Friday, 31 August 2012

Niente posta, il postino è in ferie

Ad Ariccia, in provincia di Roma, con ferragosto inizia il black-out nella consegna della corrispondenza. Il motivo? L'unico fattorino è in vacanza.

di Emiliano Biaggio 

Il postino è in vacanza? Niente posta. Sembra surreale, ma nell'Italia di oggi - tra crisi, austerity e un paese che davvero non funziona - quando il corriere è in ferie se ne va in ferie anche la corrispondenza. Una rondine non fa primavera, recita il noto proverbio, ma ad Ariccia l'ufficio postale, a quanto pare, ha deciso di rimettere mano al personale lasciando l'incarico ad un solo fattorino. Risultato: con lui al mare si interrompe il servizio. Almeno questa è la risposta fornita da un altro dipendente delle poste. A Galloro, zona del comune di Ariccia, l'ultima consegna di lettere e bollette è avvenuta a ridosso di ferragosto, poi più niente. «La collega è in ferie, torna il 3 settembre», la risposta fornita dal dipendente delle poste alla richiesta di chiarimenti sul totale black-out di consegna della corrispondenza. Come dire: "spiacenti, chiusi per ferie". E' stato assicurato che la ripresa del servizio riprenderà regolarmente al rientro dalle ferie del fattorino, ma nessuno si cura del fatto che un recapito in ritardo di bollette da pagare comporta automaticamente il pagamento di multe. Oltre al fatto che nessuno sembra curarsi del disservizio. Ma nell'Italia di oggi, dove il disservizio è un tradizione consolidata, ciò purtroppo non sorprende. Il postino bussa sempre due volte, si dice. A patto che venga a casa a portarvi la posta. Cosa che a pochi chilometri da Roma non succede.

Thursday, 30 August 2012

bLOGBOOK

Si cerca convinti di trovare ma tutto diventa una caccia al tesoro: gli oggetti che erano soliti giacere in un posto non si trovano più dove si ricorda, i mobili una volta disposti in un modo ora sono sistemati in un'altra maniera, nei cassetti della scrivania è stato riposto di tutto, il ripiano del tavolo accuratamente svuotato di tutti gli incartamenti e perfettamente pulito, i libri sono stati spostati di mensola. Si cerca convinti di trovare ciò che serve sul momento, e si finisce col trovare le risposte che non si attendevano ma che comunque si conoscevano già e che non si voleva accettare: non si è più a casa propria. Quella ormai è altrove, lontana nello spazio e nel tempo. E tutto sta lì a mostrarlo, a cominciare dalla valigia adagiata a terra. In quella che una volta era la propria camera i cassetti dei vestiti, semi-vuoti, indicano l'assenza della persona che non vestirà mai più ciò che è stato lasciato per il sacchetto di lavanda. Profumati ricordi di un individuo andato, a mitigare gli aromi non sempre piacevoli di un mondo mai tenero.
Si cercano le chiavi di casa, e si trovano nuovi portachiavi, ma soprattutto nuove serrature, in un'ironica rappresentazione delle porte ormai irrimediabilmente chiuse alle proprie spalle. Le vecchie chiavi sono state sostituite con delle nuove, sul tetto per la prima volta da quando si inizia a ricordare ha fatto la sua comparsa l'antenna per il televisore, e a lavare i panni ci pensa un'altra lavatrice. Tutto è improvvisamente diverso, e ci si sente davvero estranei in luoghi sempre meno familiari. Ci si aspetta di trovare i propri parenti stretti, ma nel frattempo la composizione familiare è cambiata ancora, con un nuovo spazio vuoto da dover reinventare. L'evoluzione dell'esistenza ha fatto il proprio corso, e tutto in un solo colpo. Ci si chiede quando è avvenuto, o quando è cominciato, ma sono domande futili: è successo è non sarà reversibile. Non resta che cercare i propri effetti personali nel nuovo mondo regolato da leggi esterne che nascondono alla vista umana ciò che prima era visibile e chiaro. Ma ci si perde dentro quella che una volta era la propria casa. A mostrare come ormai tutto non sia più come una volta.

Friday, 3 August 2012

Saharawi, trenta anni di solitudine

E- il mensile e Peacereporter pubblicano un dossier sulla questione del Sahara occidentale, ancora irrisolta. Articoli, approfondimenti e testimonianze per ripercorrere la storia di una tragedia silenziosa.

fonte foto: E - il mensile
Nel 1975 il Marocco invadeva e occupava il Sahara Occidentale, ex colonia spagnola in Africa. Centinaia di migliaia di saharawi, il popolo del deserto, in fuga dalla guerra e dall’occupazione, attraversò a piedi il deserto del Sahara per rifugiarsi in cinque campi profughi in Algeria.
Sono ancora là, dimenticati dalla agenda della politica internazionale e dalla retorica dei diritti umani, evocati solo quando conviene politicamente. Rossella Urru, dopo nove mesi di prigionia, è finalmente libera. Rapita da miliziani mentre aiutava i saharawi, in un campo profughi. Godiamo del sorriso di Rossella e dei suoi due colleghi spagnoli, finalmente a casa. E non dimentichiamo di liberare i saharawi dal fantasma di una occupazione ingiusta e crudele. (vai al dossier e leggi tutti i servizi)

Breviario

«Silvio Berlusconi è un santo. E' lui che mi ha illuminato, avvicinandomi a Dio»
(Sabina Began in un'intervista di Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera, 18 agosto 2011)

C'è accordo Israele-Anp su tasse e commercio

Si intende migliorare le relazioni bilaterali in questi ambiti. L'Ue: «Passo importante per rapporti tra le due entità».

di Emiliano Biaggio

Israele e Autorità nazionale palestinese (Anp) hanno firmato un accordo per modificare le proprie relazioni commerciali bilaterali e rivedere gli accordi sulle tassazioni. L'intesa, siglata il 31 luglio tra il primo ministro palestinese Salam Fayyad e il ministro delle Finanze israeliano Yuval Steinitz, intende migliorare i rapporti bilaterali in questi specifici settori. Un accordo che va incontro alle esigenze palestinesi, dato che la maggior parte del bilancio dell'Anp deriva proprio ai ricavi di dazi e tarriffe doganali. Un accordo salutato con soddisfazione dall'Unione europea. «Si tratta di un importante passo ulteriore per la promozione dello sviluppo economico palestinese e per migliorare le relazioni tra l'autorità palestinese e Israele», il commento di Catherine Ashton, alto rappresentante della politica estera della Ue, la quale - «date le difficoltà finanziarie che l'Autorità nazionale palestine si trova ad affrontare in questo momento» - esorta entrambe le parti in causa a «concludere le negoziazioni su come migliorare il meccanismo con cui Israele raccoglie determinate imposte per conto dell'Anp».

Thursday, 2 August 2012

Una Primavera curdo-sciita che coinvolge molto la Turchia

fonte foto: Eunews
di Alfonso Bianchi (per Eunews)

Più che una Primavera Araba quella che sta sconvolgendo nord Africa e Medio Oriente potrebbe essere definita una Primavera Curdo-Sciita. Sì perché il movimento che troppo semplicisticamente viene considerato come una spinta alla democratizzazione dell’area è in realtà un fenomeno molto complesso da cui stanno traendo vantaggio i due gruppi. È questa l’analisi di Gökhan Bacik, direttore del centro di ricerca strategica sul Medio Oriente della Zirve University di Gaziantep in Turchia, per l’European Policy Centre (EPC). Il professore ritiene che quella sul se la Primavera porterà più democrazia nell’area è solo una “domanda riduzionista che impedisce di individuare altri importanti sviluppi” soprattutto connessi alla Turchia.
Gli sciiti, minoranza musulmana al potere in Iran e molto forte in Libano ad esempio, hanno preso parte da subito alle manifestazioni e alle rivolte della Arab Spring influenzando così la politica regionale. “Anche il Governo iracheno di Nouri al-Maliki si è recentemente legato al movimento sciita” spiega Bacik e questo determinerà necessariamente un cambiamento nella politica estera della sunnita Turchia. Ankara è stata sempre consapevole della forza di questa fazione dell’islam e finora è sempre stata cauta ad esempio sulla questione nucleare in Iran e sulle competizioni politiche libanesi, ma adesso le cose potrebbero cambiare. “La crescita dell’asse sciita obbligherà la Turchia a trovare strategie alternative” continua lo studioso secondo cui “un possibile scenario è la riconciliazione con i gruppi sunniti (anche i sunniti curdi) in paesi come l’Iraq. Un altro è il consolidamento delle alleanze con nazioni come l’Arabia Saudita o il Qatar”. (leggi tutto)

Wednesday, 1 August 2012

Inquinamento aereo, è guerra Stati Uniti-Ue

La commissione Trasporti del Senato Usa boccia l'Ets. Commissione in difficoltà, dura condanna invece del Parlamento europeo.

di Emiliano Biaggio

Le compagnie aeree statunitensi non parteciperanno allo schema europeo di emissioni aeree (Ets). Lo prevede il disegno di legge approvato dalla commissione per il Commercio e i Trasporti del Senato federale degli Stati Uniti, che ha approvato a larga maggioranza il testo presentato lo scorso dicembre dai senatori John Thune (Repubblicani) e Claire McCaskill (Democratici). Il testo ha trovato il sostegno bipartisan, ribadendo quindi la linea degli Stati Uniti di non voler sposare il progetto europeo di riduzione dell'impatto degli aerei. Ciò non significa che il paese non voglia contribuire ad un modello sostenibile di aviazione civile, semplicemente non con l'Unione europea. Nel disegno di legge approvato, infatti, da un parte si riconosce al dipartimento per i Trasporti la possibilità «proibire agli operatori statunitensi di partecipare all'Ets europeo perchè viola la sovranità americana e internazionale». Dall'altra parte si chiede al segretario di stato per i Trasporti di «lavorare con l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (Icao) per ridurre le emissioni del settore aereo, in alternativa al piano dell'Unione europea».
La linea statunitense, dunque, non cambia: esattamente come sostenuto da tutti gli altri paesi non europei contrari all'Ets, si contesta all'Europa «l'imposizione unilaterale dell'Ets alla compagnie aeree non europee». Nel testo di legge approvato dall'organismo parlamentare statunitense si denuncia inoltre «l'incoerenza dell'extra-territorialità dell'azione europea con il diritto internazionale e in particolare modo con la Convenzione di Chicago», il trattato delle Nazioni Unite che regola il trasporto aereo a livello internazionale. Nel testo a firma Thune e McCaskill inoltre si imputa alla Commissione europea la responsabilità di minare i negoziati in corso in sede Icao. «L'azione dell'Ue – recita il disegno di legge – mina gli sforzi compiuti dall'Icao per lo sviluppo di un approccio globale per la riduzione delle emissioni dell'aviazione civile, e genera attriti all'interno della comunità aeronautica internazionale».
Gli Stati Uniti vogliono quindi isolare l'Ue e metterla con le spalle al muro, proprio in occasione del meeting. «L'Europa, con questa sua azione unilaterale, sta violando sovranità e spazio aereo degli Stati Uniti», commenta il senatore Thune dopo il voto in commissione. «Sarebbe più legittimo se i fondi fossero usati per la riduzione delle emissioni degli aerei, invece i soldi che si guadagnerebbero dalle multe finirebbero solo nelle casse degli Stati» dell'Ue, accusa l'esponente repubblicano. «Questa iniziativa bipartisan dei senatori Thune e McCaskill e il voto della commissione lanciano un chiaro messaggio all'amministrazione degli Stati Uniti: per il Congresso federale questo schema di emissioni europeo non portà alcun beneficio», il commento di Nicholas Calio, presidente e amministratore delegato di A4A (Airlines for America), il sindacato dell'industria del settore. «Adesso il Senato prenda provvedimenti immediati».
Se negli Stati Uniti c'è chi accoglie questo voto con favore, c'è però chi – all'interno delle stesse istituzioni federali – manifesta preoccupazione per la presa di posizione del paese. «I diritti alla sovranità e al fare affari non ci danno il diritto di imporre i nostri gas a effetto serra sull'interno pianeta», sostiene il senatore democratico John Kerry. «I due più grandi produttori di emissioni, Stati Uniti e Cina, stanno contribuendo a distruggere il pianeta, e insieme stiamo conducendo una guerra commerciale». Una presa d'atto per il momento solo tutta statunitense, perchè a Bruxelles sull'argomento si glissa. Interpellati sulla questione, i collaboratori di Connie Hedegaard, il responsabile Ue per l'Azione sul clima, non forniscono risposte. Si capisce che questo braccio di ferro continuo imbarazza e preoccupa, dati i “no comment” della Commissione europea. «Non commentiamo, non vogliamo alimentare nessuna speculazione», la secca risposta del portavoce di Hedegaard, Isaac Valero, che ricorda che «un processo negoziale è ancora in corso». Ma la non replica dell'Ue suscita non pochi imbarazzi a molti, tanto che alla fine sulla vicenda deve intervenire Hedegaard in persona. «La commissione Trasporti del Senato degli Stati Uniti ha approvato un disegno di legge che può compromettere l'azione contro l'inquinamento dell'aviazione civile», il suo commento.
Immediata, invece, la condanna del Parlamento europeo. Nonostante a differenza della Commissione Ue sia chiusa e quindi non ci sia attività, da questa istituzione comunitaria arriva la critica di Matthias Groote (S&D), presidente della commissione Ambiente del Parlamento europeo. «Il provvedimento adottato negli Stati Uniti è un sgarbo, una mossa controproducente». Le critiche per l'azione europea? Per Groote niente di strano nell'iniziativa Ue. «Si fonda su una semplice realtà: anni di discussioni a livello internazionale non hanno prodotto alcun risultato, mentre le emissioni globali dell'aviazione civile dal 1990 al 2006 sono raddoppiate». Le posizioni, dunque, non cambiano: l'Unione europea – da quello che si capisce dalle parole di Hedegaard e soprattutto dalla reazione di Groote– non sembra intenzionata a cedere e, quindi, a rivedere la propria strategia sulle emissioni. Analoga posizione per gli Stati Uniti, e ciò alimenta la forza di quei paesi che, esattamente come gli Stati Uniti, non intendono conformarsi all'Ets europeo. La Cina – che insieme agli altri paesi “Brics” (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) si è inontrata a Washington proprio per affrontare il tema Ets europeo – ricorda che oggi il settore dell'aviazione civile rappresenta solo l'1% delle emissioni di CO2 globali, mentre il solo settore automobilistico produce più del 15% dei gas a effetto serra nel mondo. La Cina chiede quindi di concentrarsi sul trasporto su strada, prima ancora che sul settore aeronautico. L'India, invece, pensa a sanzioni contro le compagnie aeree europee che volano verso il paese.
A richiamare gli Stati Uniti all'ordine non ci pensa la Commissione Ue, ma il Parlamento. Matthias Groote fa notare che con l'Ets «nel caso di voli transatlantici il costo a passeggero, agli attuali prezzi del carbonio, non sarebbe superiore ai due dollari, che è molto meno dei 16 dollari di tasse statunitensi pagate dal passeggero per ogni singola tratta intercontinentale».