 1963 the United Nations included Western Sahara in the list of non-self-governing territories. The Sahrawi people self-proclaim independence immediately after the end of the Spanish colonization, but nothing has changed since than. Morocco took the control over the territory, leaving the SADR government the ruling rights over about 25% of the land claimed by the Sahrawi people. The two thirds of Western Sahara territories have been controlling by Morocco and treated by the government as part of the national kingdom. «The Southern Provinces» or «Moroccan Sahara» are the terms used by the Moroccan government for Western Sahara. Today Western Sahara is still a disputed territory with an undefined status, with a freezed provisional solution.
The Western Sahara issue comes from the Spanish withdrawal conditions foreseen in the Madrid Accords (1975), by which the administrative control of the former colony was transferred to Morocco and Mauritania, but not the sovereignty. Since the beginning the Polisario Front claimed the independence. As a result, an armed struggle broke out. From the 30th of October 1975 to the 6th of September 1991, the two opponents (Polisario Front and Morocco) fought for the sovereignty in Western Sahara. After fifteen years of war, in 1991 the United Nations finally decided to intervene to try to find a solution. The UN Mission for the Referendum in Western Sahara (MINURSO) was launched with the aim of restoring peace and defining once and for all a clear political status for the Sahrawi people. But nothing happened. While the UN worked in order to get a feasible solution without producing any concrete outcomes, Morocco started working secretly to safeguard its own interests.
Wednesday, 8 April 2009
Prossimamente da qualche parte
Qualcuno (e non faccio nomi) mi chiedeva: "Hai più scritto niente?" Per rispondere ai diretti interessati e non solo illustro la 'coperta' dell'ultima fatica. Purtroppo non mi riesce di capire se e come è possibile caricare il file pdf dello scritto in questione, sicchè (spero per il momento) non posso dare la possibilità di farlo scaricare e leggere. Ad ogni modo sec'è qualcuno interessato me lo faccia sapere- anche solo attraverso un commento a questo post- e io provvederò a girarvi il file via mail.
Con calma metterò in vetrina altra roba. Per adesso basta questo. Al prossimo post
Biaggio
Sunday, 5 April 2009
Finalmente...
Alla fine ce l'ho fatta. Non ho sbarcato il lunario, intendiamoci: sono solo approdato sul web. Vi sembra cosa da poco? Non per me, che tra il dire e il fare ci ho messo solo 8 mesi ad arrivare fin qui. Pigrizia? Anche. Ma soprattutto il non saper da dove cominciare. Adesso ho trovato il coraggio di farlo. Resta da trovare il modo di capire come gestire questo spazio, creare sezioni, link e quant'altro. Ma questa è un'altra storia.
Un saluto speciale, in questo mio post di esordio, a persone amiche del sud che da brave meridionali sono emigrate.
Un saluto speciale, in questo mio post di esordio, a persone amiche del sud che da brave meridionali sono emigrate.
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