Thursday, 31 May 2012

Breviario

«E' ovvio che prima o poi ci sarà un contraccolpo sulla disciplina di bilancio che stiamo imponendo».
(Mario Monti, 31 maggio 2012, nell'intervento in videoconferenza al Brussels Economic Forum).

Unione bancaria, il sì di Mario Draghi

Dal presidente della Bce piena apertura all'idea di Barroso. «Si può creare, ma è compito dei politici compiere questi passo».

Mario Draghi, presidente della Bce
di Emiliano Biaggio

«Si può creare un'unione bancaria» europea. Via libera di Mario Draghi al progetto di integrazione degli istituti di credito in Europa. Il presidente della Bce, parlando in veste di presidente del Comitato europeo per il rischio sistemico (Cers) in commissione Problemi economici e monetari del Parlamento europeo, rilancia l'idea avanzata anche dal presidente della Commissioen europea, Josè Manuel Barroso. L'unione bancaria, spiega Draghi, «si fonderebbe su tre pilastri fondamentali: un sistema di garanzia europea dei depositi, un fondo europeo di risoluzione e una più forte centralizzazione della vigilanza bancaria». Il fondo di risoluzione, continua, «dovrebbe finanziare le banche più importanti e quelle banche che vengono finanziate dovranno essere aiutate in ogni parte». Questa unione bancaria, continua il numero uno della Banca centrale europea, non può essere frutto del lavoro nè del Cers nè della Bce. «Il prossimo passo è per i nostri leader politici».
   Draghi sprona la classe politica europea a prendere decisioni, e a prenderle subito. «Siamo a un bivio», afferma. Le sfide che l'Europa ha davanti impongono di «avere una visione» d'insieme e di «dare chiarezza». Ma è un compito che non appartiene alla Banca centrale europea. «La Bce - ricorda Draghi - non può colmare le lacune sulla governance economica e monetaria», così come «non può colmare le lacune dei governi, perchè non è nel mandato della Bce». Quindi «il prossimo passo lo devono compiere i nostri leader» politici.

Wednesday, 30 May 2012

Barroso: «Avanti con l'unione bancaria»

Il presidente della Commissione europea manda un chiaro messaggio e dà l'indirizzo politico ai governi dell'Ue.

Josè Manuel Barroso
 di Emiliano Biaggio

«Dobbiamo pensare alla necessità di compiere i passi che mancano per una piena unione economica, così da completare l'unione monetaria». In tal senso serve «un'unione bancaria con supervisione finanziaria integrata e uno schema unico di garanzie per i depositi bancari». Nel giorno della presentazione delle raccomandazioni economiche della Commissione Ue agli stati membri, Josè Manuel Barroso lancia chiaro un messaggio politico: serve l'Europa delle banche e la completa unione monetaria. «Restiamo convinti dei benefici che la nostra moneta comune ha portato in passato e di quelli che porterà in futuro».Per questo, sottolinea Barroso, «il fatto che i leader europei, a livello di eurogruppo sono d'accordo ad una più ampia integrazione economica e finanziaria, è un importante segnale in termini di solidità e irreversibilità dell'Euro». Con la crisi in atto, continua il presidente della Commissione europea, «dobbiamo usare tutti gli strumenti e la flessibilità che abbiamo per assicurare una risposta efficace». Bisogna, in sostanza, «essere pronti a fronteggiare crisi future». Non domani, nè dopodomani. Oggi. «Il momento di prendere delle misure è adesso», sottolinea Barroso. «Prima di ogni cambiamento del quadro legale è necessario che gli stati concordino un processo politico per lanciare una fase di integrazione finanziaria ed economica maggiore». In questa accelerazione del processo di integrazione «la Commissione sosterrà un approccio ambizioso», assicura Barroso, il quale ricorda che «le nostre idee di stabilità legate ai bond sono sul tavolo».

Tuesday, 29 May 2012

Squinzi: «Crisi? I problemi più gravi sono in Italia»

Il presidente della Confindustria incalza i leader europei e il governo italiano a farsi carico delle esigenze e dei problemi delle imprese. «Bruxelles dimentichi la finanza, Monti faccia ripartire i consumi interni»

Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria
di Emiliano Biaggio
 
La crisi è di tutti, ma «in Italia abbiamo i problemi più gravi». Da noi «la crescita è debole», il nostro «è uno dei paesi dove il Pil rallenta più vistosamente, ed è uno di quei paesi dove è più difficile fare business». E' l'Italia dipinta da Giorgio Squinzi, il neo-presidente degli industriali italiani con il difficile compito di traghettare il settore produttivo nazionale fuori dalla crisi e con il delicato incarico affidato solo da una metà di una Confidustria mai così spaccata. Squinzi non si fa e non fa illusioni: «L'uscita dalla crisi richiederà sforzi e sacrifici». Non sarà quindi rapida nè semplice, «ma non dobbiamo arrenderci». Parla all'Europa il neo presidente di Confidnustria, alla sua prima assoluta nella capitale dell'Unione europea. Incontra il presidente della Commissione Ue, Josè manuel Barroso, e il commissario europeo per l'Industria, Antonio Tajani. Parla con Jeremy Rifkin, e si rivolge alla platea gremita di industriali di tutta Europa e funzionario di tutta l'Unione, riuniti per discutere della "Mission growth", la missione crescita che ormai l'Ue si è posta. Il ragionamento, con annesse richieste ai politici, è per l'Italia. «Ci sono molti paesi, e il mio è uno di quelli, dove tante piccole e medie imprese non ce la fanno e chiudono». La Commissione europea «metta sul tavolo il prima possibile le misure atte a garantire alle piccole e medie imprese accesso al credito», e poi «realizzi la semplificazione burocratica», che è «il vero intervento prioritario». Oggi, lamenta Squinzi, «in Italia molte imprese quando vedono che le procedure per accedere ai bandi europei sono dei veri e propri tomi di enciclopedia, ricorrono ad esterni per interpretarli, e questo è un costo». Un costo che «molti non sono disposti a sostenere o non possono permettersi, rinunciando al bando». Gli industriali italiani chiedono quindi «un action plan per una nuova politica industriale», da varare subito. «Apprezziamo le proposte contenute nel quadro finanziario 2014-2020, ma - avverte un preoccupato Squinzi - il 2014 potrebbe essere troppo tardi».
   Servono quindi misure immediate e soprattutto concrete. Il numero uno di viale dell'Astronomia invoca soprattutto un ritorno alla normalità. Il che vuol dire meno economia virtuale e più economia reale. Meno finanza e più industria. «La crisi economico-finanziaria - dice - ha convinto tutti della necessità di evitare di considerare la finanza come un fine in sè. Oggi più che mai dobbiamo tornare ai valori centrali della vera industria». Tutto questo in chiave comunitaria. In chiave tricolore, invece, quello che serve è «far ripartire i consumi interni, perchè l'export bene o male sta tenendo». Ma per il governo Monti c'è una richiesta specifica. Squinzi parla a Bruxelles rivolgendosi a Roma, dove manda un messaggio chiaro sulla "spending review", la revisione della spesa nella pubblica amministrazione per la riduzione degli sprechi di denaro pubblico e l'eliminazioni di inutili costi per lo Stato. «Il modo giusto» per utilizzare gli oltre 4 miliardi di euro che dovrebbero arrivare grazie alla spending review «è mettere a disposizione il "tesoretto" per ridurre la pressione fiscale sulle imprese e sulle famiglie». Questo aiuterebbe le famiglie a consumare di più rimettendo in moto l'economia, e darebbe una mano all'industria nazionale, troppo oberata da tasse e balzelli. «Le imprese italiane - ricorda Squinzi - sono sottoposte a un carico fiscale tra i 15 e i 30 punti in più rispetto agli altri paesi» europei. Un vero e proprio colpo alla competitività nazionale.

Grecia fuori dall'Euro? La Lega lo chiede da tempo

In Parlamento europeo Claudio Morganti (Lega-Efd) già a fine aprile ha presentato un'interrogazione per chiedere la modifica dei trattati.

Claudio Morganti
 di Emiliano Biaggio

Grecia fuori dall'Euro, il paese ellenico abbandoni la moneta unica. In questi giorni non si fa che assistere al ripetere - e al susseguente pronto smentire - che la Grecia dovrebbe o dovrebbe lasciare l'Eurozona. Commissari europei, ministri dell'Economia e delle finanze, tecnici dell'Eurogruppo, tutti a dire e poi a rimangiare quello che hanno detto. Ma il caso di fatto c'è. In Parlamento europeo si pone da ancor prima. Il 26 aprile scorso Claudio Morganti, deputato della Lega- Efd (Gruppo Europa della Libertà e della Democrazia), ha presentato un'interrogazione alla COmmissione Ue per chiedere se non sia il caso di rivedere i trattati per permettere alla Grecia, qualora fosse necessario, di uscire dall'Euro.
   «In questi giorni - rileva Morgani nella sua interrogazione - è emerso un acceso dibattito sul fatto che la Banca Europea per gli Investimenti (Bei) abbia previsto una sorta di clausola di salvaguardia per i suoi finanziamenti in Grecia, per tutelarsi nel caso di un ritorno alla dracma come moneta del Paese». Una simile misura, spiega l'eurodeputato del Carroccio, implicherebbe quindi le possibilità di un ritorno alle monete nazionali, un'eventualità «da estendere ad altri Stati europei attualmente in difficoltà finanziarie, come il Portogallo e l'Irlanda». Alcuni esponenti della Bei hanno smentito questa notizia, ma la questione, per Morganti, è un'altra: il Trattato sull'Unione europea prevede chiaramente (articolo 50) che uno Stato possa abbandonare l'Unione, ma nulla è specificato circa le possibilità di abbandono della sola moneta unica europea. «Alla luce di tutto questo - domanda Morganti - non ritiene la Commissione doveroso proporre una modifica per inserire nei trattati anche le modalità per l'uscita dall'Euro da parte di uno Stato membro?». Per ora la COmmissione non ha fornito risposte, anche se alcuni commissario hanno lasciato intendere di essere d'accordo.

Saturday, 26 May 2012

L'Ue denuncia l'Argentina al Wto

Per Bruxelles il paese sudamericano opera misure protezionistiche «discriminatorie» e contrarie alle regole sul libero commercio.

 di Emiliano Biaggio

La Commissione europea ha deciso di deferire l'Argentina presso l'Organizzazione mondiale per il commercio (Wto) per le misure ritenute dall'Ue contrarie al libero scambio. Bruxelles ritiene infatti che il paese sudamericano abbia adattato misure protezionistiche colpendo le esportazioni europee verso l'Argentina. La decisione della Commissione europea giunge dopo la disputa proprio con il governo argentino per il caso Repsol-Ypf. Il 18 aprile scorso l'Argentina ha infatti deciso unilateralmente di nazionalizzare la compagnia petrolifera spagnola, innescando tensioni tra paesi e sui mercati.
   La Commissione Ue ha deciso di sollevare in sede Wto il caso argentino per la condotta generale del governo di Buenos Aires. Da Bruxelles fanno sapere che la denuncia dell'Argentina «non è direttamente legata al caso Ypf», ma dipende dal regime precedurale decretato dalle autorità argentine per ottenere le licenze di importazione di prodotti stranieri. Un regime ritenuto «discriminatorio» dall'Ue. L'Unione europea accusa l'Argentina di violare le regole di trasparenza e di libero scambio del Wto. In particolare si contesta a Buenos Aires la "Declaracion jurada anticipada de importacion", il permesso che deve essere obbligatoriamente rilasciato per l'ingresso di qualunque merce straniera all'interno dell'Argentina. Essendo un permesso da ottenere prima dell'ingresso delle merci, denuncia la Commissione europea, «per via delle procedure richieste le importazioni straniere vengono sistematicamente non ammesse o cancellate». Inoltre si contesta «la pratica non scritta, non trasparente, ma sistematica» di imporre a chi importa merce straniere di «bilanciare» gli acquisti con vendita all'estero di merce argentina. Si tratta, continua l'Ue, di restrizione che solo «nel 2011 hanno colpito beni europei esportati in Argentina per un valore di 8,3 miliardi di euro». Per questo motivo l'Ue ha deciso di denunciare l'Argentina in Wto, che dovrà esaminare il caso e trovare una soluzione. «Se entro 60 giorni non sarò trovata una soluzione soddisfacente - annuncia la Commissione Ue - l'Europa chiederà all'organizzazione mondiale per il commercio di adottare azioni legali». Le misure protezionistiche adottate dall'Argentina «sono illegal», attaca il commissario europeo per il Commercio, Karel De Gucht, per il quale «è tempo di rimuovere queste procedure sleali». Nel paese sudamericano «ci sono restrizioni che hanno impatto sull'economia europea». La politica economica dell'Argentina, aggiunge De Gucht, «è diventata una politica protezionistica e aggressiva, come dimostra anche il caso Repsol».

Thursday, 24 May 2012

Il coniglietto della Lindt non sarà protetto dall'Ue

La Corte di giustizia europea rigetta il ricorso della casa dolciaria svizzera negando a 'Gold Bubby' il marchio comunitario.

 di Emanuele Bonini (per Eunews)

E’ tenero, molto dolce e piuttosto popolare, soprattutto tra i più piccini e i più golosi, che ne hanno fatto ormai un oggetto del desiderio nonché un elemento irrinunciabile per le proprie festività pasquali. Ma è anche, ormai, una vera e propria tradizione per centinaia di migliaia di famiglie in tutta Europa, che da decenni lo portano nelle proprie case, sulle proprie tavole. Stiamo parlando di ‘Gold bunny’, il famoso e inconfondibile coniglietto di cioccolato della Lindt avvolto da un incarto dorato e corredato da un collarino rosso con tanto di campanellino. Per il prodotto dolciario, vero e proprio simbolo mondiale della Lindt, essere popolare e richiesto però non basta per ottenere il riconoscimento del marchio comunitario, la speciale etichetta riconosciuta e tutelata su tutto il territorio dell’Ue. La Corte di giustizia europea ha infatti respinto il ricorso presentato dalla Lindt, decretando l’impossibilità per ‘Gold bunny’ di ottenere lo speciale riconoscimento. (leggi tutto)

Wednesday, 23 May 2012

Breviario

«Le soluzioni giuste nei tempi sbagliati sono inutili»
Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, a proposito della crisi (Bruxelles, 23 maggio 2012, a margine del vertice dei partiti progressisti e socialisti europei).

Tuesday, 22 May 2012

Breviario

Davvero nulla da dire: in Europa trovare una copia cartacea del Trattato di Lisbona, l'attuale "Costituzione" europea, è impossibile. Se chiedete in Commissione europea, vi diranno che è disponibile solo su internet, se provate a chiedere in Consiglio europeo vi sentirere rispondere che il trattato "vecchio stile" su carta si può dare solo ai dipendenti interni. Insomma, nella capitale europea non hanno trattati dell'Unione europea. Se volte consultarlo, potete farlo solo su internet. Prodigi della tecnologia.

Monday, 21 May 2012

Souvenir from Budapest

Budapest, il parlamento visto dal palazzo imperiale di Buda

bLOGBOOK - Budapest (impressioni)


Budapest (impressioni)

 Una città europea come luogo d'appuntamento e punto di incontro. Già questo da solo basta per intraprendere il viaggio. Persone che da parti diverse dello stesso continente si incontrano in uno stato terzo per condividere momenti sconclusionati di puro divertimento e assoluta allegria sono motivi che rendeno piacevole anche solo l'idea del partire. E poco importa se gli aerei sono a orari impossibili: i viaggi non sono mai comodi.
Budapest è grande, imponente, maestosa, regale. Una volta cuore di uno degli imperi più importanti d'Europa, ancora oggi conserva la propria grandiosità e tutto il suo fascino. E la propria importanza. Non è solo la capitale dell'Ungheria: nè il cuore economico, industriale e culturale. Ancora oggi è Budapest il centro assoluto di ogni potere. Un potere logorato, sempre più in fase declinante. Per le vie della città negozi chiusi, case abbandonate, mendicanti e senza tetto testimoniano in tutta l'umana drammaticità il dramma della crisi che avanza e morde sempre di più. Il sole che scalda la città e il Danubio su cui Budapest si specchia servono solo a confondere le idee al passante, troppo di fretta per rendersi conto che luce e specchi non servono altro che per mettere ancor più in risalto lo spirito decadente della città.
A portare nuova linfa e ancor più disturbo un manipolo di giovani non più tanto giovani pronti a celebrare l'uscita dal gruppo della prima vittima dell'arco di Cupido. Nel torno degli idonei non vincitori,la squadra degli ammogliati vedrà a breve il primo titolare.
  Amicizie di infanzia, compagnie di una vita che la vita stessa ha scalfito ma che - ancora - non ha separato, come dimostra questo viaggio dai contorni vaghi e dalle emozioni contrastanti. Darsi un appuntamento in terra straniera... "Ci vediamo a Bruxelles!". E' quello che Giovanni, compare di Erasmus, scandì quando un pullman e un'auto partirono dai Paesi Bassi per ricongiungersi in terra belga. "Ci vediamo a Budapest", il messaggio di chi dall'Italia si rincongiunge con chi poi a Bruxelles è finito col perdercisi. Allora la realtà era sospesa e la percezione della realtà deformata, oggi il confine dell'indistinto è ancor più instabile.
  La sana immaturità dell'uomo viene fuori, sempre. E questo caso non fa eccezioni. Semmai dà conferme. Non è antropologia, è dato di fatto. Le nozze, momento di unione tra uomo e donna adulti, possono essere la culla di una nuova fanciullezza, o forse solo la nuova stanza dei giochi di un infantilismo mai scomparso. Spensieratezza e golardia, improvvisazione e cazzeggio, confusione e idiozie, sono gli ingredienti di una nuova gita scolastica all'estero carica di tutti quei tratti adolescenziali che l'età avrebbe dovuto seppellire ma che la testa ha invece tenuto desta. Desta in testa. In testa tanto altro. La città non è che uno sfondo. Bello e affascinante, ma uno sfondo. Anche perchè il tempo a disposizione è poco e da fare tanto. C'è da brindare, e non una volta sola, con la regina di cuori. Poi, con gli occhi gonfi e la stanchezza in corpo si parte lasciandosi alle spalle, ancora una volta, esperienze da raccontare e rivivere nei momenti in cui ci si ritroverà. Magari ancora una volta in giro per il mondo.


Other destinations visited:

Amsterdam / Antwerpen / Berlino / Binche / Braine l'Alleud / Brugge / Budapest / De Haan / Den Haag / Durbuy / Gent / Halle / Knokke / Leuven / Liège / Mechelen / Mons / Namur / New York city / Oostende / Santiago de Compostela / Strasbourg / Tournai / Vilvoorde / Waterloo

Friday, 18 May 2012

bLOGBOOK - Racconto d'autunno inoltrato

Racconto di un autunno inoltrato


La pioggia che si infrangeva sulla tela dell'ombrello era l'unico suono che l'accompagnava nel suo cammino senza meta. Le automobili rigavano il manto stradale pieno d'acqua, e le cornacchie sugli alberi manifestavano la propria presenza con il loro tipico gracchiare che rendevano ancor più gotica quella giornata fredda e tetra. Il grigio intenso e profondo del cielo rendeva i colori tanto sbiaditi quasi da annullarli: se non fosse stato per la pioggia, che rendeva lucida ogni superficie, quella avrebbe assunto le sembianze di una città fantasma, spenta e smorta. L'uomo non era che un ricordo. Non un'anima per le strade, a rendere ancor più spettrale tutto quel mondo che aveva attorno. Camminava per riflettere, su sè stesso e la sua solitudine, sul presente e l'avvenire. Si fermò e chiuse gli occhi: il ticchettio delle gocce d'aqua sull'ombrello era tutto ciò che poteva percepire. Non un uccello, non un'auto, non un tram in lontananza, non il passo di un uomo. Chissà come, in quel preciso istante il mondo si era fermato. Anche il vento aveva smesso di soffiare. Riaprì gli occhi: tutto era scuro, ma non seppe dire se per via di quella giornata o se perchè ci si stava lentamente avvicinando alla sera. Si guardò attorno: dalle case non filtrava una luce. Dov'erano tutto? Si trovava in un quartiere residenziale. In una giornata come quella dove poteva essere la vita se non a casa o nei locali? Ma i bar davanti ai quali era passato erano tutti vuoti. SI disse che dovevano stare per forza di cose nelle proprie abitazioni, ma gli esseri umani erano spariti. Non una luce accesa, non una persona affacciata alla finestra.
  Riprese a camminare. Gli scarponcini che pestavano l'acqua delle pozzanghere coprivano di tanto in tanto in continuo suono dell'acqua sull'ombrello. Ogni tanto provava a togliersi dal riparo di quel piccolo scudo anti-intemperie, per vedere se l'entità della pioggia era tale da permettere di poter proseguire solo con il cappuccio. Ma non lo era. E così continuò a vagare senza una destinazione. Era uscito di casa solo perchè stanco di vivere seduto su una sedia davanti a un computer. No, era uscito per fuggire dai suoi pensieri. Non accettava ancora tante cose, e probabilmente non vi sarebbe mai riuscito. Camminava per riflettere. Su sè stesso e gli altri, sul passato che fu e sul passato che non fu. Su tutto quello che avrebbe potuto essere e su ogni cosa che sarebbe stata. Nessuno può prevedere il futuro, e lo lo sapeva. Ma non si fece nè illusioni nè sogni. Quelli aveva imparato a sue spese a non cullarli mai più. Chiuse gli occhi: ancora quel sordo rumore di pioggia sul suo ombrello, e nient'altro. Non percepiva nulla. Riaprì gli occhi: quella città fantasma avvolta dalle tenebre, padrona del silenzio e del nulla, era la realtà. Sì, i sogni molto spesso finiscono laddove si interrompe il sonno. Oppure dove inizia un incubo. NOn si pose il problema di dove potesse finire: sapeva già che da quella dimensione non avrebbe fatto ritorno. E si chiese se la cosa gli dispiacesse. Si guardò attorno: quella città fantasma non sembrava fatta perchè un uomo potesse viverci. Chiuse gli occhi. La pioggia che si infrangeva sulla tela dell'ombrello era l'unico suono che l'accompagnava nel suo cammino senza meta. Stava per riaprirli quando udì della musica. Una melodia dolce. Un pianoforte. Riaprì gli occhi. Iniziò a cercare con lo sguardo il luogo da dove proveniva quella musica. Era una casa più avanti, dove qualcuno aveva socchiuso la finestra per permettere all'aria di entrare e alla musica di uscire. Si fermò sotto quella finestra. Chiuse gli occhi. Si lasciò trasportate dalle note. Chopin, forse. NOn seppe dirlo con certezza, ma gli ricordava Chopin. Da quanto non suonava un pianoforte? Per quante persone non lo suonò e per quante altre non l'avrebbe suonato? Per tutte quelle che avrebbe incontrato di lì in avanti. Lui il piano l'aveva... a casa.
Abbassò l'ombrello e guardò in alto, quel cielo piangente nero come la pece. Restò così per un attimo, quanto bastò per non poter dire con esattezza se stesse piangendo anche lui o se quel viso solcato da rivoli rilucenti non fosse il risultato della pioggia. Quindi si ripose l'ombrello sulla testa, e si incamminò. Dove non si sa. Lo sapeva soltanto lui. E mentre andava rifletteva. Su sè stesso, sul quel presente e su chissà quale futuro. Con la pioggia che si infrangeva sulla tela dell'ombrello che l'accompagnava nel suo cammino.

Thursday, 17 May 2012

bLOGBOOK

La prima cosa che si fa quando ci si alza è scostare la spessa tenda di stoffa dalla finestra e sbirciare fuori, per vedere se c'è il sole. L'occhio ancora chiuso per il sonno comunque ne risentirà, perchè il passaggio dal sonno alla luce del giorno è comunque accecante. Ma non importa. Ma se prima di richiudersi si riesce a vedere che là fuori c'è il sole, allora il senso del risveglio cambia. A volte la felicità è effimera: basta il tempo di sciaquarsi il viso e vestirsi che il sole se n'è già andato, e allora ci si sente come il bimbo a cui hanno strappato di mano il giocattolo preferito. Felicità e tristezza quasi si rincorrono, in questa vita. O forse solo in questo posto, dove tutto può sembrare affascinante e nulla può risultare piacevole. Tranne il sole del mattino, quando si strappa il velo del sogno che divide reale da surreale. Può bastare davvero poco per avere il buon umore. Ma sembra che pochi in questo mondo lo sappiano. Qual è la ricetta della felicità? Cosa ci serve, o cosa ci basta, per essere contenti? Nessuno lo sa. In un mondo egoistico e illogico, dove l'esistenza viene riempita di tutto ciò che non serve, si finisce col perdere di vista ciò che davvero servirebbe. Eppure non serve molto. Anzi, non serve niente. Ed è proprio qui il punto. In una società dove tutto ha un prezzo e ogni cosa ha uno suo ripiano e un suo scaffale, in un mondo dove tutto è merce e l'unico valore che si riconosce è quello di mercato, ecco, in questo grande inganno globale, ciò di cui abbiamo bisogno realmente non si trova in vendita da nessuna parte. Il problema è che se una cosa - e sempre più spesso una persona - non si può comprare allora questa non esiste. Ci si è talmente assuefatti al superfluo e al vacuo che tutto perde di significato. Peccato. Perchè non si riesce più a godere di un cielo limpido e di un sole splendente, di una serata "banale" cinema e birra, di raccontare e farsi raccontare storie e aneddoti di vita, di un pensiero, di un sorriso. Di un sorriso che viene rivolto forse per caso, forse per cortesia, o magari anche senza un motivo preciso, ma che comunque fa piacere ricevere. Specie quando fuori è grigio e tetro, e dentro di sè sono riversate tutte quelle intemperie che fuori ancora non infuriano ma che presto infurieranno. Perchè se la prima cosa che si fa quando ci si alza è scostare la spessa tenda di stoffa dalla finestra per vedere se c'è il sole, la seconda cosa che si fa una volta appurato che quel sole cercato e bramato non c'è è ricordarsi di prendere l'ombrello.

Tuesday, 15 May 2012

Il concorsone

Scopri il personaggio misterioso e vinci il tuo post personalizzato


Lasciate un commento e rispondete alla domanda, e i più bravi e i più fortunati vinceranno un simpatico post con dedica su questo blog. Non sarà un granchè, ma sempre meglio di niente. Dunque rispondete:
Chi è l'artista raffigurato nella foto qui sopra?

A) Lou Reed;
B) Bob Dylan;
C) Vinicio Capossela;
D) Paul McCartney;
E) Ares Tavolazzi;
F) Alessandro Mannarino.

Si può rispondere fino alle ore 12:00 del 23 maggio. I commenti postati oltre questo limite non saranno presi in considerazione.

Monday, 14 May 2012

Breviario

«Uscire dall'euro non è possibile, ma è possibile uscire dall'Unione europea».
Maria Fekter, ministro delle Finanze austriaco, parlando della Grecia (Bruxelles, 14 maggio 2012)

Grecia fuori dall'Euro? L'Ue non l'esclude più

Prima Barroso poi la sua portavoce dicono a chiare lettere che ormai l'ipotesi non è più così remota. Anzi.

di Emiliano Biaggio

   Grecia sì, Grecia no? Grecia nell’Euro o fuori? Da giorni le domande sul futuro del paese ellenico non fanno che ripetersi con una sempre crescente insistenza. Tutti o quasi sono ormai pronti a scommettere che il paese possa abbandonare la moneta unica, e anche in Commissione Europea non sembrano essere più tanto sicuri sul futuro di Atene. Il presidente della stessa Commissione, Josè Manuel Barroso, solo tre giorni fa aveva detto quasi spazientito che «se un membro del club non rispetta le regole è meglio che se ne vada».
   Oggi il copione non cambia. Se da una parte la portavoce di Barroso, Pia Ahrenkilde-Hansen, fa sapere che «vogliamo che il futuro della Grecia sia nell’Euro», dall’altra però lascia intendere che un’Eurozona senza greci può non essere così inevitabile. «Sulla Grecia ci sono diversi interrogativi, e tutte le risposte devono arrivare dalla Grecia. L’auspicio è che le risposte di Atene permettano al paese di rimanere nell’Euro». Parole chiare, che lasciano intendere come in caso di fallimento del piano A, sul tavolo ci sia un piano B che prevede un’Europa a sedici. Certo è che il tema crea non pochi imbarazzi all’esecutivo di Bruxelles. Perché in conferenza stampa Pia Ahrenkilde ha avuto il suo bel da fare per cercare di spostare l’attenzione (e soprattutto le domande dei giornalisti presenti) su altri temi. Ciò non sorprende: dopo tutto questo lavoro sulla Grecia, vertici e riunioni, prestiti e missioni, come fare a spiegare che la Grecia è vicina all’abbandono dell'Euro e la politica Ue su Atene prossima al fallimento?

Friday, 11 May 2012

«Siamo in recessione, serve una risposta forte»

Il commissario europeo per gli Affari economici agli stati: avanti con le riforme.

Olli Rehn, commissario Ue per gli Affari economici
di Emiliano Biaggio

«Siamo in leggera recessione. Le economie torneranno a crescere nelle seconda parte di quest'anno». Olli Rehn, commissario europeo per gli Affari economici e monetari, è preoccupato. I dati mostrano un intero sistema Europa che arranca: Pil che si contraggono più di quanto torneranno a crescere e «la disoccupazione che continua a crescere, soprattutto tra i giovani». Nel presentare le previsioni finanziarie di primavera Rehn non può fare meno di invitare tutti a fare ciascuno la propria parte. «La nostra risposta alla crisi deve essere forte». Un invito a tutti gli stati membri, chiamati a procedere lungo tre direttrici: consolidamento dei bilanci, riforme e finanziamenti strategici. «Accanto a misure fiscali occorrono riforme strutturali, che devono sostenute da investimenti mirati».

Italia, la ripresa è anemica

La commissione europea diffonde le previsioni finanziarie di primavera: aumenterà ancora la disoccupazione, il rapporto deficit Pil raggiungerà il massimo storico del 125,3% e il Pil crescerà, poco, solo dal 2013. Rehn: «Non servono nuove misure»

 di Emiliano Biaggio

Le previsioni di crescita dell'Italia non sono buone. Al contrario, il nostro paese mostra segnali di sofferenza e difficoltà. La ripresa sarà infatti «anemica»: a fine 2012 il Pil registrerà una contrazione dell'1,4%, e nel 2013 la crescita sarà di un modesto 0,4%. Lo rileva la Commissione europea nelle previsioni finanziaria di Primavera, diffuse oggi a Bruxelles. Lo studio dell'Ue prevede per il nostro paese «un'uscita lenta dalla nuova recesione». Un indice della congiuntura non favorevole del periodo è dato dal numero dei senza lavoro, destinato a crescere ancora. «Nel periodo 2012-2013 - rileva l'esecutivo di Bruxelles - il tasso di disoccupazione è atteso in aumento di oltre un punto percentuale rispetto al periodo 2010-2011». A rendere ancor meno roseo il quadro il peggioramento del rapporto deficit/Pil, che a fine anno raggiungerà il 123,5%, per poi tornare a scendere solo con l'arrivo del 2013. Il risultato non preoccupa più di tanto gli addetti ai lavori, che anzi sembravano attendersi uno simile scenario, che si deve «all'inclusione dell'Italia nei meccanismi di firewall dell'area euro». Comunque «grazie all'aumento del surplus primario il rapporto deficit/Pil è atteso in diminuzione a partire dal 2013». Migliorerà però lo stato dei conti pubblici: per il 2012 il debito pubblico generale italiano è stimato in ulteriore diminuzione, attestandosi al 2% del Pil, mentre il surplus primario è atteso in crescita del 3,4%. L'Europa dà comunque fiducia all'Italia. Per il nostro paese «si prevede che un pareggio di bilancio sia raggiunto in termini strutturali grazie alle correzioni aggiuntive per oltre mezzo punto percentuale di Pil».
   «Non c'è bisogno di nuove misure aggiuntive», commenta Olli Rehn, commissario europeo per gli Affari economici e monetari. «L'Italia è sulla buona strada e in linea con le regole del Patto di stabilità e crescita». Per cui il governo di Roma «dovrebbe raggiungere gli obiettivi che si è posta per il 2013», vale a dire il pareggio di bilancio.

Wednesday, 9 May 2012

Il dilemma del Parlamento Ue: troppe audizioni e nessun pc

L'organo legislativo comunitario offre un perfetto esempio di malfunzionamento. Proprio mentre gli eurodeputati discutono di efficienza.

Parlamento europeo, la sede di Bruxelles
di Emiliano Biaggio

In parlamento europeo si lavora. O almeno, ci si prova. Perché tra ordini del giorno stilati male e computer non funzionanti lo svolgimento dell’attività risulta rallentata e certamente non proprio ottimale. L’esempio di questo modello non certo virtuoso, lo fornisce la commissione Trasporti del Parlamento Ue. Per la disperazione del presidente della Commissione, il britannico Brian Simpson (S&D), che alla fine perde tutto il suo tradizione aplomb d’oltre Manica.
   Dopo una mattinata intera passata a chiedere continuamente a ospiti in audizione e deputati di rispettare i tempi, la seduta pomeridiana si apre con la richiesta di rivedere l’organizzazione generale del lavoro. «Per il futuro invito a riconsiderare il modo di lavorare, perché non ritengo si possano condurre le audizioni in questo modo». Il riferimento è all’elevato numero di ospiti, talmente elevato da riservare appena cinque minuti ciascuno. «Prego intanto di aiutarmi nel fare in modo che il dibattito si svolga nel rispetto dei tempi».
   I lavori – aperti da questa introduzione che a qualcuno potrebbe sembrare polemica, ad altri invece solamente di natura pratica – si scontrano però con un’altra dura realtà del legislativo comunitario: l’assenza di mezzi. Ogni persona venuta in audizione ha le proprie slide, ma il computer che permette di proiettarle sul maxischermo presente in aula è uno solo, accanto a un Brian Simpson sempre più rassegnato. «Sembra che ci sia un solo computer in tutto il Parlamento Ue per le diapositive», sbotta a microfoni aperti. «Qui quindi si gioca al gioco della sedia: prego gli ospiti di avvicendarsi velocemente qui al mio fianco».
   In tutto questo si rischia di perdere di vista l’oggetto della discussione: la Commissione trasporti, per l’occasione, lavora a proposte di nuove norme per migliorare le performance degli aeroporti europei. In termini di efficienza, capacità e funzionalità. Quasi un colmo, visto che Simpson – a suo dire – sembra abbia l’unico computer per le slide di tutto il Parlamento europeo.

Tuesday, 8 May 2012

Breviario

«Abbiamo fatto di più in questi ultimi due anni che nei dieci anni precedenti».
Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione europea (Bruxelles, 8 maggio 2012).

Friday, 4 May 2012

Ci sono i cinesi, l'Ue cancella la libertà di stampa

Nel giorno mondiale della libertà di informazione, la Commissione europea non permette che si rivolgano domande agli ospiti.

di Emanuele Bonini (per Eunews)

La Commissione europea non garantisce trasparenza e libertà di stampa, nel nome di altri valori, che evidentemente vengono prima, quando sono in discussione i rapporti con un partner importante come la Cina. Da ieri i portavoce dell’esecutivo comunitario sono sotto attacco per alcune decisioni che fanno discutere e che sono destinate a far parlare ancora. Proprio in occasione della Giornata Mondiale della libertà di stampa Jose Manuel Barroso, presidente della Commissione, riceve Li Keqiang, vice primo ministro della Cina, repubblica popolare per definizione ma assai meno popolare in fatto di libertà di stampa. E, come con i cinesi capita, e solo con loro, nessuna conferenza stampa è nell’agenda della Commissione nonostante l’ufficialità della visita. (leggi tutto)

Thursday, 3 May 2012

Groenlandia, la strada tortuosa dell’autonomismo

Da colonia norvegese a possedimento danese, solo nel 1979 ha iniziato ad avere libertà proprie. Nella Cee dal 1973 al 1985, la breve panoramica su un paese improvvisamento riscoperto.

di Maria Chiara Rizzo (per frontierenews.it)

La Groenlandia è un’immensa isola con una popolazione di circa 57 mila abitanti concentrati prevalentemente sulla fascia costiera di un territorio che per estensione è pari a sette volte quello italiano. Formalmente ancora provincia della Danimarca, nel 1979 l’isola ha ottenuto lo status di contea d’oltremare, seppur con limitata autonomia, e la possibilità di dotarsi di un proprio parlamento. La Danimarca mantiene la propria egida di controllo in materia di finanze, politica estera e difesa e provvede all’erogazione di sussidi per un ammontare pari a un terzo del reddito della grande isola, oltre a costituirne il principale partner commerciale.
La Groenlandia è stata una colonia della Corona Norvegese prima di passare sotto il controllo della Danimarca nel 1814. Soltanto nel 1979, inseguito a una legge approvata l’anno precedente, è stata concessa all’isola una particolare forma di indipendenza e di autogoverno, in virtù del quale ha deciso di non far parte dell’Unione Europea a differenza dello stato nordeuropeo, pur continuando a riconoscere Margaret II di Danimarca capo di stato. Successivamente, il 25 novembre 2008, il 76% della popolazione groenlandese ha votato sì al referendum che prevedeva una maggiore autonomia della Groenlandia dalla Danimarca. Gli isolani hanno accolto positivamente l’approvazione del referendum che ha riconosciuto loro il diritto all’autodeterminazione e ha consacrato l’Inuit – anche groenlandese- lingua ufficiale, declassando, per così dire, il Danese considerato secondo idioma del Paese.
Il tutto non si esaurisce qui. L’autonomia sancita dal referendum trasferisce al governo locale competenze in ambito legislativo, giudiziario e, forse più importante, nella gestione delle copiose risorse naturali. Solo il 21 giugno 2009, sei mesi dopo il referendum, quando la corona danese ne ha riconosciuto l’applicazione a tutti gli effetti, la popolazione di etnia inuit – che rappresenta la stragrande maggioranza degli abitanti dell’isola- ha potuto festeggiare ed ufficializzare il giorno di indipendenza nazionale. Una secessione per niente dolorosa per gli indigeni della grande isola alle falde del circolo polare artico, sancita da un passaggio di consegne pacifico, ma che, secondo alcuni analisti, presto rivelerà la sua arma a doppio taglio e il suo lato non indolore.
Le sfide che si aprono all’orizzonte sono molteplici. Gli isolani si ritrovano nelle loro mani una ricchezza inestimabile, fatta di oro, diamanti, zinco e tante altre materie prime preziose. La domanda è: saranno in grado di gestirle al meglio, senza incappare in giochi di potere internazionali e garantendo la sostenibilità per la preservazione dell’ambiente naturale? Il sottosuolo della Groenlandia custodisce un tesoro inesplorato. Oltre alle tantissime materie preziose, l’isola è caratterizzata da una forte abbondanza di uranio, rarissimo nelle altre parti del mondo. E che dire delle ragguardevoli quantità di petrolio che fanno venire l’acquolina in bocca soprattutto ai vicini Stati Uniti, Russia e Canada, gettando la grande isola tra le grinfie degli interessi economici di potenze mondiali. L’oro nero potrebbe indurre diversi Paesi a corteggiare la Groenlandia, mentre l’isola si avvantaggerebbe di una nuova ed importante fonte di reddito, andando a sostituire la pesca che da sola costituiva più del 90% delle esportazioni. Le nuove materie prime potrebbero portare alla parziale risoluzione del problema che riguarda l’esigenza di diversificare l’economia.
Da angolo inospitale del pianeta, essendo il suo territorio costituito per circa l’80% da ghiacciai, a miniera inesplorata e potenziale preda di feroci predatori. E, come se non bastasse, tutto ciò si aggiunge alle incombenti sfide interne di ordine sociale, quali disoccupazione, alcolismo, violenze domestiche, Aids e alto tasso di suicidi.

Wednesday, 2 May 2012

La Groenlandia "cede" le sue ricchezze all'Ue

Siglato un accordo che impegnerà l'Europa ad aiutare l'isola a sfruttare le risorse naturali, in cambio di ritorni commerciali. Dopo l'esperienza Cee un nuovo patto economico. In chiave anti-cinese.

 di Emiliano Biaggio

La Groenlandia entra a far parte dell'Unione europea, non come paese membro ma come partner commerciale strategico. L'isola, ancora dipendente dalla Danimarca, ha uno statuto tutto speciale che la rende indipendente sotto molti punti di vista, basti pensare che non fa parte dell'Ue. Ma soprattutto, per effetto del referendum del 25 novembre 2008, la Groenlandia oltre al diritto di autodeterminazione e riconoscimento come popolo, ha il diritto di gestire le proprie risorse naturali. Il governo locale di Nuuk e l'Ue hanno sottoscritto un accordo in base al quale l'Unione europea aiuterà l'isola dell'artico nella ricerca, estrazione e trasformazione delle risorse in cambio di rapporti commerciali privilegiati. La singolarità dell'accordo sta nel fatto che per la prima volta la Groenladia sottoscrive accordi internazionali senza doversi consultare con le autorità danesi di Copenhagen.
   Oggi, ricorda il commissario europeo per l'Industria, Antonio Tajani, «la Groenlandia basa tutta la propria economia sulla pesca pur essendo un paese ricchissimo di materie prime». Oro, diamanti, zinco, uranio e terre rare (minerali usati per fibre ottiche, superconduttori e componentistica per veicoli ibridi), acqua, sono solo una parte del tesoro naturale della Groenlandia ancora tutto da scoprire. Le temperature rigide (anche inferiori ai -60°) e il ghiaccio rendono infatti difficile attività all'aperto e la perforazione del suolo. La partnership Groenlandia-Ue dovrà servire quindi a dare avvio a una nuova fase dell'isola-continente, che ha scelto la via dell'Ue per i legami storico-politici: prima di far parte della Danimarca è stata colonia norvegese, e per 13 anni - dal 1973 al 1985 - ha fatto parte della Cee, la Comunità economica europea. Ma la scelta è dettata anche da ragioni geopolitiche: alla Groenlandia è infatti interessata anche la Cina, alla ricerca costante di materie prime - soprattutto uranio, di cui la Groenlandia come detto è ricca - e in continua espansione verso ogni mercato mondiale dove poter concludere affari vantaggiosi. Le autorità groenlandesi, temendo che la Cina potesse spogliare il paese delle risorse e lo potessero deturpare dal punto di vista ambientale, hanno preferito rivolgersi all'Ue. Il 14 giugno una prima delegazione europea sarà nella capitale groenlandese per i primi sopralluoghi. L'accordo firmato riguarda attività estrattive lungo la costa sud-orientale, quella che si affaccia cioè sulla Norvegia e sul mar di Barents.

Tuesday, 1 May 2012

AS Grifondoro, maggica giallo-rossa

La storia della storia del quidditch diventa un fumetto

 La popolarità del Grifondoro non si discute (anche perchè qualche tifoso più permaloso e più suscettibile del normale potrebbe trasformarmi in rospo), e la passione attorno alla squadra giallo-rossa è seconda solo a... Beh, ci siamo capiti. La popolarità della formazione di quidditch guidata da Potter è tale da generare un business con prodotti di merchandising, come già visto in precedenza, senza precedenti nella storia di Hogwarts e del quidditch. Ma adesso il Grifondoro è divenuto talmente leggendario da essere l'oggetto di un'opera a fumetti che ripercorre le gesta dei giocatori in giallo-rosso, come si può vedere dalla vignetta qui accanto. Pensata soprattutto per un pubblico di giovanissimi, la pubblicazione ripercorre l'intera epopea sportiva della squadra dalla sua fondazione fino ai giorni nostri, attraverso i campioni e le partite che ne hanno fatto la storia. Un'opera magica per una squadra magica, in tutti i sensi. Disponibile in tutti i Gryffindor store di Hogwarts e di Diagon Alley.

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