In tempi di crisi e commissariamenti per il premier il problema sarebbe quello delle intercettazioni. A cui lavora trascurando il paese.
l'e-dittoreale
Non pago di essere noto come barzellettiere, Silvio Berlusconi continua a raccontare la favola di un Paese, o meglio, un paese da favola. Peccato che la realtà dica che questo apese è in crisi come non mai. Lo dicono i numeri: il 28% dei giovani è senza lavoro, e questo dato al sud raggiunge picchi di oltre il 38%, il potere d'acquisto delle famiglie cala. Federconsumatori e Adusbef avvetono che «il crollo del potere di acquisto è destinato a peggiorare», mentre la Cia, la Confederazione italiana agricoltori, denuncia un calo negli acquisti di generi alimentari. L'Italia arranca, e fa sempre più fatica a trovare un via d'uscita. La ricetta - peraltro pasticciata - del Governo non risponde a quello che la crisi porta con sè: due manovre condensate tra luglio e agosto non riusciranno infatti a dare la spinta che serve all'Italia, e quasi sicuramente servirà una nuova manovra economica a fine anno. I provvedimenti anti-crisi non contengono misure nè per la crescita nè per lo sviluppo, al contrario prevedono solo tagli e tassi, operazioni che strozzano ancor più famiglie, consumi, mercato del lavoro, economia interna. Lo dicono tutti. Lo dicono l'opposizione e «i giornali di sinistra», come sostiene Berlusconi. Ma lo dicono gli industriali: per la crescita ci sono «poche cose».
Il Governo non se ne cura. E sarebbe difficile il contrario, dato che abbiamo «un primo ministro a tempo perso», come ammesso dallo stesso premier, troppo occupato a organizzare feste, parlare con imprenditori, bloccare processi e intercettazioni telefoniche. Intercettazioni, l'argomento ormai rientrato prepotentemente nell'agenda politica italiana. Nel bel mezzo di declassamenti, crisi economiche-finanziarie, attacchi speculativi, crisi della moneta unica, ministri accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, Berlusconi cerca di convincere gli italiani che ciò di cui hanno bisogno è una legge sulle intereccettazioni. Un fatto grottesco, che piega ancora una volta un paese agli interessi di una sola persona. I paragoni sultanistici si sprecano, i parellelismi con il re sole e il "l'Est c'est moi" quasi scontati di fronte a un Governo e al suo capofesta ormai senza più alcuna credibilità, come dimostra il commissariamento "de facto" del nostro paese da parte della Banca centrale europea, e come chiaramente espresso a più riprese dall'intero mondo delle imprese, che boccia il partito "del non fare". Dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, arriva l'ultimatum che sa di sfiducia. L'esecutivo «agisca o a tragga le conseguenze». Dai costruttori edili arrivano i fischi al ministro Matteoli. Dal presidente dei giovani industriali, Jacopo Morelli, giunge la cancellazione di questa classe politica alla guida del paese, non invitata sul palco del tradizionale Forum di Capri. Il motivo? «Non vogliamo essere presi in giro». Non più. Il perchè lo spiegano i giovani industriali. «Il Paese è stanco», e occorre un governo «che faccia scelte» e «che sia credibile». Quello attuale, al massimo ha dell'incredibile.
l'e-dittoreale
Non pago di essere noto come barzellettiere, Silvio Berlusconi continua a raccontare la favola di un Paese, o meglio, un paese da favola. Peccato che la realtà dica che questo apese è in crisi come non mai. Lo dicono i numeri: il 28% dei giovani è senza lavoro, e questo dato al sud raggiunge picchi di oltre il 38%, il potere d'acquisto delle famiglie cala. Federconsumatori e Adusbef avvetono che «il crollo del potere di acquisto è destinato a peggiorare», mentre la Cia, la Confederazione italiana agricoltori, denuncia un calo negli acquisti di generi alimentari. L'Italia arranca, e fa sempre più fatica a trovare un via d'uscita. La ricetta - peraltro pasticciata - del Governo non risponde a quello che la crisi porta con sè: due manovre condensate tra luglio e agosto non riusciranno infatti a dare la spinta che serve all'Italia, e quasi sicuramente servirà una nuova manovra economica a fine anno. I provvedimenti anti-crisi non contengono misure nè per la crescita nè per lo sviluppo, al contrario prevedono solo tagli e tassi, operazioni che strozzano ancor più famiglie, consumi, mercato del lavoro, economia interna. Lo dicono tutti. Lo dicono l'opposizione e «i giornali di sinistra», come sostiene Berlusconi. Ma lo dicono gli industriali: per la crescita ci sono «poche cose».
Il Governo non se ne cura. E sarebbe difficile il contrario, dato che abbiamo «un primo ministro a tempo perso», come ammesso dallo stesso premier, troppo occupato a organizzare feste, parlare con imprenditori, bloccare processi e intercettazioni telefoniche. Intercettazioni, l'argomento ormai rientrato prepotentemente nell'agenda politica italiana. Nel bel mezzo di declassamenti, crisi economiche-finanziarie, attacchi speculativi, crisi della moneta unica, ministri accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, Berlusconi cerca di convincere gli italiani che ciò di cui hanno bisogno è una legge sulle intereccettazioni. Un fatto grottesco, che piega ancora una volta un paese agli interessi di una sola persona. I paragoni sultanistici si sprecano, i parellelismi con il re sole e il "l'Est c'est moi" quasi scontati di fronte a un Governo e al suo capofesta ormai senza più alcuna credibilità, come dimostra il commissariamento "de facto" del nostro paese da parte della Banca centrale europea, e come chiaramente espresso a più riprese dall'intero mondo delle imprese, che boccia il partito "del non fare". Dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, arriva l'ultimatum che sa di sfiducia. L'esecutivo «agisca o a tragga le conseguenze». Dai costruttori edili arrivano i fischi al ministro Matteoli. Dal presidente dei giovani industriali, Jacopo Morelli, giunge la cancellazione di questa classe politica alla guida del paese, non invitata sul palco del tradizionale Forum di Capri. Il motivo? «Non vogliamo essere presi in giro». Non più. Il perchè lo spiegano i giovani industriali. «Il Paese è stanco», e occorre un governo «che faccia scelte» e «che sia credibile». Quello attuale, al massimo ha dell'incredibile.