Saturday, 22 December 2012

Manifesto dell'Unione europea

C'è uno spettro che si aggira per l'Europa: è lo spettro dell'Europa libera. Tutti, da speculatori a broker, da cinesi a russi, cercano di circoscriverlo, ma vanamente. La rivoluzione è in atto, è profonda e destinata al successo perchè la rivolzione guarda sempre al futuro, ed è per sempre. Se la rivoluzione va intesa nel suo senso più leninista - vale a dire come "quel movimento reale che abolisce lo stato di cose presente" - allora non c'è dubbio che l'Unione europea è già un rivoluzione in marcia, poich ha già segnato un punto di non ritorno con il passato e getta le basi per un punto di non ritorno con il presente. La vera rivoluzione non guara al presente, ma guarda al passato pensando all'avvenire: il vero cambiamento è quello che cancella gli errori e le aberrazioni della storia, provvedendo a costruire un domani dove non trovano spazi le distorsioni di ieri. L'Unione europea è tutto questo, è sarà molto altro ancora. I popoli lo percepiscono, ma allo stesso tempo guardano questo spettro con timore. Molti hanno tentanto di sabotare la rivoluzione affiancando all'idea di Europa unita e libera le tesi maoiste più radicali secondo cui la rivoluzione è e resta un atto di violenza. Nulla di più sbagliato. L'Europa è rinata nel segno della pace tra i popoli, nel principio dell'uguaglianza umana e sociale e sotto le insegne della tolleranza. Ebbene, se gli ideali di Europa unita e libera non riempiono gli animi e faticano a sbocciare nel cuore e nelle coscienze degli europei, è per via della propaganda contro-rivoluzionaria che offusca la mente di genti già corrotte dalle religioni divine e finanziarie, diaboliche espressioni della struttura economica. Ma capitalismo e capitale sono dottrine e fedi che non possono nulla contro lo spirito del tempo, e il tempo di piena libertà è ormai giunto. Lo spirito europeista si ha oramai trovato il momento storico per dare vita all'Unione europea. L'Unione europea è sinonimo di internazionale dei popoli, primo passo per la costruzione della nuova internazionale socialista che liberi tutti dall'oppressione e dalla classe padronale, oligarchia liberticida. Schengen ha permesso all'uomo di abbattere le barriere divisorie, più concettuali che reali: l'individuo è l'individuo sempre e dovunque, a Praga come a Berlino. Schengen ha abbattuto questo muro dei falsi miti capitalisti, riconsegnando l'uomo alla propria dimensione naturale, quella dell'intersocialità. L'unione europea ha permesso l'unione delle genti, riaffermando quel principio di uguaglianza fondamentale per la dignità di tutti, uomini, donne, anzioni, bambini. Uguaglianza di diritti, nelle fabbriche come negli uffici, nelle strutture dirigenziali come nelle sacche operaie e proletarie. Le crisi cicliche della storia e i soliti avversatori del cambiamento mettono ora in discussione questo processo che è sì guidato da grandi ideali, ma che è ben lungi da essere pura idea. Ma le rivoluzioni non si discutono: si compiono o si contrastano, ma comunque avvengono. La moneta unica, espressione materiale di quell'entità astratta che è l'economia di mercato, ha permesso l'abbattimento delle diverse strutture economiche. E non è che il primo passo: l'abolizione delle ventisette monete con l'introduzione della sola valuta europea non è che il preludio all'abolizione anche dell'ultimo denaro circolante. Non è utopia, è realtà. Anche il processo di riforma delle banche non è che il preludio all'abolizione del sistema neo-capitalista, il passo che serve per intraprendere quel percorso riformatore di cancellazione delle aberrazioni padronali. I capitalisti, che hanno sempre fatto della proprietà privata il loro primo comandamento, grazie alle loro esose banche hanno confuso e sottratto proprietà, rimettendo in discussione quello stesso comandamento da loro creato lasciando la classe lavoratrice a pagare i conti delle crisi che questi stessi padroni hanno generato. Ma oggi la creazione di un'unione bancaria permetterà la compensazione giusta e sacrosanta dei torti inflitti ai cittadini europei, cancellando una volta per tutto l'etica malsansa del profitto. Cittadini e cittadine europee, uomini e donne del continente, lavoratori di tutto il mondo unitevi: insieme renderemo possibile il vero cambiamento, consegnando ai nostri figli e alle generazioni a venire una società più giusta, più equa, più umana, una società davvero europea dove gli attuali stati non saranno che regioni, e dove le lingue non saranno altro che dialetti. Le barriere scompariranno, le idee egoistiche e nazionalistiche saranno una volta per tutte superate, e tutti si ergeranno fieri e uniti sotto un unico cielo, nel nome dell'Europa una e indivisibile, libera e giusta. La storia accoglierà il cambiamento e per tutti sarà una nuova era, il punto di arrivo di questa gloriosa rivoluzione.

Banche, Ue autorizza aiuti stati per 5 trilioni

L'ok di Bruxelles per il periodo ottobre 2008-ottobre 2012. Cifra choc per salvataggi comunque necessari ma da scongiurare nuovamente.

di Emiliano Biaggio

Tra il 2008 e il 2011 l’ammontare totale complessivo degli aiuti di stato usati per il settore finanziario è stato di 1.615 miliardi di euro, pari al 12,8% del Pil dell’Unione europea, ma tra l’1 ottobre 2008 e l’1 ottobre 2012 la Commissione europea ha approvato aiuti al settore finanziario per complessivi 5.058 miliardi di euro (40,3% del Pil dell’Ue). Sono i dati da capogiro rendicontati nello "European Commission’s 2012 State Aid Scoreboard", lo studio della Commissione Ue sugli aiuti di stato. Cosa significa? Detto in altri termini sono stati pompati nella casse delle banche di tutta Europa 1,6 trilioni di euro, e più del triplo potrebbero essere garantiti prima della fine dell'anno. Qualcuno si potrebbe indignare per questo, ma gli aiuti sono necessari. Chiudere le banche o lasciarle fallire vorrebbe dire ridurre sul lastrico tante famiglie: i risparmiatori perderebbero tutto senza avere alcun rimborso. Gli aiuti si rendono dunque necessari, ma certo evidenziano la fragilità del sistema europea. A preoccupare soprattutto le economie in linea teorica trainanti: Gran Bretagna, Irlanda e Germania sono infatti i tre paesi più in difficoltà. Tolta l'Irlanda, paese sotto programma di aiuti internazionali, gli altri due stati sono considerati come i più solidi e i più competitivi. Eppure Gran Bretagna, Irlanda e Germania insieme hanno beneficiato del 60% dei 1.600 miliardi di soldi iniettati nelle casse degli istituti di credito tra il 2008 e il 2011 (rispettivamente il 19%, il 16% e il 16%).
In un clima di disoccupazione e di sfiducia crescente, vedere quanti soldi sono stati dati alle banche e quanto poco è stato fatto per rilanciare l'occupazione è forse un aspetto ancor più irritante. Comprensibile, ma è per questo che tutti in Europa stanno lavorando un processo di riforma del sistema bancario, che dovrebbe garantire sicurezza ai risparmiatori e far ricadere solo sulle banche le responsabilità della cattiva gestione. Certo, impressiona vedere quante risorse sono state impiegate per salvare le banche. Si tratta di risorse sottratte alle politiche di rilancio economico, ma l'auspicio è che d'ora in avanti questa faraonica opera di ristrutturazione possa evitare il tracollo e garantire un futuro stabile.

Thursday, 20 December 2012

«Basta ingerenze di Ue e Stati Uniti sul Tibet»

La Cina avverte Bruxelles e Washington: state interferendo con i nostri affari interni

Un monaco tibetano portato via
di Emiliano Biaggio

L'Europa e gli  Stati Uniti si astengano dal prendere posizioni su questioni che riguardano solo e soltanto la Cina. Sale di tono il confronto tra Bruxelles, Washington e Pechino, con le autorità cinesi che invitano i rappresentanti delle istituzioni comunitarie e del governo Usa a non occuparsi di quanto avviene all'interno del paese asiatico. A scatenare l'incidente diplomatico la presa di posizione sul Tibet dell'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Ue, Catherine Ashton, che è intervenuta sull'aumento del numero dei monaci buddisti che si uccidono protestare contro la politica cinese in Tibet e per richiamare l'attezione su una questione mai risolta improvvisamente tornata nelle agende politiche. Un intervento mal accolto, perchè arrivato a distanza ravvicinata da quello dell'amministrazione di Barack Obama. Strano ma vero, a pochi giorni di distanza Stati Uniti e Unione europea hanno sollevato il caso, per il disappunto del governo di Pechino. Di Tibet, da sempre, in Cina si preferisce non parlare. Una linea mantenuta anche quando lo scorso 11 dicembre Maria Otero, il sottosegretario di stato americano per la sicurezza dei civili e i diritti umani nonchè coordinatore speciale per le questioni tibetane, ha espresso «la profonda preoccupazione» della Casa Bianca per il numero sempre più elevato di monaci che si danno fuoco. «Le autorità cinesi - ha detto Otero - hanno risposto a questi incidenti con misure che irrigidiscono controlli già severi alle libertà di religione, espressione, riunione e associazione dei tibetani». Per Otero «la retorica ufficiale che denigra la cultura tibetana e quanti si immolano non fanno altro che accrescere il clima di tensione». Dichiarazioni che non sono passate inosservate a Pechino, dove però si è preferito tacere. Ma a distanza di pochi giorni sono arrivate le dichiarazioni di lady Ashton. «Siamo preoccupati per le restrizioni all'espressione dell'identità tibetana. Nel rispetto dell'integrità territoriale cinese, l'Unione europea esorta le autorità cinesi ad assicurare che i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali dei tibetani siano rispettati». Inoltre Ashton ha chiesto alla Cina di «permettere libero accesso a tutte le aree autonome tibetane a diplomatici e giornalisti».
Le dichiarazioni di Ashton hanno indotto la Cina a replicare. Le parole dell'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza dell'Ue risultano inaccettabili per i cinesi. Il Tibet "storico" era comprende le tre regioni del Kham, Amdo e U-Tsang, ma dal 1965 Kham e Amdo sono parte delle province cinesi del Qinghai, dello Sichuan, del Gansu e dello Yunnan. Oggi i cinesi per Tibet intendono lo Xizang, o regione autonoma tibetana (Tar), che comprende il territorio dello U-Tsang. Parlare di aree tibetane autonome al plurale, come ha fatto Ashton, significa automaticamente schierarsi col movimento tibetano che reclama l'indipendenza del Tibet storico. Immediata, quindi, la risposta di Pechino. «Le questioni tibetane sono totalmente questioni di politica interna della Cina», ha detto Hua Chunying, il portavoce del ministro degli Esteri cinese. «Recentemente alcuni politici di Stati Uniti e Unione europea hanno mosso accuse alla Cina per fatti riguardanti il Tibet. Tali affermazioni - ha aggiunto - sono spiacevoli ingerenze negli affari interni della Cina». Dal portavoce del ministro degli Esteri cinese è quindi giunto l'invito a «rispettare la sovranità della Cina e evitare di interferire nuovamente con le questioni di politica interna cinese».

Bersani si accredita all'Ue come leader credibile

Il segretario del Pd incontra Van Rompuy, Barroso e Juncker. Il presidente dell'Eurogruppo lo elogia, chiudendo definitivamente le porte a Berlusconi.

Pier Luigi Bersani
di Emiliano Biaggio

Dopo aver promosso Monti, l'Europa promuove anche Bersani. Un ulteriore messaggio di sfiducia nei confronti di Silvio Berlusconi, che nella sua ultima visita a Bruxelles ha fallito nel suo tentativo disperato di riaccreditarsi agli occhi della comunità europea come leader credibiled e probabile. Ma prima gli apprezzamenti per l'operato dell'attula capo di governo e poi gli attestati di stima per il segretario del Pd hanno di fatto chiuso le porte in faccia al cavaliere. Il messaggio che arriva dall'Europa è chiaro: Berlusconi forse potrà essere voluto dagli italiani, ma non è gradito in Europa. I leader dell'Unione europea questo non possono dirlo, ma possono lasciarlo intendere. Jean Claude Juncker lo ha fatto in modo piuttosto evidente. «Bersani - ha detto il presidente dell'Eurogruppo - è una persona intelligente e onesta, e credo abbia le migliori intenzioni per l’Italia e per l’Europa». Un trattamento di riguardo da parte di un esponente del Partito popolare europeo, gruppo che ospita il partito di Berlusconi, un Berlusconi nei cui confronti Juncker non ha più parole da spendere. Come svelato dal segretario del Pd al termine del suo incontro con Juncker. «Siccome con Juncker si può scherzare, gli ho detto di dire al mondo che Berlusconi non vincerà. A questa battuta Juncker ha risposto con un sorrisino, a cui però non voglio dare interpretazioni». C'è poco da dire, se non che Berlusconi ormai non è più considerato un leader credibile e che l'Europa preferisce altri interlocutori. Bersani si è presentato a Bruxelles per accreditarsi agli occhi dei presidenti di Commissione europea, Consiglio Ue ed Eurogruppo: il segretario del Pd sa che dalle prossime elezioni potrebbero arrivare incarichi di governo. In tal senso ha offerto garanzie circa il proseguimento del percorso avviato dal governo Monti. Il partito democratico, ha detto Bersani, avverte «l’esigenza di dare segnali di continuità nelle politiche per l’Europa, anche arricchendole». Ciò «consapevoli assieme al rigore occorre dare chance al lavoro e alla crescita». Un’affermazione, quest’ultima, che ricalca in pieno la visione montiana portata a Bruxelles in questi mesi: è stato proprio il capo del governo tecnico a spingere perché accanto all’imperativo della sostenibilità della finanza pubblica ci fosse l’impegno scritto di accelerare misure e politiche per il rilancio di occupazione e competitività. Una condivisione di obiettivi e di vedute che a detta di Bersani non sorprende. Anzi. «Noi abbiamo sempre sostenuto molto lealmente il governo Monti, anche in condizioni non semplici». Il capo di governo che potrebbe uscire dalle urne ha offerto garanzie anche circa l'impegno europeo del centro-sinistra italiano. A Josè Manuel Barroso, Herman Van Rompuy e Jean Claude Juncker «ho ricordato qual è la posizione del mio partito, che ha un forte matrice europeista e che fa della prospettiva europea la propria bandiera». In fin dei conti, ha sottolineano Bersani, «è stato il centro-sinistra a portare l’Italia nell’Euro. E a noi ci conoscono, siamo quelli di Prodi, di Padoa Schioppa. Sono tranquilli». E poi «sulla nostra capacità e sulla volontà riformatrice e di tenere i conti sotto controllo non si può dubitare», mentre «sull’altro versante ci sono spinte populiste e anti-europeiste». Per cui, ha rimarcato Bersani, «chi ha preoccupazioni per l’Italia si rivolga a noi». Certamente in Ue non si guarda più a Berlusconi.

Tuesday, 18 December 2012

Havel riapre il dibattito sul passato cecoslovacco

Eunews definisce il politico «il primo presidente della Cecoslovacchia post-sovietica», provocando le critiche di alcuni lettori.

Carrarmati a Praga, 1968
di Emiliano Biaggio

Nel mondo diviso in due blocchi la Cecoslovacchia era o no un paese sovietico? La domanda rischia di riaprire ferite ancora non rimarginate nei paesi dell'Europa dell'est, sotto lo stretto controllo dell'Unione sovietica. Ma il punto è proprio qui: i paesi europei nell'emisfero orientale del mondo diviso in due erano da considerarsi autonomi per quanto satelliti, o entità sovietiche? Un articolo sulla commemorazione del primo anniversario della morte di Vaclav Havel innesca la (polemica) discussione. Il Parlamento europeo ha deciso di montare sulla facciata della sede di Bruxelles un cuore in neon, per ricordare il cuore che il politico cecoslovacco aggiungeva alla sua firma. Nella spiegazione di tutto questo Eunews scrive che Havel è stato «il primo presidente della Cecoslovacchia post-sovietica». Un'affermazione - poi modificata con tanto di scuse - che non piace a una lettrice, la quale precisa che la Cecoslovacchia - oggi divisa in due stati indipendenti e sovrani, la Repubblica ceca e la Slovacchia - non è mai stata una parte dell'Unione sovietica. Vero. Ma ufficilamente a dettare le politiche di uno stato indipendente e sovrano solo nominalmente sono sempre stati i dirigenti dell'Urss. Certamente le attuali Repubblica ceca e Slovacchia hanno una storia diversa da quella delle repubblica baltiche o dall'Ucraina e della Bielorussia, tutti paesi incorporati nell'allora Unione sovietica, ma anche se ufficialmente la Cecoslovacchia non ha mai costituito una parte dell'Urss ne faceva parte "de facto" come tutti gli altri paesi dell'europa orientale. Altrimenti come si spiega l'invio di carrarmati a Praga nel 1968? Imperialismo rosso, si potrebbe rispondere. Va notato che il popolo cecoslovacco non si sentiva sovietico nè amava il sistema in cui si trovava, ma di fatto era il popolo di un paese comunista diretto da Mosca, e ciò rendeva automaticamente la Cecoslovacchia uno stato all'interno del modello sovietico. Forse ha ragione la lettrice: il portale eunews avrebbe dovuto definire Havel «il primo presidente della Cecoslovacchia post-comunista». E' un'espressione più precisa e formalmente corretta. Nella sostanza, però, cambia qualcosa? Il dibattito è ufficialmente (ri)aperto.

Sunday, 16 December 2012

bLOGBOOK

Otros delirios en español

¡Nada! No se propio que decir. ¿Pues es tal el vacio? Puede ser, claro que si, pero puede ser tambien que tal veces, simplemente, no hay nada que decir. Sino yo sè que habrìa mucho que escribir. ¿Que es?, ¿el natural miedo o solo la normal pereza de los hombres? Cual que sea, ¿cual es de los dos, aquello mas dificil por derrotar? Me estoy perdiendo, como siempre. El problema es que empiezo a pensar certas cosas y despues acabo a pensar otras. ¡Madre mia! Creo seriamente que sea un problema de vivir. Para ser sincero, credo que no se como estar a este mundo. ¡Nunca se que hacer! Y esto es verdad por cada cosa che hago y que tento que hacer. Es come si fuese un niño. No por todo, ¡claro!, pero es como si yo lo fuese. A lo mismo tiempo, me siento... me siento una persona problematica. Por fin puedo decid que he entendido de tener problemas a comunicar. Y esto es me puerta a no tener relacciones con el mundo que hay todo alrededor de mi. ¡Bueno!, y entoces ¿que puedo hacer? ¿Que tengo que hacer? Y sobre todo, ¿como?. No lo se. ¡Nada!. No se propio que decir. ¿Pues es tal el vacio que me siento?

Saturday, 15 December 2012

Sulla libertà di pensiero e l'anticonformismo



Tratto dall'album "Sono solo canzonette" (1980).

Ma che sarà, che cosa t'offrirà
quest'altra storia, quest'altra novità
l'unico rischio è che sia tutto finto
e che sia tutta pubblicità!...

Ma che ne sai, se non ci provi mai
che rischi corri se non vuoi volare
coi piedi a terra, legato alla ragione
ti passa presto, la voglia di sognare!

Ma è quello che vogliono da te
già appena nati ci hanno abituati
a non pensare, ma a darcene l'illusione
e sempre con la scusa della ragione!...

E anche se fosse solo finzione
solo il pretesto per fare una canzone!
vale la pena almeno di tentare
se è un'occasione per poter volare
allora non la sprecare, prova a volare!...

Attenzione-attenzione! Comunicato ufficiale!
parla l'organo del partito, non lasciatevi suggestionare!
Quella voce che vi invita a volare
è di un maniaco sabotatore!...
Spegnete la radio adesso
giradischi e registratori, presto!... presto!...

Ma la radio va e non si fermerà
ti prenderà per mano ti insegnerà a volare
visti dall'alto i draghi del potere
ti accorgi che son draghi di cartone!...

E anche se fosse solo finzione...

Attenzione-attenzione! A tutte le persone serie!
consapevoli, equilibrate, non lasciatevi suggestionare!
abbiamo ben altri progetti per voi
uomini del 2000, saggi e civili
perciò prestate attenzione
solo alla voce della ragione!...

Ma la radio va e non si fermerà ti prenderà per mano, ti insegnerà a volare, visti dall'alto i draghi del potere ti accorgi che son draghi di cartone!...

Ma non lo vedi sono di cartone
se resti a terra che vuoi capire
con la scusa di schiarirtele
ti confonderanno sempre più le idee
ti manderanno allo sbaraglio in questa
farsa, nel ruolo di comparsa!...

Ma basta che voli in alto
ma basta che ti alzi un poco
e forse scopri che quello che ti faceva
paura era soltanto un gioco!
e adesso, hai l'occasione per poter
volare, allora, non la sprecare, prova a volare!...

Prova ma che ne sai
se non ci provi mai non puoi
sapere se vale o no la pena
di tentare, è un'occasione
per volare, per volare!...

Adesso basta! Fatelo stare zitto!
Abbiamo troppo sopportato!
Abbiamo troppo tollerato!
E' un provocatore! Fatelo tacere!
....Fatelo tacere!....

AS Grifondoro, maggica giallo-rossa

Il riposo del guerriero

Dove vanno in vacanza i campioni del quidditch? Una domanda che generalmente non si pone nessuno, ma che invece i tifosi si pongono spesso. Soprattutto quelli del Grifondoro, ansiosi di incontrare i loro beniamini - capitan Potter in testa - nei luoghi di villeggiatura. Ma i maghi, si sa, sono maghi, mica babbani. E quindi, proprio per questo, in genere si mischiano proprio ai babbani per passare inosservati e soprattutto passare vacanze rilassanti e tranquille, lontani da sostenitori molesti e paparazzi fastidiosi. C'è chi invece si ferma a Hogwarts, godendosi i giorni d'estate al lago Nero. Proprio così: lo specchio lacustre ai piedi della scuola di magia più rinomata di Hogwarts con la bella stagione (e la scuola chiusa) si trasforma nel luogo di villeggiatura dei giocatori di quidditch. Ogni squadra ha il proprio campeggio con stabilimento balneare associato, riconoscibile dagli ombrelloni colorati dei colori sociali. Qui accanto vediamo lo stabilimento del Grifondoro. In base a un pacifico accordo con le sirene e i tritoni che popolano gli abissi, solo una piccola area del lago Nero è eccezionalmente riservata ai maghi del quidditch, ai quali è consentito per il periodo limitato di vacanze realizzare - tramite incantesimo - una battigia come quelle marine. Una leggenda vuole che la Piovra Gigante che vive nelle profondità del lago possa essere in realtà Godric Grifondoro, probabilmente diventato Animagus. Ciò spiegherebbe perchè ai giocatori di quidditch, specie a quelli del Grifondoro, sia permesso soggiornare sul lago. Ad ogni, quale che sia la storia attorno a questi stabilimenti, nessuno ci ha mai visto Harry Potter. Come mai? Semplice, per lui le vacanze sono sempre interamente babbane: le trascorre a casa Dursley, con gli zii Vernon e Petunia e il cugino Dudley.

Friday, 14 December 2012

Breviario

«Quanto sono importante lo sapete anche voi. Leggendo i giornali in questi giorni si vede scritto "torna Berlusconi, l'Europa trema". Quanta forza!».
Silvio Berlusconi, al vertice al Ppe (Bruxelles, 13 dicembre 2012)

Wednesday, 12 December 2012

12 dicembre

Piazza Fontana, Milano. Lapide commemorativa di una vergogna di stato.

Pyongyang lancia il satellite, il mondo condanna

L'Europa chiede nuove sanzioni, il Giappone invoca l'Onu.

di Emiliano Biaggio

La Corea del Nord alla fine ha messo in orbita il satellite per usi civili, contravvenendo alle disposizioni delle risoluzioni Onu e sfidando la comunità internazionale, che a più riprese ha chiesto al paese asiatico di rinunciare al progetto di lancio. Il governo di Pyongyang, nonostante la forte pressione internazionale ha messo in orbita il satellite, un satellite «pacifico», ha prontamente assicurato il regime di Kim Jong-un. Il mondo guarda però l'operazione con preoccupazione perchè condotta con missili a lungo raggio, e si teme che in futuro su quei vettori la Corea del Nord possa installare armi. L'operazione compiuta dal regime nordcoreano «è un altro passo nel tentativo che la Corea del Nord sta portando avanti da tempo di acquisire tecnologia missilistica», ha denunciato l'Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza dell'Ue, Catherine Ashton, pronta a chiedere nuove sanzioni. Ashton ha fatto sapere che a Bruxelles si sta meditando «una risposta appropriata, in stretta consultazione con i suoi più stretti alleati e in linea con le decisioni del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, non escludendo eventuali, ulteriori misure restrittive». Una linea che rispecchia la posizione assunta dai paesi membri in occasione dell'ultima riunione del consiglio dei ministri degli Esteri, tenuta pochi giorni fa, prima che il satellite nordcoreano venisse lanciato. In quell'occasione tutti i ventisette avevano chiesto esplicitamente, nel caso in cui la Corea del Nord avesse portato avanti il suo programma, «una chiara risposta internazionale, insieme a decisioni da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che comprendano eventuali misure restrittive». Ora l'Europa procederà in questa direzione.
Condanna per il lancio del satellite è arrivato anche dal segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen. «Questo atto provocatorio aggrava le tensioni nella regione e i rischi di un'ulteriore destabilizzazione». L'operazione condotta dalle autorità nordcoreane, ha denunciato, «è una violazione diretta delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu». La Nato ha perciò
ribadito l'importanza che la Corea del Nord «rispetti la moratoria sui lanci missilitistici». Per fare in modo che ciò sia possibile probabilmente saranno necessarie nuove sanzioni. Intanto il Giappone ha chiesto la convocazione di una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza dell'Onu, il cui segretario generale, Ban Ki-moon, ha condannato l'azione di Pyongyang.

Monday, 10 December 2012

L'Europa impaurita da un ritorno di Berlusconi

Il presidente del Parlamento Ue lo dice apertamente, molte capitali tacciono ma da tutta Europa filtra preoccupazione per il dopo-Monti.

di Emiliano Biaggio

La crisi del governo italiano con il conseguente annuncio delle dimissioni di Mario Monti gela e divide l'Europa. A livello comunitario la perdita di un interlocutore come il professore preoccupa, per due motivi: si teme che il percorso avviato e portato avanti in questi mesi dall'esecutivo tecnico di Monti possa interrompersi, e si guarda al dopo Monti con una certa fibrillazione per paura che il meccanismo democratico possa riportare alla guida del paese Silvio Berlusconi. Lo afferma chiaramente il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz. «L'Europa ha bisogno di stabilità e Berlusconi è il contrario della stabilità», dice a margine della cerimonia di consegna del premio Nobel per la pace riconosciuto all'Ue. «Tanti dei problemi dell'Italia sono il risultato dei dieci anni in cui Berlusconi è stato premier», rincara la dose Schulz, nel 2003 al centro di un acceso battibecco proprio con Berlusconi – allora presidente del Consiglio – che diede al tedesco del "kapò". «Abbiamo visto che la responsabilità della coppia Napolitano-Monti ha stabilizzato molto l'Italia, dunque - dice apertamente Schulz - avrei preferito che Monti fosse arrivato a fine legislatura». Parole che non piacciono al vicepresidente della Commissione europea responsabile per l'Industria, Antonio Tajani, una carriera politica italiana tutta berlusconiana, spesa prima in Forza Italia e poi nel Pdl. «Non è opportuno che le istituzioni europee interferiscano nella vita democratica degli Stati membri», la replica immediata del commissario europeo. «Nella mia veste istituzionale io mi sono sempre astenuto dall'intervenire su questioni politiche interne dei paesi».
Se Tajani risponde per le rime a Schulz aprendo il dibattito interno all'Unione europea, Herman Van Rompuy e Josè Manuel Barroso glissano sulle vicende italiane, cercando di chiudere subito il dibattito innescato dal presidente del Parlamento europeo. Il presidente del Consiglio europeo preferisce non fare alcuna menzione alla crisi di governo, mentre il presidente della Commissione europea si limita a un implicito richiamo al rispetto degli impegni sottoscritti e, cosa più importante, a proseguire lungo la strada intrapresa da Monti. Non lo cita, ma il riferimento generale non può non includere l'Italia. «I nostri strumenti non sono sufficienti se non c'è vera convergenza fra i paesi», mette in guardia Barroso, il cui staff ricorda che in casi come questi di solito l'esecutivo comunitario sia solito trincerarsi dietro i silenzi e i «no comment». In Parlamento Ue, le cose sembrano funzionare diversamente: dopo Schulz a parlare di Italia è il primo vicepresidente dello stesso organismo comunitario, Gianni Pittella. «L’irresponsabilità del Pdl espone l’Italia in Europa», sostiene, e non a torto. Perchè se a livello comunitario c'è una certa preoccupazione, a livello di stati mebri la situazione non è molto dissimile. La scena dei leader Angela Merkel e Nicolas Sarkozy che sorridono quando in conferenza stampa congiunta si chiede se Berlusconi sia un partner affidabile è ancora nitida nella memoria dei tanti addetti ai lavori. Oggi alla guida della Francia non c'è più Sarkozy, ma in Germania c'è ancora Merkel. A Berlino si teme che un eventuale governo di discontinuità con la politica di riforme di Monti possa far finire nel mirino di speculazione e agenzie di rating anche la Germania: si teme, in sostanza, per il rischio di un possibile declassamento e la perdita della tripla A. C'è inquietudine anche a Parigi, dove l'Eliseo perde un interlocutore con cui in questi mesi ha dimostrato di lavorare bene, di certo meglio rispetto a quando i protagonisti – per entrambi i paesi – erano altri. A Parigi il timore è che adesso non si possa più mettere i tedeschi sotto pressione.

Sunday, 9 December 2012

"L'ultima Thule", il testamento musicale di Guccini

Esce l'album del cantautore, l'ultimo della carriera. «Ho sempre pensato che il mio ultimo disco si sarebbe chiamato così». 

di Emiliano Biaggio

Eccolo Guccini, finalmente. Alla fine il tanto atteso album è arrivato, per la gioia e la malinconia di quanti hanno avuto il piacere di conoscerlo musicalmente e accompagnarlo nella sua vita di accordi e suoni. Un Guccini diverso, e non solo perchè l'ultimo. «Ho sempre pensato che il mio ultimo disco si sarebbe chiamato così», aveva già anticipato un anno fa. Ora ci siamo. "L'ultima Thule" è il lavoro con cui l'artista emiliano-pavanese saluta folle e pubblico, in un congedo tanto naturale quanto umano. A settantadue anni suonati, è il caso di dire, Guccini canta la sua stanchezza e il suo smarrimento per un mondo che non sa più riconoscere. «Dov'è la ciurma che mi accompagnava e assecondava ogni ribalderia? Dove la forza che la circondava? Ora si è spenta ormai, sparita via». Anche per i più coraggiosi e tenaci Don Chisciotte il tempo passa, e l'eroe non può che cedere al peso degli anni. Così Guccini canta di sè dalla sua Pavana, dove da tempo vive stabilmente al ripardo da tutto. «E qui da solo penso al mio passato, vado a ritroso e frugo la mia vita, una saga smarrita ed infinita di quel che ho fatto, di quello che è stato». Si tracciano i bilanci di una carriera e di una vita, in un disco dai toni amari ma dai ritmi ora melodici ("canzone di notte n°4", "Notti", "L'ultima volta", "Quel giorno d'aprile"), ora malinconici ("Gli artisti"), ora incalzanti ("L'ulima thule"), ora allegri e burleschi ("Il testamento del pagliaccio"). «Non ho mai scritto canzoni allegre, ma questa volta ce l'ho messa tutta», ha detto Guccini prima dell'uscita del disco. Ma i suoi personaggi, anche quelli all'apparenza più divertenti portano con sè, come spesso accade, il canto dei mali del vivere. Il suo pagliaccio «l'ha finita la pagliacciata che chiamava vita», e «muore intossicato da sogni vani di democrazia», ucciso dalle «promesse non risolte». Eppure il suo pagliaccio, tolto il trucco, con il suo addio mette in scena il funerale di un'Italia al cui corteo funebre - chiuso dall'inno di Mameli - partecipano non solo «sei politici servi e un cardinale», ma anche ciò ha contraddistino l'ultimo scorcio di storia nazionale: «uno stilista mago del sublime, un vip con la troietta di regime e chi si svende per denari trenta; un onesto mafioso riciclato, un duro, puro e cuore di nostalgico, travestito da quasi democratico e che si sente padrone dello Stato». Uno stato patrimonio forse violato che Guccini, sepolto il pagliaccio, celebra in tutta la sua grandezza ricordando "quel giorno d'aprile" in cui «l'Italia cantando ormai libera allaga le strade sventolando nel cielo bandiere impazzite di luce», dopo aver pianto "su in collina" i tanti fratelli uccisi da una guerra mai finita nella memoria, nelle ferite, nei dolorosi ricordi. Eccolo l'ultimo Guccini, meno combattivo ma pur sempre identico a sè stesso nei contenuti e nelle riflessioni anche dopo quarantacinque anni di musica. E dopo tanti anni, eccolo di nuovo a celebrare quelle "notti" che se una volta, nella giovinezza, erano semplicemente ritratti di vita, oggi sono appena delle «boccate di vita», null'altro che «vasi di tempo che invecchiano l'uomo». A distanza di anni le notti restano però sempre esperienze «da cani randagi» da «viverle fino alla fine», anche se in modo diverso, come descritto nella l'ultima canzone di notte della serie - la quarta - che «racconta questo eterno vagabondo» che è il Guccini cantautore. O forse più semplicemente il Guccini uomo, perchè "gli artisti" «non nascono artisti, non sembrano strani animali ma nascono un po' come tutti, come individui normali». E da persona comune, Guccini si congeda. «Io semplice essere umano, costretto a costretti ideali, sono solo un umìle artigiano e volo con piccole ali». Eccolo Guccini, finalmente. O forse no. Perchè il saluto è forse il momento più difficile, e allora "L'ultima Thune" va preso per quello che è il suo valore primo, prima ancora del suo valore ultimo: è l'album con cui Guccini si ritira. I tempi lo impongono, del resto. E' forse l'ora di percorrere l'ultimo viaggio musicale, ma poi basta, perchè in questo mondo - Thule è il nome di un'isola leggerandaria, al di là del mondo conosciuto - per Guccini non c'è più posto. «Io che tornavo fiero ad ogni porto dopo una lotta, dopo un arrembaggio, non son più quello e non ho più il coraggio di veleggiare su un vascello morto». Guccini dice addio, va via, alla ricerca dell'isola non trovata e già cantata, ora suonata per l'ultima volta. «L'Ultima Thule attende e dentro il fiordo si spegnerà per sempre ogni passione, si perderà in un'ultima canzone di me e della mia nave anche il ricordo».

Saturday, 8 December 2012

8 dicembre. A proposito dell'Immacolata...


bLOGBOOK

Sogno di notte n°1

«Mi parli meglio di quel suo... Di quella cosa che la perseguita»
«Beh, a volte... Cioè, molto spesso direi... Beh... Sì, insomma... Mi sento a disagio»
«Che vuol dire si sente a disagio? Si spieghi meglio»
«Vuol dire che in alcuni momenti...»
«Quali momenti? Ce ne sono alcuni più particolari di altri?»
«Beh, sì. Oddio, a dire la verità mi capita spesso di non riuscire a parlare. Sì, insomma, ho di fronte a me una persona ma quando dovrei parlarle ho paura a parlarle. E quando lo faccio... Beh, è come se avessi dimenticato a parlare, o come se dovessi ancora imparare a parlare. Non riesco a fare niente, è come se non avessi più il controllo di me, dei miei gesti, delle mie azioni. Quando faccio o dico qualcosa, perchè solitamente non riesco a fare o dire un bel niente...».
«Mi dica: per caso, quando in queste situazioni poi riesce a parlare, le parole escono confuse, pasticciate, sente il cuore rimbombarle nelle orecchie e avverte un senso di calore sul volto?»
«Ehm... Come fa a saperlo? E' grave?»
«Non se lei lo reputale tale. Direi che normale, normalissimo. Mi dica: per caso questo suo "disagio" si manifesta in presenza di persone dell'altro sesso? Di ragazze?»
«...»
«Capito»
«Cos'è?»
«Timidezza»
«E come la curo?»
«Non c'è una cura. E non c'è una cura perchè non è una malattia. Ma su una cosa ha ragione: si può superare»
«Come?»
«Si butti. Impari a buttarsi e a fidarsi di sè stesso. Non abbia paura di non sentirsi all'altezza»
«Ma io sono nella media, come statura»
«L'ironia è un grande dote, ma a volte non è la risposta giusta. Mi stia a sentire: faccia appello a tutto il suo coraggio e affronti gli altri, chiunque essi siano. Vede, chi le persone come lei hanno un grande timore di disapprovazione, del giudizio degli altri. Questo timore provoca un senso di disistima e di inadeguatezza. Ma è solo una proiezione mentale. Certo, si può anche risultare poco simpatici, ma se non interagisce con le persone che la circondano difficilmente si riuscirà a farsi accettare. O piacere. Perchè magari potrebbe scoprire che agli occhi degli altri lei risulta una persona piacevole. Si fida di me, ma soprattutto si fidi di lei. E ora mi scusi, ma devo andare».
«Dove va?»
«Via. Il mio tempo è scaduto. E anche per lei è tempo di andare. Siamo arrivati»
«Come?»
«Manuel, we're arrived»
«Mmmm... Hawn! So it was just a dream...»

«Were you dreaming? So I'm sorry to have you woken up»
«There's no problem. Did I slept for all the time?»
«It seem so»
«Sorry. Maybe next time I'll partecipate more»
«That's ok. Maybe you were just tired»
«It seems so». 

«Ah ah ah!»
«Where are we?»
«Place Stephanie. You should remember me where is your place»
«D'you mean my home?»
«Exactly. Don't you remember where you live?»
«Of course I do. I live here»

Thursday, 6 December 2012

Siria, ecco cosa c'è sulla frontiera turca


Siria, sì della Nato ai missili sulla frontiera turca

La decisione presa dopo l'escalation di violenze. Rasmussen: «vogliamo dissuadere ogni minaccia»

Bandiere turca (in alto) e del Consiglio nazionale siriano
di Emiliano Biaggio

L'opzione militare per la cessazione della guerra civile in Siria diventa sempre più una possibilità per i paesi della Nato. L'Alleanza atlantica ha infatti disposto lo schieramento di missili patriot in Turchia, lungo la frontiera turco-siriana. Ufficialmente il via libera all'installazione delle batterie missilistiche risponde ad esigenze di sicurezza: si vuole infatti evitare un attacco da parte del regime di Bashar Assad, e i missili terra-aria con gittata massima di centosessanta chilometri si pensa possano rappresentare un più che valido deterrente. «La Siria ha i missili e le armi chimiche, e per questo è urgente fornire protezione aerea alla Turchia», ha detto il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen. «Entro settimane», ha precisato, verrà installato il sistema missilistico, che  «sarà solo difensivo e in nessun modo supporterà una no-fly zone o operazioni d'attacco». Non prima di un mese arriveranno invece le due batterie missilistiche messe a disposizione della Germania: il governo federale ha dato l'ok alla fornitura dei missili, ma per effetto della dimensione delle batterie di missili - che includono radar, centri di comando e controllo, strutture per le comunicazioni - il trasporto non potrà che avvenire via mare, e questo richiederà tempo. Rasmussen ha sottolineato che la decisione adottata dai ministri degli Esteri dei paesi delle Nato sta a «dimostrare la nostra determinazione a dissuadere ogni minaccia». La Siria dunque inizia a preoccupare seriamente. In questi mesi la comunità internazionale ha cercato una soluzione diplomatica e pacifica per la questione siriana, ma adesso si assiste ad una militarizzazione della questione. Un'evoluzione che risponde alle richieste del governo di Ankara, che aveva chiesto protezione e assistenza nel timore di un'estensione del conflitto siriano oltre confine. La guerra civile si trascina ancora senza che si intravedano possibilità di fine delle ostilità, ma a preoccupare è soprattutto il possibile ricorso alle armi chimiche da parte del governo siriano. Persino la Russia - che si schiera con il regime di Assad - teme perchè un simile scenario possa presentarsi, proprio come lo temono all'interno della Nato.  L'alleanza atlantica comunque è pronta all'uso della forza come ultima opzione. «Il possibile uso di armi chimiche sarebbe completamente inaccettabile. In quel caso - ha  evidenziato Rasmussen - mi aspetterei una reazione immediata». La tensione in Medio Oriente dunque sale, e tutti già si preparano nell'eventualità che la situazione precipiti.

Breviario

«Non so cosa riusciremo a portare a casa in questa legislatura»
Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria (Bruxelles, 5 dicembre 2012)

Monday, 3 December 2012

Madonna col porcellino




Un presepe classico: Maria, Giuseppe, i re magi, e... un maiale al centro della scena, al posto che dovrebbe essere occupato dal bambinello. Questa la curiosà natività proposta ed esposta a Bruxelles, nel cuore del centro della città accanto a uno dei simboli della capitale belga, il Mannekenpis. Non si conosce l'autore di questa curiosa riproposizione della nascita di Cristo, ma certo non passa inosservata. Verrebbe da dire che fa la sua porca figura, ma evitiamo scherzi di un certo tipo. Comunque, resta la Madonna col porcellino...