Saturday, 24 August 2013

Oltre 100 milioni per Bale, scandalo Real

Il club madrileno non conosce crisi: offerta shock per un calciatore. Grazie ai soldi delle banche che fanno debiti per la Liga e non concedono aiuti all'economia reale.

Gareth Bale. Per lui offerti 109 milioni
di Emiliano Biaggio

Probabilmente l'affare si farà. Il Tottenham venderà Gareth Bale al Real Madrid. Difficile dire di no a un'offerta di 109 milioni di euro. Quello che è difficile, specie in tempi di ristrettezze economiche e di inviti continui all'austerità, è immaginare che qualcuno possa avanzare un'offerta simile. Eppure nel calcio delle scommesse, delle partite truccate, della violenza negli stadi, i limiti non esistono. Così arriva l'ultimo schiaffo alla povertà, l'ultima provocazione di un mondo viziato (viziato, sì, e da tante cose): pagare un calciatore un totale di 218 miliardi, per dirla nel vecchio conio. Per usare altri termini di paragone, basterà ricordare che a inizio agosto la Commissione europea ha destinato quanto il Real Madrid ha offerto per Bale - 100 milioni di euro - al finanziamento dell'attività delle imprese informatiche per lo sviluppo dell'internet del futuro. Un esempio che serve solo per dire che con i 109 milioni offerti dal club spagnolo per un calciatore si potrebbero fare tante cose, certamente più utili e più sensate. Non va poi tralasciato che il sistema bancario spagnolo è in crisi di solvenza, con lo Stato costretto a negoziare con l'Unione europea interventi pubblici di salvataggio per via dello stato di fragilità del settore creditizio. E sono le banche che prestano i soldi ai club per queste transazioni. Le banche di Spagna sono dunque pronte ad aggiungere 109 milioni di prestiti (e quindi di crediti) per permettere l'acquisto a un calciatore, quando poi le stesse banche non concedono crediti alle imprese e alle famiglie, forse più bisognosi di questi soldi. Ma in Spagna la Liga è il pane quotidiano. Follie spagnole. L'affare alla fine però si farà, tutto lascia prevedere un esito di questo tipo. Ma anche se non dovesse andare in porto, è comunque vergognoso pensare di spendere oltre 100 milioni per un calciatore.

Sunday, 18 August 2013

Dio Cheeseburger



Ecco a voi il "Dio Cheeseburger": venne esposto al museo di arte moderna e contemporanea di Groningen nel 2005 (è lì e allora che lo vidi). Fa parte di un trittico di sculture che riproduce la crociffisione di Cristo e i due ladroni rivisitata in chiave "culinaria", verrebbe da dire. Il "Dio Cheeseburger", opera provocatoria quanto di denuncia, è di un artista il cui nome, ahimè, è andato dimenticato. Chi sa dire come si chiama questo artista?

Saturday, 3 August 2013

Perchè la grazia a Berlusconi non è possibile

Il capo dello stato dovrebbe concederla a chi rimette in discussione la magistratura, di cui Napolitano è capo. Richiederla così è chiedere al Colle una mozione di sfiducia all'organismo che presiede.

Giorgio Napolitano e Silvio Berlusconi
l'e-dittoreale

Il presidente della Repubblica sotto ricatto. A tanto è arrivato Silvio Berlusconi, dopo la sentenza della corte di Cassazione che ha confermato la condanna a quattro anni di carcere per frode fiscale nel processo Mediaset. Il cavaliere ha convocato i parlamentari del Pdl, e al termine delle riunione deputati e senatori del Pdl hanno consegnato le loro dimissioni nelle mani dei capigruppo, Renato Brunetta e Renato Schifani. Loro, con le dimissioni di tutti i parlamentari del gruppo, andranno dal capo dello Stato per chiedere «che venga ripristinato lo stato di democrazia». Tradotto, per loro stessa ammissione, chiederanno che Napolitano conceda la grazia a Berlusconi. La grazia, come Costituzione vuole, può concederla solo il presidente della Repubblica, a questo punto a un bivio: o sì - e il governo sopravvive - o no - e allora il governo cade. Un ricatto bello e buono (anche se il segretario del Pd, Guglielo Epifani, preferisce parlare di «pressione indebita»), scaricando ancora una volta tutte le responsabilità dell'avvenire del paese a Napolitano, rieletto una seconda volta alla presidenza della Repubblica - un unicum nella storia repubblicana - per l'incapacità dei partiti, e quindi del Parlamento, di trovare un consenso su altri nomi. C'è di più: il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha annunciato che «i ministri del Pdl sono pronti a dimettersi dal governo» (lui stesso fa parte dell'esecutivo). Ma chiedere la grazia a Napolitano è una forzatura, dato che a chiederla è chi definisce la magistratura - di cui Napolitano è a capo in qualità di presidente del Csm - «un soggetto irresponsabile, una variabile incontrollabile ed incontrollata». Fermo restando che in una democrazia si applica il princio della separazione dei poteri, e che il potere giurisdizionale nel rispetto di tale principio deve essere incontrollato, il presupposto su cui poggia la richiesta - pur legittimamente riconosciuta e costituzionalmente garantita - è insostenibile: la magistratura ha sbagliato. Chi chiede la grazia difende la propria causa, non denigra il potere giurisdizionale. Per cui se Napolitano dovesse concedere la grazia, la concederebbe a chi la chiede sostenendo che la condanna è infondata, rimettendo in discussione l'autorità del potere giurisdizionale dai massimi livelli. Si avrebbe una magistratura sconfessata - e quindi senza più alcuna credibilità - dal presidente della Repubblica che, essendo a capo del Consiglio della magistratura, agirebbe contro sè stesso. Napolitano non può cedere. Lo sa anche lo stesso Berlusconi che la grazia è uno scenario poco realistico, per questo ha mostrato le carte in tavola. «Dobbiamo chiedere al più presto le elezioni per vincere». Il paese rischia di tornare al voto molto presto, non prima di aver assistito all'ultimo assalto al Quirinale.

Thursday, 1 August 2013

Draghi: «rischi di crescita al ribasso»

Il presidente della Bce teme la carenza dei consumi interni e sprona a fare di più. Intanto l'Eurotower lascia invariati i tassi di interesse e garantisce liquidità.

Mario Draghi
di Emiliano Biaggio

Vola l'export, ma nell'Eurozona potrebbero rallentare i consumi interni. I governi hanno compiuto passi avanti, ma devono intervenire sul mercato del lavoro, che «resta debole». Non bisogna abbandonare il rigore, e bisogna puntare sulla ripresa perchè permangono «rischi di crescita al ribasso» per i paesi con la moneta unica. E' il quadro tracciato dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, in occasione della riunione del consiglio direttivo della Bce. La situazione, riconosce, «è migliorata rispetto a un anno fa, sotto ogni punto di vista», e si iniziano a vedere «i primi segnali» di ripresa, con «le esportazioni che sono aumentate in Spagna, Germania e Italia, segno che qualcosa è successo». Tuttavia, avverte «gli sviluppi recenti per l’Eurozona, le condizioni sui mercati finanziati e le incertezze collegate possono avere il potenziale di incidere negativamente sulle condizioni economiche». Draghi vede all'orizzonte «la possibilità di una domanda interna e globale più debole del previsto e un’attuazione lenta o insufficiente della riforme strutturali nei Paesi dell’area euro». Ai governi dei diciassette (dall'1 gennaio 2014 diciotto, con l'ingresso della Lettonia) il presidente della Bce chiede perciò di «rimuovere le rigidità, aumentare la competitività, sostenendo in particolar modo le piccole e medie imprese». Nel frattempo, assicura, «la nostra politica monetaria resterà accomodante fintanto che sarà necessario». Da qui la decisione - adottata all'unanimità - di lasciare i tassi di interesse di riferimento dell’Eurozona «al livello attuale (0,50%, ndr) o più bassi per un prolungato periodo di tempo» e di assicurare una liquidità «abbondante per tutto il tempo necessario».

Napoli, dopo le bombe di Maradona la mimetica

Presentata la terza casacca della squadra azzurra. Senza precedenti.

di Emiliano Biaggio

Qualcuno l'ha già definita la maglia più curiosa vista su un campo da calcio. Certo è che la divisa mimetica realizzata da Macron per il Napoli (a sinistra) fa discutere. Il presidente del club partenopeo, Aurelio De Laurentiis, ha detto che servirà per «andare in guerra». Perchè non spostare il centro sportivo da Napoli a Kabul, allora? A una scelta probabilmente poco consona al mondo dello sport si aggiungono parole sicuramente fuori luogo: il calcio è un sport, e non prevede nè battaglie nè guerre, ma solo partite. In un paese quale l'Italia, col problema della violenza degli stati, una simile trovata rischia solo di generare ulteriori tensioni. Già il Napoli vanta una tradizione pericolosa, con gli ordigni pirotecnici intitolati al fuoriclasse azzurro mai dimenticato nel capoluogo campano: le "bombe di Maradona", il petardo la cui potenza era paragonata - con un gioco di parole - ai tiri del calciatore argentino. Ma quella fu un'invenzione dei tifosi. Ora la dirigenza sceglia una divisa mimetica. Di questa trovata, vale la pena ricordare, il calcio non ha bisogno. Ha bisogno, al contrario, di promozione dei sani e veri valori dello sport. Si gioca per vincere, e ci si impegna per centrare l'obiettivo. Non si combatte nè si guerreggia. La vittoria sportiva non può essere equiparata a una vittoria militare. Pensare certe cose vuol dire lanciare messaggi sbagliati. Evidentemente De Laurentiis e l'Italia sono davvero nel pallone.