Sunday, 29 December 2013
Works are ongoing on this website to turn Emiliano Biaggio to english. It will require time to have evey single page in english, so we have to say the new blog is under construction. However at the end of the work some sections could remain untranslated, such as DIARIO DI BIAGGIO. It's the decision of the author to give the possibility to the old public still a useful suggestions. Further information will be provided once the website will be not under construction anymore.
Monday, 23 December 2013
Juncker ironizza su Berlusconi
«Mi ricordo di lui quando aveva il passaporto»
di Emiliano Biaggio
Jean-Claude Juncker è noto per il suo stile e per la sua sottile ironia. L'ex primo ministro lussemburghese e l'ex presidente dell'Eurogruppo, oggi leader dell'opposizione in patra e - si dice - aspirante al ruolo di presidente del Consiglio europeo, ha sempre avuto un modo tutto suo di dire le cose. E lo ha dimostrato anche in occasione del vertice dei capi di Stato e di governo del Ppe, partito in cui si collocano Forza Italia e Nuovo centro destra. Per ques'ultimo c'era Alfano, per il primo voleva esserci Berlusconi, ma la condanna e il conseguente ritiro di passaporti e documenti per l'espatrio gli lo hanno impedito. Juncker fa finta di cadere dalle nuvole. «Nessuno mi ha informato del motivo per cui non e venuto», ha dichiarato Juncker alla stampa arrivando per la riunione del Ppe. Come se l'uomo tanto attento alle vicende europee non avesse letto i giornali negli ultimi mesi, che di Berlusconi hanno scritto e riscritto. Berlusconi non può venire perchè non può espatriare? «Non lo sapevo», risponde ancora Juncker. «Mi ricordo di lui quando aveva il passaporto».
Jean-Claude Juncker |
Jean-Claude Juncker è noto per il suo stile e per la sua sottile ironia. L'ex primo ministro lussemburghese e l'ex presidente dell'Eurogruppo, oggi leader dell'opposizione in patra e - si dice - aspirante al ruolo di presidente del Consiglio europeo, ha sempre avuto un modo tutto suo di dire le cose. E lo ha dimostrato anche in occasione del vertice dei capi di Stato e di governo del Ppe, partito in cui si collocano Forza Italia e Nuovo centro destra. Per ques'ultimo c'era Alfano, per il primo voleva esserci Berlusconi, ma la condanna e il conseguente ritiro di passaporti e documenti per l'espatrio gli lo hanno impedito. Juncker fa finta di cadere dalle nuvole. «Nessuno mi ha informato del motivo per cui non e venuto», ha dichiarato Juncker alla stampa arrivando per la riunione del Ppe. Come se l'uomo tanto attento alle vicende europee non avesse letto i giornali negli ultimi mesi, che di Berlusconi hanno scritto e riscritto. Berlusconi non può venire perchè non può espatriare? «Non lo sapevo», risponde ancora Juncker. «Mi ricordo di lui quando aveva il passaporto».
Saturday, 21 December 2013
Voilà l'adaptation autorisée d'un roman culte. En fait c’est l’auteur - Ray Bradbury - qui a autorisé l’adaptation et il y a même collaboré. La préface du livre est écrit par Bradbury en persone. Le livre a été publié en 2009. Il s'agit de une œuvre contemporaine à découvrir. Je l'ai découvert dans un des plusieurs magasins de livres et des bandes dessinées qui se trouvent à Bruxelles. Cette publication permet aussi de découvrir le graphisme de Tim Hamilton, sa narration graphique e se style.
Wednesday, 18 December 2013
bLOGBOOK
Il Natale ha sempre un'atmosfera tutta sua. E' diversa. E non parlo di quello che uno sente nel proprio animo, ma di quello che uno percepisce tutto intorno. E' una festa, e il clima di festa si riconosce sempre. Le strade sono lì a ricordarlo: festoni, luci dai mille colori, addobbi di ogni forma e dimensione. E poi le vetrine: diventa difficile capire cosa sia in esposizione, se i disegni che coprono la superficie in vetro o i prodotti dietro di essa. Il centro pulsa di vita, come sempre. Un'unica grande processione di adorazione del consumismo. Adorazione, già. Perchè molti quest'anno compreranno meno o non compreranno affatto, e resteranno a guardare i negozi bramando ciò che è stato loro negato. Buona crisi! I mendicanti ricercano negli interminabili passanti i loro Babbo Natale, aspettando di poter scartare nuove monetine da dentro i cappelli adagiati per terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano! Per le strade anche la musica è quella del Natale. Le solite canzoni sparate dagli altoparlanti comunali hanno il compito di ricordare che tutto va bene, e che siamo tutti più buoni. A Natale nessuno uccide, nessuno ruba, nessuno dichiara guerra, nessuno sfrutta nessuno. Ma solo perchè siamo occupati a mangiare il panettone, e solo perchè siamo cristiani. I musulmani che non festeggiano come noi, loro a differenza nostra non sono più buoni. Non è un caso se i terroristi sono islamici. Buona ipocrisia a tutti. Per fortuna non ci sono solo gli altoparlanti cittadini a inondare le vie di suoni e note. Ci sono anche tanti suonatori di strada e piccole orchestrine improvvisate. Ognuno racconta il suo Natale, le mille anime di un'umanità che si manifesta per ciò che rende umani: le emozioni, le passioni, le sofferenze. Un quartetto cattura i passanti con ritmi gioiosi, un violinista rapisce per le sue arie romantiche, un fisarmonicista incanta per le sue sonate malinconiche, un chitarrista esegue composizioni struggenti. La varietà delle colonne sonore di queste feste ricorda che per molti da festeggiare c'è ben poco. Un gestore di uno dei mille chioschi sistemati attorno al palazzo della borsa propone allora una pagana celebrazione del Natale innalzando il volume di Atom Heart Mother. Buon ascolto! La piazza maggiore ha allestito come di consueto il caratteristico presepe con statue a grandezza naturale e animali da stalla veri. Per un ateo un'opera notevole. Une qualunque credente saprebbe apprezzare l'accostamento tra il vero e il non vero? Tra il reale e l'irreale? Il museo Magritte non ha addobbi nè illuminazioni. Ceci n'est pas un Noel. Auguri.
Tuesday, 17 December 2013
Pensioni esentasse per le prostitute olandesi
La proposta di Wil Post, avvocato di Utrecht e gestore di un centro a luci rosse
(fonte: asca)
Nei Paesi Bassi le prostitute siano equiparate ai calciatori professionisti, almeno per quanto riguarda i vantaggi del sistema pensionistico. Wil Post, un avvocato e proprietario di un centro a luci rosse a Utrecht, ha inviato una richiesta formale alle autorità fiscali per ottenere che le proprie dipendenti possano godere dei vantaggi pensionistici previsti per i calciatori. Vale a dire, cioè, la possibilità di aprire un fondo esentasse dove poter depositare fino a cinquemila euro al mese. «Calciatori e prostitute fanno entrambi un lavoro fisico molto duro e non possono mantenere la propria attività per tutta la vita», ha spiegato Post. «Del resto, gli uomini preferiscono le giovani donne e per ogni prostituta c'è dunque un momento in cui non si riesce più a lavorare». In questo senso, secondo Post, tutte le giovani "lucciole" olandesi dovrebbero essere tutelate. Nei Paesi Bassi l'esercizio della prostituzione non è mai stato reato e nel 2000 un nuovo pacchetto di leggi ha regolamentato la materia. Le prostitute oggi hanno accesso alla previdenza sociale, possono riunirsi in sindacati e devono pagare le tasse.
Una strada a luci rosse |
Nei Paesi Bassi le prostitute siano equiparate ai calciatori professionisti, almeno per quanto riguarda i vantaggi del sistema pensionistico. Wil Post, un avvocato e proprietario di un centro a luci rosse a Utrecht, ha inviato una richiesta formale alle autorità fiscali per ottenere che le proprie dipendenti possano godere dei vantaggi pensionistici previsti per i calciatori. Vale a dire, cioè, la possibilità di aprire un fondo esentasse dove poter depositare fino a cinquemila euro al mese. «Calciatori e prostitute fanno entrambi un lavoro fisico molto duro e non possono mantenere la propria attività per tutta la vita», ha spiegato Post. «Del resto, gli uomini preferiscono le giovani donne e per ogni prostituta c'è dunque un momento in cui non si riesce più a lavorare». In questo senso, secondo Post, tutte le giovani "lucciole" olandesi dovrebbero essere tutelate. Nei Paesi Bassi l'esercizio della prostituzione non è mai stato reato e nel 2000 un nuovo pacchetto di leggi ha regolamentato la materia. Le prostitute oggi hanno accesso alla previdenza sociale, possono riunirsi in sindacati e devono pagare le tasse.
AS Grifondoro, maggica giallo-rossa
Chiarimenti
Chiariamo subito una cosa: l'immagine qui di fianco non ha nulla a che vedere con il mondo babbano. Si tratta dell'immagine di una vetrata della scuola di magia di Hogwarts, che raffigura due delle quattro case: Grifondoro e Corvonero. A parte il fatto che è chiarito sotto, dall'iscrizione del nome delle case, lo capirebbe chiunque. Tranne un babbano, ovviamente. Che infatti pensa si tratti di una volgare contrapposizione degli emblemi di Roma e Lazio. Nulla di tutto ciò, per quanto la Roma abbia in comune con il Grinfondoro i colori e il fatto che sia magica. Magica per definizione, mica nel senso vero del termine. E poi questa Lazio cos'è?
Chiariamo subito una cosa: l'immagine qui di fianco non ha nulla a che vedere con il mondo babbano. Si tratta dell'immagine di una vetrata della scuola di magia di Hogwarts, che raffigura due delle quattro case: Grifondoro e Corvonero. A parte il fatto che è chiarito sotto, dall'iscrizione del nome delle case, lo capirebbe chiunque. Tranne un babbano, ovviamente. Che infatti pensa si tratti di una volgare contrapposizione degli emblemi di Roma e Lazio. Nulla di tutto ciò, per quanto la Roma abbia in comune con il Grinfondoro i colori e il fatto che sia magica. Magica per definizione, mica nel senso vero del termine. E poi questa Lazio cos'è?
Monday, 16 December 2013
«Con pace Israele-Anp pronti aiuti speciali»
La mossa diplomatica dei ministri degli Esteri dei ventotto paesi membri per facilitare la soluzione della questione arabo-israeliana
di Emiliano Biaggio
La pace in Medio Oriente passa anche per l'Europa. L'Ue ha messo sul piatto un pacchetto di incentivi economico-commerciali per far gola a israeliani e palestinesi: in cambio di un accordo di pace e una convivenza pacifica all'interno di una soluzione a due stati si è pronti a fare dei due soggetti dei partner privilegiati. E' l'ultimo atto, tanto nuovo quanto disperato, di una vicenda che troppe volte è stata vicina a una conclusione senza mai giungervi. Oggi l'Europa forza la mano e tenta la via della contropartita economica. «Nel caso di un accordo finale l'Unione europea concederà a Israele e al futuro stato palestinese una speciale partnership privilegiata comprendente un più ampio accesso al mercato europeo, maggiori legami scientifici, agevolazioni commerciali e per gli investimenti». E' una dichiarazione ufficiale, messa nero su bianco, appositamente redatta dai ministri degli Esteri dei ventotto membri dell'Ue per sbloccare le trattative. Si tratta dell'offerta di «un pacchetto economico e di sicurezza senza precedenti a entrambe le parti», sottolineano i ministri europei. Se israeliani e palestinesi intendono beneficiare di tale proposta le due parti in causa dovranno pervenire a un accordo definitivo e «duraturo». Questo implica per lo stato ebraico lo stop alla realizzazione di insediamenti, «che sono illegali per il diritto internazionale e costituiscono un ostacolo alla pace», mentre per l'Anp vuol dire astenersi dall'incitare alla violenza nei territori occupati.
fonte foto: The Guardian |
La pace in Medio Oriente passa anche per l'Europa. L'Ue ha messo sul piatto un pacchetto di incentivi economico-commerciali per far gola a israeliani e palestinesi: in cambio di un accordo di pace e una convivenza pacifica all'interno di una soluzione a due stati si è pronti a fare dei due soggetti dei partner privilegiati. E' l'ultimo atto, tanto nuovo quanto disperato, di una vicenda che troppe volte è stata vicina a una conclusione senza mai giungervi. Oggi l'Europa forza la mano e tenta la via della contropartita economica. «Nel caso di un accordo finale l'Unione europea concederà a Israele e al futuro stato palestinese una speciale partnership privilegiata comprendente un più ampio accesso al mercato europeo, maggiori legami scientifici, agevolazioni commerciali e per gli investimenti». E' una dichiarazione ufficiale, messa nero su bianco, appositamente redatta dai ministri degli Esteri dei ventotto membri dell'Ue per sbloccare le trattative. Si tratta dell'offerta di «un pacchetto economico e di sicurezza senza precedenti a entrambe le parti», sottolineano i ministri europei. Se israeliani e palestinesi intendono beneficiare di tale proposta le due parti in causa dovranno pervenire a un accordo definitivo e «duraturo». Questo implica per lo stato ebraico lo stop alla realizzazione di insediamenti, «che sono illegali per il diritto internazionale e costituiscono un ostacolo alla pace», mentre per l'Anp vuol dire astenersi dall'incitare alla violenza nei territori occupati.
Draghi: «I governi procedano con le riforme»
Il presidente della Bce in Parlamento europeo: «La politica monetaria non può soppiantare i governi inerti»
di Emiliano Biaggio
La Bce continuerà a fare tutto il necessario per garantire la stabilità monetaria e quella dei mercati, ma i governi non devono esimersi dal compiere le riforme. In altre parole, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. E' il messaggio che Mario Draghi lancia ai paesi dell'Euro in occasione del dialogo economico in Parlamento europeo, l'ultimo dell'anno e il penultimo prima della fina della legislatura. «Le politiche economiche dei paesi hanno un effetto contagio sugli altri paesi», avverte il presidente della Banca centrale. «Se non si faranno le riforme strutturali ci saranno effetti negativi su tutti gli altri paesi dell'area Euro». E sono gli stati a dover compiere le riforme. «I governi ne sono i responsabili ultimi». E' un qualcosa che non compete a soggetti terzi, ribadisce il numero uno dell'Eurotower, che striglia i membri di Eurolandia. «La politica monetaria non può fare tutto. Non può soppiantare i governi interti che non vogliono fare le riforme, non può correggere i bilanci». Se oggi le cose vanno meglio, ricorda Draghi, il merito è dell'intervento e delle politiche di Francoforte. «La ripresa della domanda interna si deve grazie alla nostra politica accomodante, e la nostra politica monetaria sarà accomodante per tutto il tempo necessario». Ma non finisce qui. Per continuare a garantire la stabilità monetaria «siamo pronti a considerare tutti gli strumenti che si impongono». Dichiarazioni, sottolinea Draghi, che stanno a ricordare che in questi anni «la Bce ha fatto molto e rimane pronta ad agire». Ma la Banca centrale, in cambio, chiede anche gli sforzi dei governi. «Servono altre azioni da parte di altri», bacchetta Draghi. «Sono necessarie le politiche adeguate per dimostrare che l'Europa ce la può fare da sola, perchè non si possono avere creditori costanti». Le rifome e il consolidamento sono dunque ineludibili, anche perchè «non può esserci crescita sostenbile generando debito all'infinito».
Mario Draghi |
La Bce continuerà a fare tutto il necessario per garantire la stabilità monetaria e quella dei mercati, ma i governi non devono esimersi dal compiere le riforme. In altre parole, ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. E' il messaggio che Mario Draghi lancia ai paesi dell'Euro in occasione del dialogo economico in Parlamento europeo, l'ultimo dell'anno e il penultimo prima della fina della legislatura. «Le politiche economiche dei paesi hanno un effetto contagio sugli altri paesi», avverte il presidente della Banca centrale. «Se non si faranno le riforme strutturali ci saranno effetti negativi su tutti gli altri paesi dell'area Euro». E sono gli stati a dover compiere le riforme. «I governi ne sono i responsabili ultimi». E' un qualcosa che non compete a soggetti terzi, ribadisce il numero uno dell'Eurotower, che striglia i membri di Eurolandia. «La politica monetaria non può fare tutto. Non può soppiantare i governi interti che non vogliono fare le riforme, non può correggere i bilanci». Se oggi le cose vanno meglio, ricorda Draghi, il merito è dell'intervento e delle politiche di Francoforte. «La ripresa della domanda interna si deve grazie alla nostra politica accomodante, e la nostra politica monetaria sarà accomodante per tutto il tempo necessario». Ma non finisce qui. Per continuare a garantire la stabilità monetaria «siamo pronti a considerare tutti gli strumenti che si impongono». Dichiarazioni, sottolinea Draghi, che stanno a ricordare che in questi anni «la Bce ha fatto molto e rimane pronta ad agire». Ma la Banca centrale, in cambio, chiede anche gli sforzi dei governi. «Servono altre azioni da parte di altri», bacchetta Draghi. «Sono necessarie le politiche adeguate per dimostrare che l'Europa ce la può fare da sola, perchè non si possono avere creditori costanti». Le rifome e il consolidamento sono dunque ineludibili, anche perchè «non può esserci crescita sostenbile generando debito all'infinito».
Friday, 13 December 2013
Italiani per definizione
L'Ue: «Alzare l'età pensionabile»
La richiesta contenuta nelle conclusioni dei capi di Stato e di governo dei paesi membri. Che gli stessi governi firmerranno.
di Emiliano Biaggio
La ricetta anticrisi è costringere chi ha un lavoro a lavorare ancora di più. Si può anche leggere così la proposta elaborata in ambienti comunitari in queste ore. A una settimana dal vertice del Consiglio europeo, la riunione dei capi di Stato e di governo del paesi membri dell'Ue, gli sherpa - con il benestare dei governi, si intende - hanno scritto nelle conclusioni che «le riforme nel mercato del lavoro sono cruciali». Le conclusioni sono il documento che i leader sottoscrivono. Ebbene, se tutti rimane com'è nella bozza, i leader sottoscriveranno che le riforme «cruciali» e dunque inevitabili da compiere sono «la detassazione del lavoro, l'aumento dell'età pensionabile, l'aumento salariale coerente con i guadagni di produttività, l'aumento della mobilità del mercato». Insomma, chi ha un lavoro è condannato a tenerselo a vita e chi non ne ha uno è condannato a non averne mai uno, un po' per la crisi un po' perchè chi è già in avanti con l'età lavorativa continuerà a non andare in pensione e a non liberare posti di lavoro». Se questo sarà l'esito del Consiglio europeo sarà difficile, per gli euroscettici, non dire che l'Europa lascia davvero a desiderare.
di Emiliano Biaggio
La ricetta anticrisi è costringere chi ha un lavoro a lavorare ancora di più. Si può anche leggere così la proposta elaborata in ambienti comunitari in queste ore. A una settimana dal vertice del Consiglio europeo, la riunione dei capi di Stato e di governo del paesi membri dell'Ue, gli sherpa - con il benestare dei governi, si intende - hanno scritto nelle conclusioni che «le riforme nel mercato del lavoro sono cruciali». Le conclusioni sono il documento che i leader sottoscrivono. Ebbene, se tutti rimane com'è nella bozza, i leader sottoscriveranno che le riforme «cruciali» e dunque inevitabili da compiere sono «la detassazione del lavoro, l'aumento dell'età pensionabile, l'aumento salariale coerente con i guadagni di produttività, l'aumento della mobilità del mercato». Insomma, chi ha un lavoro è condannato a tenerselo a vita e chi non ne ha uno è condannato a non averne mai uno, un po' per la crisi un po' perchè chi è già in avanti con l'età lavorativa continuerà a non andare in pensione e a non liberare posti di lavoro». Se questo sarà l'esito del Consiglio europeo sarà difficile, per gli euroscettici, non dire che l'Europa lascia davvero a desiderare.
Wednesday, 11 December 2013
In Parlamento Ue passa la linea anti-abortista
Approvato un testo Ppe-Ecr che chiedeva il ritiro di un provvedimento a sostegno dell'interruzione della gravidanza
di Emiliano Biaggio
L'Unione europea non difende l'aborto: la questione è di competenza nazionale, e dunque spetta ai singoli stati decidere se e come riconoscerlo. Lo ha stabilito l'Aula del Parlamento europeo, che ha approvato un testo presentato dai gruppi Ppe (conservatori) ed Ecr (conservatori britannici), in cui si chiedeva il ritiro della proposta di risoluzione Estrela (S&D) sulla salute e i diritti sessuali riproduttivi. La richiesta Ppe-Ecr è passata per appena 7 voti (334 sì, 327 no, 35 astenuti), facendo decadere il testo pro-aborto. Quello che la risoluzione Estrela intendeva fare era “garantire che i professionisti sanitari che praticano l'aborto e svolgono servizi connessi all'aborto non siano perseguibili o penalizzati in virtù di strumenti di diritto penale per aver prestato tali servizi”. Inoltre il testo invitava ad “attuare politiche e misure atte a prevenire il ricorso all'aborto per ragioni sociali ed economiche e a sostenere le madri e le coppie in difficoltà”. Ancora, lo stesso testo intendeva "assicurare che l'insegnamento dell'educazione sessuale sia obbligatorio per tutti gli alunni nelle scuole primarie e secondarie e che a questa materia sia dedicato sufficiente spazio nei programmi scolastici”. Tutto questo non sarà possibile, e l'Ue perde l'occasione di dare esempio di modernità e attenzione verso questioni femminili. La relatrice della proposta di risoluzione grida "vergogna" per quanto accaduto in Aula. Il tema dell'aborto da sempre divide. Noi ci sentiamo di dare ragione all'onorevole Estrela.
Aborto e polemica. "E' peccato mortale". "E' una mia decisione". |
L'Unione europea non difende l'aborto: la questione è di competenza nazionale, e dunque spetta ai singoli stati decidere se e come riconoscerlo. Lo ha stabilito l'Aula del Parlamento europeo, che ha approvato un testo presentato dai gruppi Ppe (conservatori) ed Ecr (conservatori britannici), in cui si chiedeva il ritiro della proposta di risoluzione Estrela (S&D) sulla salute e i diritti sessuali riproduttivi. La richiesta Ppe-Ecr è passata per appena 7 voti (334 sì, 327 no, 35 astenuti), facendo decadere il testo pro-aborto. Quello che la risoluzione Estrela intendeva fare era “garantire che i professionisti sanitari che praticano l'aborto e svolgono servizi connessi all'aborto non siano perseguibili o penalizzati in virtù di strumenti di diritto penale per aver prestato tali servizi”. Inoltre il testo invitava ad “attuare politiche e misure atte a prevenire il ricorso all'aborto per ragioni sociali ed economiche e a sostenere le madri e le coppie in difficoltà”. Ancora, lo stesso testo intendeva "assicurare che l'insegnamento dell'educazione sessuale sia obbligatorio per tutti gli alunni nelle scuole primarie e secondarie e che a questa materia sia dedicato sufficiente spazio nei programmi scolastici”. Tutto questo non sarà possibile, e l'Ue perde l'occasione di dare esempio di modernità e attenzione verso questioni femminili. La relatrice della proposta di risoluzione grida "vergogna" per quanto accaduto in Aula. Il tema dell'aborto da sempre divide. Noi ci sentiamo di dare ragione all'onorevole Estrela.
Monday, 9 December 2013
Breviario
«Il nazionalismo estremo, la xenofobia e il razzismo, questi sono valori negativi».
Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione europea (Milano, 9 dicembre 2013)
Josè Manuel Barroso, presidente della Commissione europea (Milano, 9 dicembre 2013)
Friday, 6 December 2013
bLOGBOOK
Trashy Christmas
"La-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi". E' stato il ritornello di una vita. In realtà appena pochi, anni ma sembra passata un'eternità. Anche perchè se uno li conta ha difficoltà a dire se sono quattro o cinque di anni. E quando uno comincia a non ricordare le cose può vuol dire solo due cose: o è passato davvero tanto tempo, o si inizia a invecchiare. O magari entrambe le cose. Ma non è questo il caso. E' vero che un po' di tempo è passato e il numero degli anni è aumentato, ma la voglia di stare al mondo no. E con essa neppura la voglia di sentirsi giovani. Giovani, già. E' la storia di quattro giovani quella che si conclude. Quattro giovani, quattro personaggi in cerca d'autore, per prendere in prestito un'espressione letteraria più nobile di questo semplice e umile post. Quattro personaggi in cerca di una serata dove passare un Natale diverso, un Natale fuori dagli schemi. E col senno di poi di schemi ne avrebbero rotti quei quattro giovani. Solo che allora non lo sapevano. "Pasqua con chi vuoi e Natale con i tuoi", recita il detto. In realtà l'ordine è invertito, ma a noi serve porre l'accento sul "Natale con i tuoi". Tanto il concetto del detto non cambia. Natale in genere si passa in famiglia, con i parenti. La sera del 24 solo con i propri genitori, o fratelli o sorelle se se ne hanno, e poi il 25 con tutti i parenti. Zii, cugini, nonni, nipoti... Tutti quanti. Per l'occasione, in questo giorno dell'anno tutta la famiglia intera si ritrova attorno a un tavolo. E' l'occasione per stare insieme, e riabbracciare persone che durante il resto dell'anno non si sono mai viste, al massimo si sono sentite un paio di volte per telefone. Ma fa parte del Natale. In fondo la sacra famiglia sta a ricordarci quanto sia importante la famiglia, anche se non si hanno figlio speciali. Che poi tutti i figli sono speciali agli occhi dei propri genitori. Eppure quei quattro giovani, la sera di Natale di quattro o cinque anni fa, ruppero con la tradizione e uscirono di casa. Abbandonando panettoni e soprattutto parenti. Perchè se tutti quegli zii, cugini, cognati, nonni, nipoti si vedono solo una volta nel corso dell'anno, un motivo ci sarà. Ma questa è un'altra storia. La nostra storia, che poi è la storia di quattro giovani, narra di una parabola natalizia, di una slitta a motore trainata da cavalli, da cavalli vapore intendo, che anzichè solcare i cieli ha attraversato le strade deserte dei piccoli paesini di provincia, racchiusi nei confini familiari. Eh, già. E' dura la notte di Natale per chi non ha una casa. Non c'è un solo posto aperto dove poter stare. Sarà per questo che quel povero figlio dovette passare la notte in una stalla e venire al mondo in quel modo. Beh, quei quattro alla fine la loro destinazione la trovarono. La trovarono eccome. Era il più improbabile buco di tutto il circondario, con il bagno più sudicio che si fosse mai visto. Talmente sudicio che lo ricordano ancora oggi. Non i quattro giovani, non solo loro almeno. Ma tutti. E quanto dico tutti intendo proprio tutti. Era un ricovero per bisognosi, quello. Trentenni disperati e adolescenti abbandonati: questa era la clientela. Del resto la sera di Natale che razza di gente può andarsene in giro a brindare lasciando la famiglia a casa? Forse chi non ce l'ha una famiglia. O una casa. Ma a loro non importava. Quei quattro avevano il loro dannato pub, la loro birra e la loro allegria. E anche quella dannata voglia di dire "fanculo, fanculo a tutti". Oh, non lo dicevano. Ma lo si poteva leggere nei loro occhi. E giù con i cori. "La-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi". E giù con la birra. Fu un'esperienza unica quella. Fu il loro "trashy Christmas". Un Natale trash. Fu un'esperienza talmente unica che decisero che l'avrebbero ripetuta, che ne avrebbero fatto un appuntamento fisso. E così fu. Presero a vedersi in quello stesso identico posto tutti gli anni, per avere tutti gli anni il loro "trashy Christmas". E il numero dei commensali ogni anno aumentava sempre di più. E dietro i loro brindisi "la-la-la-la-la-brindisi" si poteva cogliere il vero messaggio di tutta quella storia. Nonostante tutto siamo ancora qua. Era questo il messaggio. Nonostante tutto questo siamo ancora qua. Un appuntamento a cosa serve? A fare in modo che delle persone si possano incontrare. Nulla di più semplice. E fanculo il resto. Il resto non conta. Non conta in quelle circostanze lì, almeno. Ma le storie finiscono, anche quelle belle. Soprattutto quelle belle. In genere, per qualche strano motivo, sono anche quelle che finiscono prima. E così anche questa storia è finita. Quel luogo di incontri non c'è più. Chiuso, sparito, cancellato. E col tempo, credetemi, verrà anche dimenticato. Ma quei quattro lì, oh!, loro no. Loro non lo dimenticheranno. Anzi, a dire il vero lo stanno già cercando. Buona ricerca, ragazzi. A loro buon Natale non si addice. Meglio augurare loro buona ricerca.
"La-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi". E' stato il ritornello di una vita. In realtà appena pochi, anni ma sembra passata un'eternità. Anche perchè se uno li conta ha difficoltà a dire se sono quattro o cinque di anni. E quando uno comincia a non ricordare le cose può vuol dire solo due cose: o è passato davvero tanto tempo, o si inizia a invecchiare. O magari entrambe le cose. Ma non è questo il caso. E' vero che un po' di tempo è passato e il numero degli anni è aumentato, ma la voglia di stare al mondo no. E con essa neppura la voglia di sentirsi giovani. Giovani, già. E' la storia di quattro giovani quella che si conclude. Quattro giovani, quattro personaggi in cerca d'autore, per prendere in prestito un'espressione letteraria più nobile di questo semplice e umile post. Quattro personaggi in cerca di una serata dove passare un Natale diverso, un Natale fuori dagli schemi. E col senno di poi di schemi ne avrebbero rotti quei quattro giovani. Solo che allora non lo sapevano. "Pasqua con chi vuoi e Natale con i tuoi", recita il detto. In realtà l'ordine è invertito, ma a noi serve porre l'accento sul "Natale con i tuoi". Tanto il concetto del detto non cambia. Natale in genere si passa in famiglia, con i parenti. La sera del 24 solo con i propri genitori, o fratelli o sorelle se se ne hanno, e poi il 25 con tutti i parenti. Zii, cugini, nonni, nipoti... Tutti quanti. Per l'occasione, in questo giorno dell'anno tutta la famiglia intera si ritrova attorno a un tavolo. E' l'occasione per stare insieme, e riabbracciare persone che durante il resto dell'anno non si sono mai viste, al massimo si sono sentite un paio di volte per telefone. Ma fa parte del Natale. In fondo la sacra famiglia sta a ricordarci quanto sia importante la famiglia, anche se non si hanno figlio speciali. Che poi tutti i figli sono speciali agli occhi dei propri genitori. Eppure quei quattro giovani, la sera di Natale di quattro o cinque anni fa, ruppero con la tradizione e uscirono di casa. Abbandonando panettoni e soprattutto parenti. Perchè se tutti quegli zii, cugini, cognati, nonni, nipoti si vedono solo una volta nel corso dell'anno, un motivo ci sarà. Ma questa è un'altra storia. La nostra storia, che poi è la storia di quattro giovani, narra di una parabola natalizia, di una slitta a motore trainata da cavalli, da cavalli vapore intendo, che anzichè solcare i cieli ha attraversato le strade deserte dei piccoli paesini di provincia, racchiusi nei confini familiari. Eh, già. E' dura la notte di Natale per chi non ha una casa. Non c'è un solo posto aperto dove poter stare. Sarà per questo che quel povero figlio dovette passare la notte in una stalla e venire al mondo in quel modo. Beh, quei quattro alla fine la loro destinazione la trovarono. La trovarono eccome. Era il più improbabile buco di tutto il circondario, con il bagno più sudicio che si fosse mai visto. Talmente sudicio che lo ricordano ancora oggi. Non i quattro giovani, non solo loro almeno. Ma tutti. E quanto dico tutti intendo proprio tutti. Era un ricovero per bisognosi, quello. Trentenni disperati e adolescenti abbandonati: questa era la clientela. Del resto la sera di Natale che razza di gente può andarsene in giro a brindare lasciando la famiglia a casa? Forse chi non ce l'ha una famiglia. O una casa. Ma a loro non importava. Quei quattro avevano il loro dannato pub, la loro birra e la loro allegria. E anche quella dannata voglia di dire "fanculo, fanculo a tutti". Oh, non lo dicevano. Ma lo si poteva leggere nei loro occhi. E giù con i cori. "La-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi/la-la-la-la-la-brindisi". E giù con la birra. Fu un'esperienza unica quella. Fu il loro "trashy Christmas". Un Natale trash. Fu un'esperienza talmente unica che decisero che l'avrebbero ripetuta, che ne avrebbero fatto un appuntamento fisso. E così fu. Presero a vedersi in quello stesso identico posto tutti gli anni, per avere tutti gli anni il loro "trashy Christmas". E il numero dei commensali ogni anno aumentava sempre di più. E dietro i loro brindisi "la-la-la-la-la-brindisi" si poteva cogliere il vero messaggio di tutta quella storia. Nonostante tutto siamo ancora qua. Era questo il messaggio. Nonostante tutto questo siamo ancora qua. Un appuntamento a cosa serve? A fare in modo che delle persone si possano incontrare. Nulla di più semplice. E fanculo il resto. Il resto non conta. Non conta in quelle circostanze lì, almeno. Ma le storie finiscono, anche quelle belle. Soprattutto quelle belle. In genere, per qualche strano motivo, sono anche quelle che finiscono prima. E così anche questa storia è finita. Quel luogo di incontri non c'è più. Chiuso, sparito, cancellato. E col tempo, credetemi, verrà anche dimenticato. Ma quei quattro lì, oh!, loro no. Loro non lo dimenticheranno. Anzi, a dire il vero lo stanno già cercando. Buona ricerca, ragazzi. A loro buon Natale non si addice. Meglio augurare loro buona ricerca.
Wednesday, 4 December 2013
Il paradosso delle elezioni incostituzionali
La legge Calderoli riconosciuta «illegittima» dalla Consulta nelle sue componenti principali. Finisce una storia irregolare durata otto anni e ventiquattro tornate elettorali
l'e-dittoreale
Che l'attuale legge elettorale fosse improponibile e andasse cambiata, noi lo sapevano subito. E quando dico noi, dico noi di EmilianoBiaggio, che già avevamo criticato questo capolavoro di improvvisazione giuridica. Ma solo alla fine scopriamo di aver avuto una legge elettorale incostituzionale. E di averci anche votato. E neppure una volta sola. Da quando esiste il Porcellum ne abbiamo fatto uso ben ventiquattro volte, per tre elezioni nazionali, cinque regionali, otto provinciali e otto comunali. Regioni a statuto speciale escluse. Ma abbiamo dovuto attendere che si pronunciasse la Corte costituzionale per poter chi tirare un sospiro di sollievo chi gridare allo scandalo, a seconda dei punti di vista e delle opinioni. Per carità, spetta alla Consulta doversi esprimere sulla costituzionalità delle leggi, ma non c'è stato un politico - intendo di opposizione, visto che la legge è targata centrodestra - che in questi quasi dieci anni non si sia reso conto di cosa è stato introdotto e prodotto: un sistema elettorale viziato da «illegittimità costituzionale», come riconosciuto dalla Consulta, che ha generato un corto-circuito giuridico e democratico. Andiamo con ordine: oggi la Corte costituzionale ha stabilito che la legge n.270 del 21 dicembre 2005, nota come legge Calderoli, è incostituzionale. Due sono le cose che non vanno, che poi sono i due pilastri su cui poggia la legge: il premio di maggioranza e le liste bloccate. Il primo non è giustificato, le seconde inconcepibili poichè non è costituzionale non consentire all'elettore di esprimere preferenze. Restano in piedi solo le soglie di sbarramento (4% alla Camera e 8% al Senato per i partiti, percentuali che salgono rispettivamente a 10% e al 20% per le coalizioni). Abbiamo avuto elezioni irregolari? Tecnicamente sì, in quanto basate su un sistema frutto di una legge inammisibili. Praticamente no, dato che fino a oggi la legge era riconosciuta come costituzionale e dunque legittima. Qui sta la portata di questo ennesimo pasticciaccio all'italiana: si è prodotta una regolare irregolarità, o se preferite abbiamo vissuto per otto anni con nell'irregolarità regolarizzata. La legge, all'epoca, venne «una porcata» dal ministro proponente (Calderoli) per le tante modifiche che subì in Parlamento, e da porcata dovenne Porcellum. La porcata, se di porcata si tratta, sta nell'intera vicenda. Sta in politici non in grado di produrre un ordinamento dello stato e di far funzionare un paese nel rispetto della Costituzione, in una classe dirigente che sbaglia goffamente per l'ignoranza della materia costituzionale, nell'assenza di un'opposizione. L'unico elemento positivo di questa vicenda sta nel fatto che l'incostituzionalità della legge Calderoli è stata scoperta grazie ai ricorsi presentati da alcuni cittadini-elettori, accolti dalla Corte di Cassazione che li quindi trasmessi alla Corte Costituzionale. Se privati cittadini, persone qualunque, possono ancora sollevare dubbi e presentare ricorso innescando un meccanismo che porta al ripristino della normalità, allora la democrazia allora non è del tutto morta in questo paese. Una buona notizia. L'unica.
l'e-dittoreale
Che l'attuale legge elettorale fosse improponibile e andasse cambiata, noi lo sapevano subito. E quando dico noi, dico noi di EmilianoBiaggio, che già avevamo criticato questo capolavoro di improvvisazione giuridica. Ma solo alla fine scopriamo di aver avuto una legge elettorale incostituzionale. E di averci anche votato. E neppure una volta sola. Da quando esiste il Porcellum ne abbiamo fatto uso ben ventiquattro volte, per tre elezioni nazionali, cinque regionali, otto provinciali e otto comunali. Regioni a statuto speciale escluse. Ma abbiamo dovuto attendere che si pronunciasse la Corte costituzionale per poter chi tirare un sospiro di sollievo chi gridare allo scandalo, a seconda dei punti di vista e delle opinioni. Per carità, spetta alla Consulta doversi esprimere sulla costituzionalità delle leggi, ma non c'è stato un politico - intendo di opposizione, visto che la legge è targata centrodestra - che in questi quasi dieci anni non si sia reso conto di cosa è stato introdotto e prodotto: un sistema elettorale viziato da «illegittimità costituzionale», come riconosciuto dalla Consulta, che ha generato un corto-circuito giuridico e democratico. Andiamo con ordine: oggi la Corte costituzionale ha stabilito che la legge n.270 del 21 dicembre 2005, nota come legge Calderoli, è incostituzionale. Due sono le cose che non vanno, che poi sono i due pilastri su cui poggia la legge: il premio di maggioranza e le liste bloccate. Il primo non è giustificato, le seconde inconcepibili poichè non è costituzionale non consentire all'elettore di esprimere preferenze. Restano in piedi solo le soglie di sbarramento (4% alla Camera e 8% al Senato per i partiti, percentuali che salgono rispettivamente a 10% e al 20% per le coalizioni). Abbiamo avuto elezioni irregolari? Tecnicamente sì, in quanto basate su un sistema frutto di una legge inammisibili. Praticamente no, dato che fino a oggi la legge era riconosciuta come costituzionale e dunque legittima. Qui sta la portata di questo ennesimo pasticciaccio all'italiana: si è prodotta una regolare irregolarità, o se preferite abbiamo vissuto per otto anni con nell'irregolarità regolarizzata. La legge, all'epoca, venne «una porcata» dal ministro proponente (Calderoli) per le tante modifiche che subì in Parlamento, e da porcata dovenne Porcellum. La porcata, se di porcata si tratta, sta nell'intera vicenda. Sta in politici non in grado di produrre un ordinamento dello stato e di far funzionare un paese nel rispetto della Costituzione, in una classe dirigente che sbaglia goffamente per l'ignoranza della materia costituzionale, nell'assenza di un'opposizione. L'unico elemento positivo di questa vicenda sta nel fatto che l'incostituzionalità della legge Calderoli è stata scoperta grazie ai ricorsi presentati da alcuni cittadini-elettori, accolti dalla Corte di Cassazione che li quindi trasmessi alla Corte Costituzionale. Se privati cittadini, persone qualunque, possono ancora sollevare dubbi e presentare ricorso innescando un meccanismo che porta al ripristino della normalità, allora la democrazia allora non è del tutto morta in questo paese. Una buona notizia. L'unica.
Tuesday, 3 December 2013
«Senza missione post-2014 niente soldi»
Il segretario generale della Nato minaccia l'Afghanistan. «Si rischiano impatti negativi, e non solo sul fronte della sicurezza»
di Emiliano Biaggio (fonte: asca)
«Se non avremo una missione di addestramento in Afghanistan dopo il 2014 ci sarà un impatto negativo sulla situazione delle sicurezza nel paese e ci sarà un impatto negativo sugli aiuti finanziari», legati al prosieguo dell'attività della Nato. Insomma, o si fa come vuole la comunità internazionale o si chiudono i rubinetti ai prestiti. Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen mostra le carte in tavola, e dimostra come "gli stranieri" non intendano abbandonare un paese in cui sono presenti ormai dal 2003, da quando gli Stati Uniti dichiararono guerra ai talebani. Proprio con gli Stati Uniti il governo di Ahmid Karzai dovrebbe chiudere l'accordo bilaterale per prolungare la presenza sul territorio anche dopo il 2014, scadenza naturale della missione di assistenza alla sicurezza della Nato (Isaf). La partita però è ancora aperta, e la mancata firma del governo di Kabul spazientisce l'Alleanza atlantica. "Resolute support", la missione di addestramento e assistenza delle forze di sicurezza afghane, dovrebbe permettere la permanenza sul territorio almento per un altro anno, e la difesa di interessi che valgono almeno 570 milioni di euro. Tanto è costata, finora, la missione Isaf ai paesi dell'Alleanza atlantica. Sul prolungamento della presenza Nato in Afghanistn «la decisione spetta agli afghani, ma noi riteniamo che l'Afghanistan abbia bisogno della missione Resolute support”», sostiene Rasmussen in occasione della riunione dei ministri degli Esteri della Nato. «Se non ci sarà alcun accordo con l'Afghanistan non verranno schierati uomini e la missione sarà a rischio». Per questo motivo all'interno della Nato «c'è unanimità nel mettere pressione sull'Afghanistan per una rapida firma dell'accordo bilaterale tra Stati Uniti e Afghanistan», ribadisce il ministro degli Esteri, Emma Bonino. L'accordo cin questione «è propedeutico per l'adempimento degli altri accordi post-2014». Senza quello salta tutto. Da qui «tutti hanno confermato la necessità di premere sul presidente afghano Hamid Karzai perchè ci sia la firma dell'accordo con gli Stati Uniti in tempi rapidi». Ne va della sicurezza dell'Afghanistan. E degli interessi dell'occidente.
Anders Fogh Rasmussen |
«Se non avremo una missione di addestramento in Afghanistan dopo il 2014 ci sarà un impatto negativo sulla situazione delle sicurezza nel paese e ci sarà un impatto negativo sugli aiuti finanziari», legati al prosieguo dell'attività della Nato. Insomma, o si fa come vuole la comunità internazionale o si chiudono i rubinetti ai prestiti. Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen mostra le carte in tavola, e dimostra come "gli stranieri" non intendano abbandonare un paese in cui sono presenti ormai dal 2003, da quando gli Stati Uniti dichiararono guerra ai talebani. Proprio con gli Stati Uniti il governo di Ahmid Karzai dovrebbe chiudere l'accordo bilaterale per prolungare la presenza sul territorio anche dopo il 2014, scadenza naturale della missione di assistenza alla sicurezza della Nato (Isaf). La partita però è ancora aperta, e la mancata firma del governo di Kabul spazientisce l'Alleanza atlantica. "Resolute support", la missione di addestramento e assistenza delle forze di sicurezza afghane, dovrebbe permettere la permanenza sul territorio almento per un altro anno, e la difesa di interessi che valgono almeno 570 milioni di euro. Tanto è costata, finora, la missione Isaf ai paesi dell'Alleanza atlantica. Sul prolungamento della presenza Nato in Afghanistn «la decisione spetta agli afghani, ma noi riteniamo che l'Afghanistan abbia bisogno della missione Resolute support”», sostiene Rasmussen in occasione della riunione dei ministri degli Esteri della Nato. «Se non ci sarà alcun accordo con l'Afghanistan non verranno schierati uomini e la missione sarà a rischio». Per questo motivo all'interno della Nato «c'è unanimità nel mettere pressione sull'Afghanistan per una rapida firma dell'accordo bilaterale tra Stati Uniti e Afghanistan», ribadisce il ministro degli Esteri, Emma Bonino. L'accordo cin questione «è propedeutico per l'adempimento degli altri accordi post-2014». Senza quello salta tutto. Da qui «tutti hanno confermato la necessità di premere sul presidente afghano Hamid Karzai perchè ci sia la firma dell'accordo con gli Stati Uniti in tempi rapidi». Ne va della sicurezza dell'Afghanistan. E degli interessi dell'occidente.
Trivial Belgium
Da due anni Emiliano Biaggio ha spostato la propria sede operativa in Belgio. Dopo la creazione dell'apposita sezione e della piccola guida di Bruxelles, è stato deciso di realizzare una piccola lista delle curiosità legate al Belgio.
Trivial Belgium
- Il padre della teoria del big-bang, Georges Edouard Lemaître, era belga
- Il sassofono è stato inventato da un belga, Antoine-Joseph Sax, detto Adolphe (Dinant, 6 novembre 1814 – Parigi, 7 febbraio 1894). Costruito nel 1841, fu brevettato nel 1846.
- "Il manifesto comunista" di Karl Marx, pubblicato nel 1848, è stato scritto a Bruxelles. Marx ha infatti vissuto nella capitale blega dal 1845 al 1848.
- La città più piccola del mondo si trova in Belgio. E' Durbuy, e conta 500 abitanti.
- La linea di tram più lunga al mondo si trova in Belgio. E' la linea Le Panne-Knokke, lunga 68 chilometri, che corre lungo tutta la costa belga collegando la frontiera francese con quella dei Paesi Bassi.
- La prima immagine a colori del National Geographic è quella di un giardino di fiori a Gent. Venne pubblicata nel 1914.
- L'attore Jean-Claude Van-Damme (pseudonimo di Jean-Claude Camille François Van Varenberg) è belga. E' nato a Berchem-Sainte-Agathe il 18 ottobre 1960.
- L'attrice Audrey Hepburn è nata a Bruxelles.
- Il musicista Gotye è belga (poi naturalizzato australiano).
- Il primo grattacielo è stato costruito in Belgio. Venne realizzato ad Anversa nel 1928.
- L'asfalto per le strade è stato inventato a New York nel 1870 da un emigrato belga: Edward J. de Smedt, professore alla Columbia University.
- L'80% dei giocatori di biliardo del mondo utilizza palle che sono fabbricate in Belgio.
- L'uomo più alto d'Europa è belga. Si chiama Alain Delaunois ed è alto 2 metri e 30.
- La donna più ricca del mondo vive a Bruxelles. Si tratta di Athina Onassis Roussel de Miranda, figlia ed unica erede del miliardario greco Aristotele Onassis.
- I belgi sono grandi accaniti degli sconti. Sono i primi al mondo per quantità di biglietti di riduzione utilizzati.
- Il Belgio detiene il record mondiale per il periodo più lungo senza un governo. Il regno è stato senza un esecutivo dal 13 giugno 2010 al 6 dicembre 2011.
- Il Belgio ha un sistema di voto obbligatorio. Ogni persona che ha compiuto 18 anni è obbligato a votare e se non esercita questo diritto-dovere può essere punito con una piccola sanzione pecuniaria. Se non si vota per quattro tornate consecutive si perde il dirtto di voto, e ciò poi rende difficile trovare impiego nel settore pubblico.
- Elio Di Rupo, attuale primo ministro belga, è il primo capo di governo ad aver dichiarato pubblicamente la propria omosessualità.
- L'ultima imperatrice del Messico è stata Carlotta del Belgio (Laeken, 7 giugno 1840 – Meise, 19 gennaio 1927), figlia di Leopoldo I del Belgio. Divenne imperatrice del Messico grazie alle sue nozze con Massimiliano d'Asburgo.
- Il Belgio ha fornito l'uranio della bomba atomica sganciata dagli Stati Uniti su Hiroshima. L'uranio proveniva dalla colonia del Congo belga.
- Il Belgio è il paese con il minor tasso di McDonald's al mondo: appena 0,062 ristoranti per 10.000 abitanti.
Trivial Belgium
- Il padre della teoria del big-bang, Georges Edouard Lemaître, era belga
- Il sassofono è stato inventato da un belga, Antoine-Joseph Sax, detto Adolphe (Dinant, 6 novembre 1814 – Parigi, 7 febbraio 1894). Costruito nel 1841, fu brevettato nel 1846.
- "Il manifesto comunista" di Karl Marx, pubblicato nel 1848, è stato scritto a Bruxelles. Marx ha infatti vissuto nella capitale blega dal 1845 al 1848.
- La città più piccola del mondo si trova in Belgio. E' Durbuy, e conta 500 abitanti.
- La linea di tram più lunga al mondo si trova in Belgio. E' la linea Le Panne-Knokke, lunga 68 chilometri, che corre lungo tutta la costa belga collegando la frontiera francese con quella dei Paesi Bassi.
- La prima immagine a colori del National Geographic è quella di un giardino di fiori a Gent. Venne pubblicata nel 1914.
- L'attore Jean-Claude Van-Damme (pseudonimo di Jean-Claude Camille François Van Varenberg) è belga. E' nato a Berchem-Sainte-Agathe il 18 ottobre 1960.
- L'attrice Audrey Hepburn è nata a Bruxelles.
- Il musicista Gotye è belga (poi naturalizzato australiano).
- Il primo grattacielo è stato costruito in Belgio. Venne realizzato ad Anversa nel 1928.
- L'asfalto per le strade è stato inventato a New York nel 1870 da un emigrato belga: Edward J. de Smedt, professore alla Columbia University.
- L'80% dei giocatori di biliardo del mondo utilizza palle che sono fabbricate in Belgio.
- L'uomo più alto d'Europa è belga. Si chiama Alain Delaunois ed è alto 2 metri e 30.
- La donna più ricca del mondo vive a Bruxelles. Si tratta di Athina Onassis Roussel de Miranda, figlia ed unica erede del miliardario greco Aristotele Onassis.
- I belgi sono grandi accaniti degli sconti. Sono i primi al mondo per quantità di biglietti di riduzione utilizzati.
- Il Belgio detiene il record mondiale per il periodo più lungo senza un governo. Il regno è stato senza un esecutivo dal 13 giugno 2010 al 6 dicembre 2011.
- Il Belgio ha un sistema di voto obbligatorio. Ogni persona che ha compiuto 18 anni è obbligato a votare e se non esercita questo diritto-dovere può essere punito con una piccola sanzione pecuniaria. Se non si vota per quattro tornate consecutive si perde il dirtto di voto, e ciò poi rende difficile trovare impiego nel settore pubblico.
- Elio Di Rupo, attuale primo ministro belga, è il primo capo di governo ad aver dichiarato pubblicamente la propria omosessualità.
- L'ultima imperatrice del Messico è stata Carlotta del Belgio (Laeken, 7 giugno 1840 – Meise, 19 gennaio 1927), figlia di Leopoldo I del Belgio. Divenne imperatrice del Messico grazie alle sue nozze con Massimiliano d'Asburgo.
- Il Belgio ha fornito l'uranio della bomba atomica sganciata dagli Stati Uniti su Hiroshima. L'uranio proveniva dalla colonia del Congo belga.
- Il Belgio è il paese con il minor tasso di McDonald's al mondo: appena 0,062 ristoranti per 10.000 abitanti.
Saturday, 30 November 2013
Bruxelles, Basilica del Sacro cuore
Da due anni Emiliano Biaggio ha spostato la propria sede operativa in Belgio. E' stato deciso di dedicare delle testate tematiche per offrire una panoramica della città. Sul blog farà la comparsa una banda fotografica con immagini di Bruxelles, insieme all'immagine da cui è stata ricavata con la spiegazione, per quella che si prepone di essere una piccola guida di Bruxelles.
11. Basilica del Sacro cuore
La Basilica del Sacro cuore (Koekelberg, dal nome di uno dei 19 comuni di Bruxelles su cui sorge) risale al 1880. Quell'anno segnava i cinquant'anni di indipendenza del regno del Belgio, e il re Leopoldo II per l'occasione pensò di fare della zona di Koekelberg un quartiere reale. Ispirandosi al quartiere parigino della Sorbona pensò di erigere un Pantheon, ma non venne sostenuto in questo progetto e allora propose di costruire un "santuario nazionale". Affascinato da Parigi, Leopoldo II di Belgio voleva che la chiesa che sarebbe sorta a Bruxelles potesse reggere il confronto con la basilica del Sacro cuore di Montmartre, e che fosse situata al centro di un insieme di arterie tra cui un viale che potesse ricordare gli Champs-Élysées parigini. Dopo vent'anni di progettazioni, nel 1905 Leopold II pose la prima pietra. L'architetto Pierre Langerock (1859-1923) aveva definito un progetto neo-gotico, che però non venne mai realizzato: l'esaurimento delle risorse per la realizzazione dell'opera dovuta alla guerra e il cambio di gusto architetturale che si generò nell'arco del decennio, impedì la costruzione dell'opera ideata da Langerock. Si preferì il progetto "art-deco" dell'architetto Albert Van Huffel (1877-1935). I lavori iniziarono nel 1919 e terminarono solo nel 1969, anche se ancor prima della chisura dei cantieri - nel 1952 - papa Pio XII accordò alla nuova chiesa il titolo di "basilica minore". Durante la costruzione Van Huffel morì, e l'opera venne portata avanti e completata dall'ingegnere Paul Rome (1896-1989). Con i suoi 90 metri di altezza, 167 metri di lunghezza esterna e un diametro di 33 metri, oggi la Basilica è la quinta più grande chiesa al mondo. L'edificio ha inoltre un transetto (o navata trasversale) di 107 metri e la volta alta 29 metri, mentre le torri - che ospitano in totale cinque campane - si slanciano verso l'alto per 65 metri. Grazie ad ascensori è possibile raggiungere la cima della Basilica, da cui si gode di una vista panoramica dell'intera città. Volgendo lo sguardo dalla parte che si affaccia sulle due torri si vedrà il viale che Leopoldo II voleva per far concorrenza agli Champs-Élysées. La vista prospettiva, racchiusa tra le due torri, porta verso il centro, con la cupola del palazzo di Giustizia al termine del punto visivo. Da qui la Basilica si affaccia sul parco Elisabeth, voluto dal re proprio all'interno del progetto per la Basilica. Ventuno ettari di prati, alberi, aree gioco, per uno dei principali punti suggestivi e attrativi della città.
ABBIAMO GIA' SCRITTO NELLA SEZIONE "BRUXELLES":
1 Palazzo reale | 2 Atomium | 3 Mont-des-arts | 4 Il parco del Cinquantenario | 5 La Grand place | 6 Il municipio | 7 Gli stagni di Ixelles | 8 Place Flagey | 9 Il parco di Bruxelles | 10 La Bande dessinée |
11. Basilica del Sacro cuore
La Basilica del Sacro cuore (Koekelberg, dal nome di uno dei 19 comuni di Bruxelles su cui sorge) risale al 1880. Quell'anno segnava i cinquant'anni di indipendenza del regno del Belgio, e il re Leopoldo II per l'occasione pensò di fare della zona di Koekelberg un quartiere reale. Ispirandosi al quartiere parigino della Sorbona pensò di erigere un Pantheon, ma non venne sostenuto in questo progetto e allora propose di costruire un "santuario nazionale". Affascinato da Parigi, Leopoldo II di Belgio voleva che la chiesa che sarebbe sorta a Bruxelles potesse reggere il confronto con la basilica del Sacro cuore di Montmartre, e che fosse situata al centro di un insieme di arterie tra cui un viale che potesse ricordare gli Champs-Élysées parigini. Dopo vent'anni di progettazioni, nel 1905 Leopold II pose la prima pietra. L'architetto Pierre Langerock (1859-1923) aveva definito un progetto neo-gotico, che però non venne mai realizzato: l'esaurimento delle risorse per la realizzazione dell'opera dovuta alla guerra e il cambio di gusto architetturale che si generò nell'arco del decennio, impedì la costruzione dell'opera ideata da Langerock. Si preferì il progetto "art-deco" dell'architetto Albert Van Huffel (1877-1935). I lavori iniziarono nel 1919 e terminarono solo nel 1969, anche se ancor prima della chisura dei cantieri - nel 1952 - papa Pio XII accordò alla nuova chiesa il titolo di "basilica minore". Durante la costruzione Van Huffel morì, e l'opera venne portata avanti e completata dall'ingegnere Paul Rome (1896-1989). Con i suoi 90 metri di altezza, 167 metri di lunghezza esterna e un diametro di 33 metri, oggi la Basilica è la quinta più grande chiesa al mondo. L'edificio ha inoltre un transetto (o navata trasversale) di 107 metri e la volta alta 29 metri, mentre le torri - che ospitano in totale cinque campane - si slanciano verso l'alto per 65 metri. Grazie ad ascensori è possibile raggiungere la cima della Basilica, da cui si gode di una vista panoramica dell'intera città. Volgendo lo sguardo dalla parte che si affaccia sulle due torri si vedrà il viale che Leopoldo II voleva per far concorrenza agli Champs-Élysées. La vista prospettiva, racchiusa tra le due torri, porta verso il centro, con la cupola del palazzo di Giustizia al termine del punto visivo. Da qui la Basilica si affaccia sul parco Elisabeth, voluto dal re proprio all'interno del progetto per la Basilica. Ventuno ettari di prati, alberi, aree gioco, per uno dei principali punti suggestivi e attrativi della città.
ABBIAMO GIA' SCRITTO NELLA SEZIONE "BRUXELLES":
1 Palazzo reale | 2 Atomium | 3 Mont-des-arts | 4 Il parco del Cinquantenario | 5 La Grand place | 6 Il municipio | 7 Gli stagni di Ixelles | 8 Place Flagey | 9 Il parco di Bruxelles | 10 La Bande dessinée |
Friday, 29 November 2013
Thursday, 28 November 2013
Ashton: «Ue preoccupata per tensioni nel mar cinese orientale»
La Cina ha invaso lo spazio aereo giapponese sopra le isole
Senkaku istituendo una “zona di identificazione per la difesa aerea”.
Conteso per ragioni storiche ed economiche, l’arcipelago appartiene al
Giappone in base ad un accordo con gli Stati Uniti
di Renato Giannetti (per eunews)
L’Unione europea guarda con “preoccupazione” gli ultimi sviluppi in estremo oriente, dopo la decisione della Cina di stabilire una “zona di identificazione per la difesa aerea” nel mar cinese orientale, zona che si sovrappone parzialmente allo spazio aereo giapponese intorno all’arcipelago delle isole Senkaku. L’annuncio cinese è arrivato due giorni fa, e l’Unione europea ha atteso di capire come si potesse evolvere la situazione. Le cose, a due giorni dall’annuncio della creazione della zona di identificazione per la difesa aerea, sembrano mettersi male. Per stessa ammissione di Catherine Ashton, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, “l’Unione europea è preoccupata dalla decisione presa dalla Cina sulla zona di identificazione sul mar cinese orientale”. A inquietare Bruxelles “gli annunci del ministero della Difesa cinese di ‘misure di difesa d’emergenza’ in caso di mancato rispetto della zona” appena istituita da Pechino.
La situazione di oggi è frutto di rivendicazioni cinesi mai cessate sulle isole Senkaku. L’arcipelago attualmente appartiene al Giappone: fanno parte della prefettura di Okinawa e sono amministrate dalla municipalità di Ishikagi. Ma la questione delle isole Senkaku si intreccia con la storia di questo quadrante del mondo, in una delle più delicate eredità lasciate dai conflitti di fine Ottocento. Le isole in origine erano controllate da Taiwan, che nel 1683 la Cina imperiale annesse al proprio impero. La guerra sino-giapponese del 1894-1895 determinò il passaggio di Taiwan e delle isole Senkaku al Giappone, dando inizio alle rivendicazioni che si protraggono ancora oggi. (leggi tutto)
Il presidente cinese, Xi Jinping |
L’Unione europea guarda con “preoccupazione” gli ultimi sviluppi in estremo oriente, dopo la decisione della Cina di stabilire una “zona di identificazione per la difesa aerea” nel mar cinese orientale, zona che si sovrappone parzialmente allo spazio aereo giapponese intorno all’arcipelago delle isole Senkaku. L’annuncio cinese è arrivato due giorni fa, e l’Unione europea ha atteso di capire come si potesse evolvere la situazione. Le cose, a due giorni dall’annuncio della creazione della zona di identificazione per la difesa aerea, sembrano mettersi male. Per stessa ammissione di Catherine Ashton, Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, “l’Unione europea è preoccupata dalla decisione presa dalla Cina sulla zona di identificazione sul mar cinese orientale”. A inquietare Bruxelles “gli annunci del ministero della Difesa cinese di ‘misure di difesa d’emergenza’ in caso di mancato rispetto della zona” appena istituita da Pechino.
La situazione di oggi è frutto di rivendicazioni cinesi mai cessate sulle isole Senkaku. L’arcipelago attualmente appartiene al Giappone: fanno parte della prefettura di Okinawa e sono amministrate dalla municipalità di Ishikagi. Ma la questione delle isole Senkaku si intreccia con la storia di questo quadrante del mondo, in una delle più delicate eredità lasciate dai conflitti di fine Ottocento. Le isole in origine erano controllate da Taiwan, che nel 1683 la Cina imperiale annesse al proprio impero. La guerra sino-giapponese del 1894-1895 determinò il passaggio di Taiwan e delle isole Senkaku al Giappone, dando inizio alle rivendicazioni che si protraggono ancora oggi. (leggi tutto)
Wednesday, 27 November 2013
«Cancellare la povertà costa 7 miliardi l'anno»
Giovannini: in Italia occorrono 1,5 miliardi solo per ridurre del 50% l'indigenza di chi si trova in assoluta miseria.
di Emiliano Biaggio
La crisi ha un costo, e ormai sempre più elevato. In Italia sono cinque milioni i poveri, secondo l'Istat. Il numero, rileva l'istituto di statistica, è raddoppiato dal 2007 al 2012. Cosa vuol dire lo spiega il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. «Per azzerare la povertà in Italia abbiamo bisogno di sei-sette miliardi di euro l'anno, una cifra molto consistente». E che, lascia intendere, il paese in questo momento non può coprire. «Per portare i poveri al 50% della soglia di povertà di miliardi ne abbiamo bisogno di 1,5 all'anno», evidenzia Giovannini in occasione alla 3° Convention europea contro la povertà e l'esclusione sociale. Ridurre il livello di indigenza costa meno, e per questo al momento la strada più percorribile. Anche perchè «senza una ripresa economica forte, consistente e persistente, e senza un riassorbimento della disoccupazione, la povertà non potrà essere alleviate solo con strumenti di trasferimento monetario». Per questa ragione, aggiunge Giovannini, «questo governo ha inserito nella legge di stabilità misure per stimolare la crescita e l'occupazione». Quello che l'Italia può fare il paese è poco, data la situazione. «Dobbiamo dare speranza». Poi dopo tutto il resto.
Enrico Giovannini |
La crisi ha un costo, e ormai sempre più elevato. In Italia sono cinque milioni i poveri, secondo l'Istat. Il numero, rileva l'istituto di statistica, è raddoppiato dal 2007 al 2012. Cosa vuol dire lo spiega il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini. «Per azzerare la povertà in Italia abbiamo bisogno di sei-sette miliardi di euro l'anno, una cifra molto consistente». E che, lascia intendere, il paese in questo momento non può coprire. «Per portare i poveri al 50% della soglia di povertà di miliardi ne abbiamo bisogno di 1,5 all'anno», evidenzia Giovannini in occasione alla 3° Convention europea contro la povertà e l'esclusione sociale. Ridurre il livello di indigenza costa meno, e per questo al momento la strada più percorribile. Anche perchè «senza una ripresa economica forte, consistente e persistente, e senza un riassorbimento della disoccupazione, la povertà non potrà essere alleviate solo con strumenti di trasferimento monetario». Per questa ragione, aggiunge Giovannini, «questo governo ha inserito nella legge di stabilità misure per stimolare la crescita e l'occupazione». Quello che l'Italia può fare il paese è poco, data la situazione. «Dobbiamo dare speranza». Poi dopo tutto il resto.
Italiani addio, nel 2011 persi oltre 8.000
Lo rivela lo studio Eurostat. In 7.500 hanno preso la cittadinanza di un altro paese dell'Ue
di Renato Giannetti (per eunews)
Gli italiani fuggono dall'Italia.
Sono almento 7.500 i nostri connazionali che nel 2011 hanno chiesto e
ottenuto un'altra cittadinanza di un paese membro dell'Ue. E a questi
si aggiungono quanti hanno acquisito la cittadinanza di un paese
terzo. E' quanto emerge dal sondaggio sulla concessione di
cittadinanza diffuso oggi da Eurostat. Lo studio, riferito al solo
2011, mostra come l'Italia sia il terzo paese di Ue per numero di
cittadini che hanno cambiato passaporto (davanti a noi solo Romania e
Polonia, con, rispettivamente, 26.000 e 11.000 cambi di nazionalità).
Il grosso dei 7.500 italiani che ha commutato la propria cittadinanza
ha optato per il passaporto belga (3.695 nuovi cittadini). A questi
si aggiungono la richiesta – con annessa concessione – di
cittadinanza lussemburghese (425) e slovena (207). Per altri 3.173
ormai ex connazionali è stata concessa un'altra nazionalità di un
altro paese membro dell'Ue. Ai 7.500 italiani che hanno 'rinnegato'
la propria cittadinanza per una nuova all'interno dell'Ue, si
aggiungono poi quelli che hanno ottenuto la cittadinanza dei paesi
terzi: ben cinque in Liechtenstein e 4.032 in Svizzera, per un totale
di 8.364 cittadini perduti. Di questi, ben 4.462 hanno ottenuto la
nazionalità in paesi con regime fiscale agevolato (Liechtenstein,
Lussemburgo e Svizzera).
Per italiani che vanno, altri ne
arrivano. Nel 2011 il nostro paese ha concesso 56.200 nazionalità
(-15% rispetto al 2010). I maggiori beneficiari sono stati
richiedenti marocchini (19,1% delle concessioni totali), seguiti da
richiedenti provenienti dall'Albania (14,4%), Romania (7%) ed Egitto
(4,2%).
Da giorni non si parla di altro: dalla Gran Bretagna alla Slovacchia, dalla Svezia a Malta, non si può fare a meno di guardare questa immagine, realizzata da Reuters e rimbalzata su tutte le testate europee. E' la deputata europea Licia Ronzulli, che da quando è diventata mamma non fa perdere una seduta alla piccola Vittoria, tanto che madre e figlia sono diventate l'attrazione di tutti. Per molti un fatto tenero e simpatico, per le malelingue - che non mancano mai - la presenza di Vittoria è per poter parlare di mamma Licia. Cattivi.
Saturday, 23 November 2013
bLOGBOOK
Visita in rima (omaggio a Mario Lodi)
Ho un problema agli occhi. Tipo che sono miope. No, no. Non è quello. Cioè, quello sì che è un problema, ma quando inizi a non vedere più bene a sei anni la miopia diventa la tua compagna di vita. Potendo scegliere sarebbe meglio avere una ragazza come compagna di vita, ma non è che le ragazze non spariscano. Possono andar via esattamente come la vista. Non ricordo più: ho un problema di vita o di vista? Non vorrei prendere una svista. Quel che serve è un oculista, uno bravo, uno specialista! E' proprio da lui che vado per cercare di curare il mio mal di vista. Lui o lei, che sia uomo o donna dir non saprei! Non sono italiano e non sono belga, non mi faccio curare da medici italiani ma non faccio parte del sistema sanitario nazionale belga, quindi ogni volta che ho bisogno di un medico vado. E chiunque sia ben venga! Il bello di non avere medici è che puoi fare ogni volta una fila diversa, se proprio ci vedete qualcosa di bello. E soprattutto se vedete. Dicevo: ho un problema agli occhi. Sono rossi, tanto per cominciare. In realtà sono castani, ma non intendevo il colore dell'iride. Intendevo dire che sono arrossati. Che è ben diverso da arrossiti. Arrossati fa rima con "infiammati", arrossiti con "ma perchè non l'inviti?". E poi non lacrimano. Sarà che sono una persona felice? Bene. Non c'è cura per gli inguaribili ottimisti, c'è solo la realtà a renderli tristi. Tristi per via dell'inutilità dell'ottimismo, sepolto tra noia e menefreghismo. Ma il problema non è questo: ho un problema agli occhi, soprattutto all'occhio destro. Lo dico in segreteria, che ogni paziente manda via. "Si sieda lì e attenda il suo turno, verrà chiamato in orario diurno". "Ci vorrà molto", domanda il paziente. "Chi lo può dire?", del dottor risponde l'assistente. "Non c'è un tempo chiaro per guarire". Fuor di filastrocca vuol dire che devo aspettare, e se mi tocca non ho altro da fare. Nel senso che non so come ingannare l'attesa, che dopo un po' in effetti pesa. Cioè, non voglio fare scherzi a nessuno, e intendiamoci: non voglio ammazzare il tempo, non sono così cattivo. Ma devo aspettare, per di più il dottor Godaux, che si scrive Godaux ma si legge Godò. Sto aspettando Godot! Speriamo bene. Attendo leggendo riviste di grande interesse: per chi ha problemi di vista sono l'ideale per rifarsi gli occhi. Sarà una forse una terapia? Tanto pia non mi pare, ma sarà che vedo male. Il dottore, invece, commette uno sbaglio: mi crede donna, ma prende un abbagglio. "E' che il suo finisce per E, e in francese i nomi che finiscono per E sono femminili", si giustifica il dottore. "Non fa niente, lo capisco. Al pensiero del francese inorridisco", è quel penso ma non dico. Come faccia a piacere non capisco. "Dottore, dottore, non sono qui per il mio nome, ma perchè ai miei occhi ho dolore". Di tante e mille imprese, la più dura è in francese: provate voi a raccontare quel che avete da curare, e a farlo senza difficoltà nella lingua di questi qua. Non che in inglese la cosa cambi: non è che tutti i giorni si parli di malattie e sinotomi. Ho un problema agli occhi e non solo, ora che ci penso: spiegare tutto, per filo e per segno, in una lingue che detesto, che a malapena conosco, e che in genere non capisco. Ma col dottor Godaux non ho problemi, a parte il ritardo: venti minuti in più del previsto mi ha fatto aspettare prima ch'io fossi visto. Ma se buon sangue mente, buon nome fa egualmente. Alla fine tutto risolto, è un problema da poco. Meno male, dato che per poco ho pagato 60 euro. E solo per la visita. Fa niente: "La salute è una sola", ti ricordano sempre tutti. Meno male. Con quello che costa...
Ho un problema agli occhi. Tipo che sono miope. No, no. Non è quello. Cioè, quello sì che è un problema, ma quando inizi a non vedere più bene a sei anni la miopia diventa la tua compagna di vita. Potendo scegliere sarebbe meglio avere una ragazza come compagna di vita, ma non è che le ragazze non spariscano. Possono andar via esattamente come la vista. Non ricordo più: ho un problema di vita o di vista? Non vorrei prendere una svista. Quel che serve è un oculista, uno bravo, uno specialista! E' proprio da lui che vado per cercare di curare il mio mal di vista. Lui o lei, che sia uomo o donna dir non saprei! Non sono italiano e non sono belga, non mi faccio curare da medici italiani ma non faccio parte del sistema sanitario nazionale belga, quindi ogni volta che ho bisogno di un medico vado. E chiunque sia ben venga! Il bello di non avere medici è che puoi fare ogni volta una fila diversa, se proprio ci vedete qualcosa di bello. E soprattutto se vedete. Dicevo: ho un problema agli occhi. Sono rossi, tanto per cominciare. In realtà sono castani, ma non intendevo il colore dell'iride. Intendevo dire che sono arrossati. Che è ben diverso da arrossiti. Arrossati fa rima con "infiammati", arrossiti con "ma perchè non l'inviti?". E poi non lacrimano. Sarà che sono una persona felice? Bene. Non c'è cura per gli inguaribili ottimisti, c'è solo la realtà a renderli tristi. Tristi per via dell'inutilità dell'ottimismo, sepolto tra noia e menefreghismo. Ma il problema non è questo: ho un problema agli occhi, soprattutto all'occhio destro. Lo dico in segreteria, che ogni paziente manda via. "Si sieda lì e attenda il suo turno, verrà chiamato in orario diurno". "Ci vorrà molto", domanda il paziente. "Chi lo può dire?", del dottor risponde l'assistente. "Non c'è un tempo chiaro per guarire". Fuor di filastrocca vuol dire che devo aspettare, e se mi tocca non ho altro da fare. Nel senso che non so come ingannare l'attesa, che dopo un po' in effetti pesa. Cioè, non voglio fare scherzi a nessuno, e intendiamoci: non voglio ammazzare il tempo, non sono così cattivo. Ma devo aspettare, per di più il dottor Godaux, che si scrive Godaux ma si legge Godò. Sto aspettando Godot! Speriamo bene. Attendo leggendo riviste di grande interesse: per chi ha problemi di vista sono l'ideale per rifarsi gli occhi. Sarà una forse una terapia? Tanto pia non mi pare, ma sarà che vedo male. Il dottore, invece, commette uno sbaglio: mi crede donna, ma prende un abbagglio. "E' che il suo finisce per E, e in francese i nomi che finiscono per E sono femminili", si giustifica il dottore. "Non fa niente, lo capisco. Al pensiero del francese inorridisco", è quel penso ma non dico. Come faccia a piacere non capisco. "Dottore, dottore, non sono qui per il mio nome, ma perchè ai miei occhi ho dolore". Di tante e mille imprese, la più dura è in francese: provate voi a raccontare quel che avete da curare, e a farlo senza difficoltà nella lingua di questi qua. Non che in inglese la cosa cambi: non è che tutti i giorni si parli di malattie e sinotomi. Ho un problema agli occhi e non solo, ora che ci penso: spiegare tutto, per filo e per segno, in una lingue che detesto, che a malapena conosco, e che in genere non capisco. Ma col dottor Godaux non ho problemi, a parte il ritardo: venti minuti in più del previsto mi ha fatto aspettare prima ch'io fossi visto. Ma se buon sangue mente, buon nome fa egualmente. Alla fine tutto risolto, è un problema da poco. Meno male, dato che per poco ho pagato 60 euro. E solo per la visita. Fa niente: "La salute è una sola", ti ricordano sempre tutti. Meno male. Con quello che costa...
Bruxelles: une petite considération sur les images de Jacques Brel
Emiliano Biaggio
Bruxelles a connu des grands changements dus aux transformations arrivées à la fin de la deuxième guerre mondiale et surtout avec la constitution de l'Union européenne. Aujourd'hui la ville n'est plus seulement la capitale de la Belgique, mais est aussi la capitale de l'Ue. Un si grand changement n'est pas seulement politique, mais il est surtout culturel. L'Union européenne en fait a apporté à Bruxelles quelques milliers de personnes en provenance de toute l'Europe: fonctionnaires, diplomates, journalistes, etc. Il a été estimé qui il y a environ 30.000 personnes seulement pour la categorie des lobbystes. Bruxelles a dû se transformer pour pouvoir répondre aux nouvelles exigences, en connaissant une révolution habitative (par exemple le quartier européen a été réalisé à partir de la deuxieme moitié des années cinquante en replaçant le quartier résidentiel déjà existent), une révolution urbaine (avec l'expansion de la ville il y a eu la nécessité de développer le systeme de transport publique), une révolution culturelle (la villè est devenue multiculturelle et les moyens de vivre sont changé radicalment). Pour avoir une idée du changement de Bruxelles on peut faire la comparaison entre la Bruxelles de nos jours et la Bruxelles décrit par Jacques Brel avec sa chanson dédiée à la capitale du royaume belge.
Jacques Brel (Schaerbeek, 8 avril 1929 – Bobigny, 9 octobre 1978) a été un auteur, compositeur, interprète et acteur belge, même s'il à passé une grande partie de sa vie en France. Ses chansons ont étes interprétées par des artistes comme Barbara, Dalida et Serge Lama. En 1962 Jacques Brel réalise l'album “Les Bourgeois”, qui contient la chanson “Bruxelles”. Il s'agit d'un portrait du passé de la ville, un souvenir de l'identité bruxelloise perdue. Quand Brel présente au grand public “Le Bourgeois” l'Union européenne est encore une idée: elle s'appelle Communauté économique européenne (Cee), et est formée par sis pays seulement. Brel nous donne l'image de la modernité à travers les descriptions de “Bruxelles qui bruxellait” – pour citer ce que lui même a écrit – entre la fin du XIX siècle et le début du XX siécle. On peut mieux le comprendre en étudiant le texte:
Il n'est pas facile de comprendre ce que Brel voulait dire avec sa chanson: la ville décrite par l'artiste belge est en même temps réelle et fictionelle. Aux lieux qui existent Brel accôte des lieux qui n'existent pas (il n'y a pas et il n'y a jamais eu de place Sainte-Justine dans l'histoire de Bruxelles), ensemble à des informations vraies sur le passé Brel nous donne des informations fausses (l'impériale était un étage où l'on accédait par un escalier en colimaçon. Pour des raisons de pudeur, dans un temps très puritain, une femme ne pouvait prendre le risque de monter un escalier en précédant un homme. Donc, il est impossible d'avoir de grand-mère sur l'impériale). C'est comme si Brel avait voulù recréer des impressions et des atmosphères, pour nous faire souvenir que “c’était au temps où Bruxelles bruxellait”. La choix des temps au passé (c'était) semble le indiquer.
On pourrait parler beaucoup de Bruxelles, car il y beaucoup d'histoires dans l'histoire de la ville et donc beaucoup à racconter. Peut-être que la comparaison entre la Bruxelles de nos jours et la Bruxelles décrite par Jacques Brel est seulement un point de départ.
(1) La crinoline était une armure de tissage utilisée par les femmes pendant le XIX siècle pour soutenir les jups.
(2) Les omnibus à impériale ont étés les premiers bus à deux étages. Ils marchaient merci à la présence de trois chevaux. Introduits à Paris 1853, les derniers omnibus à chevaux circulèrent en janvier 1913.
(3) Le chapeau claque ou gibus est un haut-de-forme qui s'aplatit et se relève à l'aide de ressorts mécaniques. Il était à la mode pendant le XIX siècle.
(4) L'impériale est le deuxiem étage du omnibus (regarder note 2). Il pouvait être couvert ou pas.
Bruxelles a connu des grands changements dus aux transformations arrivées à la fin de la deuxième guerre mondiale et surtout avec la constitution de l'Union européenne. Aujourd'hui la ville n'est plus seulement la capitale de la Belgique, mais est aussi la capitale de l'Ue. Un si grand changement n'est pas seulement politique, mais il est surtout culturel. L'Union européenne en fait a apporté à Bruxelles quelques milliers de personnes en provenance de toute l'Europe: fonctionnaires, diplomates, journalistes, etc. Il a été estimé qui il y a environ 30.000 personnes seulement pour la categorie des lobbystes. Bruxelles a dû se transformer pour pouvoir répondre aux nouvelles exigences, en connaissant une révolution habitative (par exemple le quartier européen a été réalisé à partir de la deuxieme moitié des années cinquante en replaçant le quartier résidentiel déjà existent), une révolution urbaine (avec l'expansion de la ville il y a eu la nécessité de développer le systeme de transport publique), une révolution culturelle (la villè est devenue multiculturelle et les moyens de vivre sont changé radicalment). Pour avoir une idée du changement de Bruxelles on peut faire la comparaison entre la Bruxelles de nos jours et la Bruxelles décrit par Jacques Brel avec sa chanson dédiée à la capitale du royaume belge.
Jacques Brel (Schaerbeek, 8 avril 1929 – Bobigny, 9 octobre 1978) a été un auteur, compositeur, interprète et acteur belge, même s'il à passé une grande partie de sa vie en France. Ses chansons ont étes interprétées par des artistes comme Barbara, Dalida et Serge Lama. En 1962 Jacques Brel réalise l'album “Les Bourgeois”, qui contient la chanson “Bruxelles”. Il s'agit d'un portrait du passé de la ville, un souvenir de l'identité bruxelloise perdue. Quand Brel présente au grand public “Le Bourgeois” l'Union européenne est encore une idée: elle s'appelle Communauté économique européenne (Cee), et est formée par sis pays seulement. Brel nous donne l'image de la modernité à travers les descriptions de “Bruxelles qui bruxellait” – pour citer ce que lui même a écrit – entre la fin du XIX siècle et le début du XX siécle. On peut mieux le comprendre en étudiant le texte:
C’était au temps où Bruxelles rêvait
C’était au temps du cinéma muet
C’était au temps où Bruxelles chantait
C’était au temps où Bruxelles bruxellait
Place de Brouckère on voyait des vitrines
Avec des hommes des femmes en crinoline (1)
Place de Brouckère on voyait l’omnibus (2)
Avec des femmes des messieurs en gibus (3)
Et sur l’impériale (4)
Le cœur dans les étoiles
Il y avait mon grand-père
Il y avait ma grand-mère
Il était militaire
Elle était fonctionnaire
Il pensait pas elle pensait rien
Et on voudrait que je sois malin
C’était au temps où Bruxelles chantait
C’était au temps du cinéma muet
C’était au temps où Bruxelles rêvait
C’était au temps où Bruxelles bruxellait
Sur les pavés de la place Sainte-Catherine
Dansaient les hommes les femmes en crinoline
Sur les pavés dansaient les omnibus
Avec des femmes des messieurs en gibus
Et sur l’impériale
Le cœur dans les étoiles
Il y avait mon grand-père
Il y avait ma grand-mère
Il avait su y faire
Elle l’avait laissé faire
Ils l’avaient donc fait tous les deux
Et on voudrait que je sois sérieux
C’était au temps où Bruxelles rêvait
C’était au temps du cinéma muet
C’était au temps où Bruxelles dansait
C’était au temps où Bruxelles bruxellait
Sous les lampions de la place Sainte-Justine
Chantaient les hommes les femmes en crinoline
Sous les lampions dansaient les omnibus
Avec des femmes des messieurs en gibus
Et sur l’impériale
Le cœur dans les étoiles
Il y avait mon grand-père
Il y avait ma grand-mère
Il attendait la guerre
Elle attendait mon père
Ils étaient gais comme le canal
Et on voudrait que j’aie le moral
C’était au temps où Bruxelles rêvait
C’était au temps du cinéma muet
C’était au temps où Bruxelles chantait
C’était au temps où Bruxelles bruxellait.
C’était au temps du cinéma muet
C’était au temps où Bruxelles chantait
C’était au temps où Bruxelles bruxellait
Place de Brouckère on voyait des vitrines
Avec des hommes des femmes en crinoline (1)
Place de Brouckère on voyait l’omnibus (2)
Avec des femmes des messieurs en gibus (3)
Et sur l’impériale (4)
Le cœur dans les étoiles
Il y avait mon grand-père
Il y avait ma grand-mère
Il était militaire
Elle était fonctionnaire
Il pensait pas elle pensait rien
Et on voudrait que je sois malin
C’était au temps où Bruxelles chantait
C’était au temps du cinéma muet
C’était au temps où Bruxelles rêvait
C’était au temps où Bruxelles bruxellait
Sur les pavés de la place Sainte-Catherine
Dansaient les hommes les femmes en crinoline
Sur les pavés dansaient les omnibus
Avec des femmes des messieurs en gibus
Et sur l’impériale
Le cœur dans les étoiles
Il y avait mon grand-père
Il y avait ma grand-mère
Il avait su y faire
Elle l’avait laissé faire
Ils l’avaient donc fait tous les deux
Et on voudrait que je sois sérieux
C’était au temps où Bruxelles rêvait
C’était au temps du cinéma muet
C’était au temps où Bruxelles dansait
C’était au temps où Bruxelles bruxellait
Sous les lampions de la place Sainte-Justine
Chantaient les hommes les femmes en crinoline
Sous les lampions dansaient les omnibus
Avec des femmes des messieurs en gibus
Et sur l’impériale
Le cœur dans les étoiles
Il y avait mon grand-père
Il y avait ma grand-mère
Il attendait la guerre
Elle attendait mon père
Ils étaient gais comme le canal
Et on voudrait que j’aie le moral
C’était au temps où Bruxelles rêvait
C’était au temps du cinéma muet
C’était au temps où Bruxelles chantait
C’était au temps où Bruxelles bruxellait.
Il n'est pas facile de comprendre ce que Brel voulait dire avec sa chanson: la ville décrite par l'artiste belge est en même temps réelle et fictionelle. Aux lieux qui existent Brel accôte des lieux qui n'existent pas (il n'y a pas et il n'y a jamais eu de place Sainte-Justine dans l'histoire de Bruxelles), ensemble à des informations vraies sur le passé Brel nous donne des informations fausses (l'impériale était un étage où l'on accédait par un escalier en colimaçon. Pour des raisons de pudeur, dans un temps très puritain, une femme ne pouvait prendre le risque de monter un escalier en précédant un homme. Donc, il est impossible d'avoir de grand-mère sur l'impériale). C'est comme si Brel avait voulù recréer des impressions et des atmosphères, pour nous faire souvenir que “c’était au temps où Bruxelles bruxellait”. La choix des temps au passé (c'était) semble le indiquer.
On pourrait parler beaucoup de Bruxelles, car il y beaucoup d'histoires dans l'histoire de la ville et donc beaucoup à racconter. Peut-être que la comparaison entre la Bruxelles de nos jours et la Bruxelles décrite par Jacques Brel est seulement un point de départ.
(1) La crinoline était une armure de tissage utilisée par les femmes pendant le XIX siècle pour soutenir les jups.
(2) Les omnibus à impériale ont étés les premiers bus à deux étages. Ils marchaient merci à la présence de trois chevaux. Introduits à Paris 1853, les derniers omnibus à chevaux circulèrent en janvier 1913.
(3) Le chapeau claque ou gibus est un haut-de-forme qui s'aplatit et se relève à l'aide de ressorts mécaniques. Il était à la mode pendant le XIX siècle.
(4) L'impériale est le deuxiem étage du omnibus (regarder note 2). Il pouvait être couvert ou pas.
Wednesday, 20 November 2013
Parlamento Ue, rivedere trattati per sede unica
Lo chiede l'Aula in una risoluzione non legislativa approvata ad ampia maggioranza.
I socialisti francesi: «Un colpo di spada nell'acqua».
di Renato Giannetti (per eunews)
di Renato Giannetti (per eunews)
Il Parlamento europeo torna a chiedere
la sede unica per la propria istituzione, approvando una risoluzione
non legislativa in cui si chiede la revisione dei trattati. Con 483
voti a favore, 141 voti contrari e 34 astensioni, è stata approvato
il testo per cui «il Parlamento europeo sarebbe più efficiente e
rispettoso dell'ambiente se fosse situato in un unico luogo». Il
tradizionale spostamento mensile da Bruxelles e Strasburgo, lamentano
gli eurodeputati, «è divenuto una problematica negativa
emblematica per la maggior parte dei cittadini dell'Unione europea,
tale da nuocere alla reputazione dell'Ue, soprattutto in un momento
in cui la crisi finanziaria si è tradotta in gravi e dolorosi tagli
alla spesa negli Stati membri».
La risoluzione
evidenzia che i costi annuali supplementari risultanti dalla
dispersione geografica del Parlamento (tra Bruxelles, Lussemburgo e
Strasburgo) oscillano tra i 156 e i 204 milioni di euro, includendo
anche i costi aggiuntivi della sede di Strasburgo, che ammontano a
103 milioni. Come si afferma nel testo della risoluzione, «il costo
totale delle tre sedi di lavoro rappresenta circa il 10 % del
bilancio annuale». C'è poi la questione dell'impatto ambientale:
le emissioni di CO2 dovute ai trasferimenti da e verso le tre sedi UE
corrispondono rispettivamente a 11.000 e 19.000 tonnellate all'anno.
L'Aula torna a fare pressione sugli stati membri, chiedendo di «avviare una procedura ordinaria di revisione dei trattati, per
apportare le modifiche necessarie» per rispondere al problema. Un
messaggio ai paesi membri, responsabili delle modifiche "costituzionali": è infatti il Consiglio Ue a determinare la
riscrittura dei trattati, ma all'unanimità. Un problema, dato che la
Francia si oppone a revisioni che comportino la sede di Strasburgo.
La risoluzione chiede perciò all''Ufficio di presidenza del
Parlamento di commissionare a Eurobarometro, o a un servizio simile
di sondaggi professionale, di condurre entro l'1 gennaio 2014 un
sondaggio fra i cittadini europei sulla possibilità di mantenere i
tre luoghi di lavoro del Parlamento, con particolare riferimento ai
costi finanziari, ambientali e di efficienza.
«Gli edifici di Strasburgo sono utilizzati per soli 42
giorni all’anno ma bisogna pagare costi di manutenzione per 365
giorni», lamenta Roberta Angelilli (Ncd/Ppe), vicepresidente del
Parlamento europeo. «A questo bisogna aggiungere le ripercussioni
in termini di inquinamento ambientale causato dallo spostamento di
aerei, macchine e decine di tir per il trasferimento mensile di
persone, strumentazione e documenti». Ma col voto di oggi «il
Parlamento europeo ha detto basta a questi sprechi». Per Gerald
Hafner (Verdi), corresponsabile della stesura della relazione, «la
maggioranza schiacciante per questa relazione è un segnale per i
governi». Ma il messaggio non è recepito dai principali
destinatari, ovverosia i francese. «Siamo abituati a questi colpi
di spada nell'acqua», il commento di Catherine Trautmann (S&D),
capo delegazione del Partito socialista francese in Parlamento
europeo. «La prerogativa di decidere sulla sede del Parlamento
appartiene al Consiglio Ue, che vota all'unanimità».
Monday, 18 November 2013
Breviario
«E' una pessima abitudine, quandi si va altrove ad occuparsi di cose di propria competenza, parlare di altre questioni».
Emnna Bonino, ministro degli Esteri, rispondendo a una domanda di politica interna dopo un consiglio Affari esteri (Bruxelles, 18 novembre 2013)
Emnna Bonino, ministro degli Esteri, rispondendo a una domanda di politica interna dopo un consiglio Affari esteri (Bruxelles, 18 novembre 2013)
Sunday, 17 November 2013
AS Grifondoro, maggica giallo-rossa
Sir allenatore
Il solo barone che Hogwarts conosca è il Barone Sanguinario, o "Bloody Baron", il fantasma della Casa di Serpeverde. Allora chi è mai questo Nils Liedholm detto "il barone" racchiuso in questa foto rosso-ingiallita (a sinistra)? Semplice, è stato un allenatore del Grifondoro, famoso per aver ridato lustro alla squadra giallo-rossa dopo un paio di decenni passati in sordina. Ma fuori da Hogwarts è noto per avere condotto, nel 1983, la nazionale inglese di quidditch alla vittoria della coppa del mondo dopo oltre 100 edizioni (ricordiamo che i primi campionati del mondo si tennero nel 1473, per un totale, oggi, di 426 tornei disputati). Per questo motivo, come è spiegato nella foto d'epoca, Liedholm divenne un idolo in patria, e ad Hogwarts in particolare - quando giunse dopo le vittorie mondiali - fu amato da tifosi e giocatori avversari. Sempre per lo stesso motivo, la vittoria mondiale, la regina Elisabetta, attraverso il delegato reale per la magia, insignì Nils Liedholm del titolo di "baronetto". Nils Liedholm è l'unico "sir" ad aver seduto sulla panchina del Grifondoro, dove arrivò a fine carriera. Una coincidenza davvero tutta particolare, se pensiamo che c'è solo un altro "sir" nella storia di Grifondoro: si tratta di Sir Nicholas de Mimsy-Porpington, meglio noto come Nick-quasi-senza-testa, il cui fantasma si aggira ancora tra le mura del castello di Hogwarts. Nella foto vediamo "il barone" Liedholm con un cappello dei colori del Grifindoro durante una seduta di allenamento.
Molti hanno riscontranto delle somiglianze con un babbano che ha allenato una squadra di calcio (a destra): niente paura, è una pura coincidenza. Da quel che si vede pare essere un allenatore della Roma, squadra - come precisato più volte - maggica per definizione (peraltro per i suoi soli tifosi) ma non di fatto, e comunque attiva in discipline sportive babbane che, in quanto tali, non interessano nessuno. Non sappiamo come si chiami questo finto sosia del celebre allenatore di quidditch. E' affar dei babbani, questo.
Il solo barone che Hogwarts conosca è il Barone Sanguinario, o "Bloody Baron", il fantasma della Casa di Serpeverde. Allora chi è mai questo Nils Liedholm detto "il barone" racchiuso in questa foto rosso-ingiallita (a sinistra)? Semplice, è stato un allenatore del Grifondoro, famoso per aver ridato lustro alla squadra giallo-rossa dopo un paio di decenni passati in sordina. Ma fuori da Hogwarts è noto per avere condotto, nel 1983, la nazionale inglese di quidditch alla vittoria della coppa del mondo dopo oltre 100 edizioni (ricordiamo che i primi campionati del mondo si tennero nel 1473, per un totale, oggi, di 426 tornei disputati). Per questo motivo, come è spiegato nella foto d'epoca, Liedholm divenne un idolo in patria, e ad Hogwarts in particolare - quando giunse dopo le vittorie mondiali - fu amato da tifosi e giocatori avversari. Sempre per lo stesso motivo, la vittoria mondiale, la regina Elisabetta, attraverso il delegato reale per la magia, insignì Nils Liedholm del titolo di "baronetto". Nils Liedholm è l'unico "sir" ad aver seduto sulla panchina del Grifondoro, dove arrivò a fine carriera. Una coincidenza davvero tutta particolare, se pensiamo che c'è solo un altro "sir" nella storia di Grifondoro: si tratta di Sir Nicholas de Mimsy-Porpington, meglio noto come Nick-quasi-senza-testa, il cui fantasma si aggira ancora tra le mura del castello di Hogwarts. Nella foto vediamo "il barone" Liedholm con un cappello dei colori del Grifindoro durante una seduta di allenamento.
Molti hanno riscontranto delle somiglianze con un babbano che ha allenato una squadra di calcio (a destra): niente paura, è una pura coincidenza. Da quel che si vede pare essere un allenatore della Roma, squadra - come precisato più volte - maggica per definizione (peraltro per i suoi soli tifosi) ma non di fatto, e comunque attiva in discipline sportive babbane che, in quanto tali, non interessano nessuno. Non sappiamo come si chiami questo finto sosia del celebre allenatore di quidditch. E' affar dei babbani, questo.
Conferenza sul clima, tutto fermo
Le economie emergenti ancora decise a non impegnarsi troppo per ridurre le emissioni. A loro si aggiunge la Germania.
di Emiliano Biaggio
Azioni contro i cambiamenti climatici? No, grazie. La conferenza delle Nazioni Unite sul clima in corso in Polonia non segna passi avanti, e le azioni contro il surriscaldamente del pianeta sono sempre più un miraggio. Colpa dei paesi in via di sviluppo, che non intendono impegnarsi a limitare le emissioni di gas a effetto serra - principalmente il biossido di carbonio, o CO2 - e colpa dei grandi paesi europei che in nome della competività e dietro l'alibi della crisi non intendono assumere impegni costosi. Il nodo sta proprio qui, nei costi. Per i paesi industrializzati convertire il sistema produttivo in modo da diminuirne l’impatto ambientale resta antieconomico. E di fronte all'avanzata delle economie emergenti, investire nella conversione del proprio sistema produttivo vorrebbe dire perdere terreno e vantaggio. A Varsavia i segnali sono dunque poco incoraggianti: da una parte restano da convicere Cina, India, Brasile, Indonesia e Vietnam, paesi che non hanno firmato il protoccolo di Kyoto (il trattato internazionale per la sostenibilità) e che non essendo obbligati a ridurre le proprie emissioni sono diventati destinazioni privilegiate per le delocalizzazioni industriali dai paesi sviluppati; dall'altra parte ci sono Germania e Giappone che stanno entrambi sostituendo i loro impianti nucleari con centrali a gas o carbone, scelta che va nella direzione opposta alla riduzione di emissioni. C'è poi la Polonia padrona di casa, paese il cui sistema industriale è alimentato dal carbone. Le premesse dunque non sono buone, e c'è il rischio di un buco nell'acqua che non gioverebbe a nessuno.
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Brutto clima a Varsavia (presseurope)
di Emiliano Biaggio
Azioni contro i cambiamenti climatici? No, grazie. La conferenza delle Nazioni Unite sul clima in corso in Polonia non segna passi avanti, e le azioni contro il surriscaldamente del pianeta sono sempre più un miraggio. Colpa dei paesi in via di sviluppo, che non intendono impegnarsi a limitare le emissioni di gas a effetto serra - principalmente il biossido di carbonio, o CO2 - e colpa dei grandi paesi europei che in nome della competività e dietro l'alibi della crisi non intendono assumere impegni costosi. Il nodo sta proprio qui, nei costi. Per i paesi industrializzati convertire il sistema produttivo in modo da diminuirne l’impatto ambientale resta antieconomico. E di fronte all'avanzata delle economie emergenti, investire nella conversione del proprio sistema produttivo vorrebbe dire perdere terreno e vantaggio. A Varsavia i segnali sono dunque poco incoraggianti: da una parte restano da convicere Cina, India, Brasile, Indonesia e Vietnam, paesi che non hanno firmato il protoccolo di Kyoto (il trattato internazionale per la sostenibilità) e che non essendo obbligati a ridurre le proprie emissioni sono diventati destinazioni privilegiate per le delocalizzazioni industriali dai paesi sviluppati; dall'altra parte ci sono Germania e Giappone che stanno entrambi sostituendo i loro impianti nucleari con centrali a gas o carbone, scelta che va nella direzione opposta alla riduzione di emissioni. C'è poi la Polonia padrona di casa, paese il cui sistema industriale è alimentato dal carbone. Le premesse dunque non sono buone, e c'è il rischio di un buco nell'acqua che non gioverebbe a nessuno.
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Saturday, 16 November 2013
Bruxelles, La Bande dessinée
Da due anni Emiliano Biaggio ha spostato la propria sede operativa in Belgio. E' stato deciso di dedicare delle testate tematiche per offrire una panoramica della città. Sul blog farà la comparsa una banda fotografica con immagini di Bruxelles, insieme all'immagine da cui è stata ricavata con la spiegazione, per quella che si prepone di essere una piccola guida di Bruxelles.
10. La capitale del fumetto
Bruxelles non è solo la capitale dell'Unione europea, la patria delle "frites" o del cioccolato. Bruxelles è, tra le altre cose, la capitale europea del fumetto. Anche se la scuola belga rappresenta un filone delle storie disegnate, è indubbio che abbia contribuito allo sviluppo della produzione europea con una tradizione ricca di personaggi famosi e una serie di disegnatori e sceneggiatori che hanno tutti in comune la città di Bruxelles. E' qui che le due anime del regno - quella francofona e quella nederlandese o fiamminga - si incontrano e si fondono. Il fumetto belga fiorisce nella seconda metà del secolo scorso. Era il 1964 quando venne introdotta l'espressione "bande dessinée" (fumetto). A coniare il termine e introdurre il concetto fu Morris (pseudonimo di Maurice de Bevere), disegnatore e sceneggiatore belga già noto al mondo per aver creato il personaggio di Lucky Luke. Prima di allora il fumetto non esisteva, esistevano i disegni. Nel mondo anglossassone esistevano - e tuttora esistono - le "strips", ma dagli anni Sessanta sul settimanale franco-belga Morris coniò il termine noto ancora oggi. Si deve a un belga e al Belgio questa invenzione, come tante altre a molti poco note: i Puffi, Tintin e il già citato Lucky Luke. Bruxelles è la città del fumetto, una grande fiera permanente fatta di tante librerie specializzate, musei e murales. Ovunque ci su può imbattere in quella che a tutti gli effetti è una parte integrante della cultura belga. La città offre il Centro del fumetto (4.000 metri quadrati in cui è raccolta la storia della nona arte), la Casa del fumetto, il Moof (il Museo delle figurine con le collezioni dedicate alle serie dei fumetti), la fondazione Raymond Leblanc (che conserva, tra le altre cose, del giornale "Tintin"). E per le vie del centro si snoda il "percorso dei fumetti", una serie di murales decorativi dedicati ai fumetti e ai loro personaggi. Colorano edifici, cortili, case, stazioni della metropolitana, ornano la città giocando con l'ambiente urbano. Di murales da vedere e scoprire non c'è che l'imbarazzo delle scelta. Ecco un itineriario (suggerito da voyages-sncf.com):
Gaston Lagaffe (Franquin) nel boulevard Pacheco; Ric Hochet (Tibet/Duchâteau) in rue de Bon Secours 9; Monsieur Jean (Dupuy/Berberian) a rue des Bogards; Isabelle (Will) a rue de la Verdure; Astérix (Uderzo /Goscinny) a rue de la Buanderie; Néron (Sleen) a piazza Saint-Géry e Ange/ Engel (Yslaire) al rue des Chartreux 21. Ancora, affreschi dedicati a personaggi sono Boule e Bill (Roba) a rue du Chevreuil; Lucky Luke (Morris) a rue de la Buanderie / Le Chat (Philippe Geluck) a boulevard du Midi; Tintin (Hergé) a rue de l’Etuve e nella hall della stazione di Bruxelles-midi; Gaston Lagaffe (Franquin) a rue de l’Ecuyer; Titeuf (Zep) in Avenue Bockstael, Laeken / Corto Maltese (Hugo Pratt) Quai des Péniches.
ABBIAMO GIA' SCRITTO NELLA SEZIONE "BRUXELLES":
1 Palazzo reale | 2 Atomium | 3 Mont-des-arts | 4 Il parco del Cinquantenario | 5 La Grand place | 6 Il municipio | 7 Gli stagni di Ixelles | 8 Place Flagey | 9 Il parco di Bruxelles |
10. La capitale del fumetto
Bruxelles non è solo la capitale dell'Unione europea, la patria delle "frites" o del cioccolato. Bruxelles è, tra le altre cose, la capitale europea del fumetto. Anche se la scuola belga rappresenta un filone delle storie disegnate, è indubbio che abbia contribuito allo sviluppo della produzione europea con una tradizione ricca di personaggi famosi e una serie di disegnatori e sceneggiatori che hanno tutti in comune la città di Bruxelles. E' qui che le due anime del regno - quella francofona e quella nederlandese o fiamminga - si incontrano e si fondono. Il fumetto belga fiorisce nella seconda metà del secolo scorso. Era il 1964 quando venne introdotta l'espressione "bande dessinée" (fumetto). A coniare il termine e introdurre il concetto fu Morris (pseudonimo di Maurice de Bevere), disegnatore e sceneggiatore belga già noto al mondo per aver creato il personaggio di Lucky Luke. Prima di allora il fumetto non esisteva, esistevano i disegni. Nel mondo anglossassone esistevano - e tuttora esistono - le "strips", ma dagli anni Sessanta sul settimanale franco-belga Morris coniò il termine noto ancora oggi. Si deve a un belga e al Belgio questa invenzione, come tante altre a molti poco note: i Puffi, Tintin e il già citato Lucky Luke. Bruxelles è la città del fumetto, una grande fiera permanente fatta di tante librerie specializzate, musei e murales. Ovunque ci su può imbattere in quella che a tutti gli effetti è una parte integrante della cultura belga. La città offre il Centro del fumetto (4.000 metri quadrati in cui è raccolta la storia della nona arte), la Casa del fumetto, il Moof (il Museo delle figurine con le collezioni dedicate alle serie dei fumetti), la fondazione Raymond Leblanc (che conserva, tra le altre cose, del giornale "Tintin"). E per le vie del centro si snoda il "percorso dei fumetti", una serie di murales decorativi dedicati ai fumetti e ai loro personaggi. Colorano edifici, cortili, case, stazioni della metropolitana, ornano la città giocando con l'ambiente urbano. Di murales da vedere e scoprire non c'è che l'imbarazzo delle scelta. Ecco un itineriario (suggerito da voyages-sncf.com):
Gaston Lagaffe (Franquin) nel boulevard Pacheco; Ric Hochet (Tibet/Duchâteau) in rue de Bon Secours 9; Monsieur Jean (Dupuy/Berberian) a rue des Bogards; Isabelle (Will) a rue de la Verdure; Astérix (Uderzo /Goscinny) a rue de la Buanderie; Néron (Sleen) a piazza Saint-Géry e Ange/ Engel (Yslaire) al rue des Chartreux 21. Ancora, affreschi dedicati a personaggi sono Boule e Bill (Roba) a rue du Chevreuil; Lucky Luke (Morris) a rue de la Buanderie / Le Chat (Philippe Geluck) a boulevard du Midi; Tintin (Hergé) a rue de l’Etuve e nella hall della stazione di Bruxelles-midi; Gaston Lagaffe (Franquin) a rue de l’Ecuyer; Titeuf (Zep) in Avenue Bockstael, Laeken / Corto Maltese (Hugo Pratt) Quai des Péniches.
ABBIAMO GIA' SCRITTO NELLA SEZIONE "BRUXELLES":
1 Palazzo reale | 2 Atomium | 3 Mont-des-arts | 4 Il parco del Cinquantenario | 5 La Grand place | 6 Il municipio | 7 Gli stagni di Ixelles | 8 Place Flagey | 9 Il parco di Bruxelles |
Friday, 15 November 2013
bLOGBOOK
«Che hai fatto?»
«Niente, perchè?»
«Stai piangendo»
«No, è solo il collirio»
«Hai problemi?»
«Il computer. Passo la mia vita al computer»
Lo disse con un tono che a lei non piacque. «Ehi, è la tua vita. E l'hai scelta tu. Dovresti essere fiero delle tue scelte»
«Già. Dovrei». Non disse altro. Rimase in silenzio per qualche istante, durante il quale non lei non disse niente.
«E' che inizio a credere che forse dovrei rivedere le mie scelte», disse infine.
«Se è questo che vuoi è questo che avrai», rispose di rimando lei. Lui non gradì. Detestava quella sua sicurezza. Ammirava il suo ottimismo, ma non sopportava quel suo atteggiamento. La faceva sempre facile, lei. Ma vivere era terribilmente complicato. Tutto, per lui, era complicato. Anche dire quello che voleva dirle, e che sapeva non le avrebbe detto mai. Si rimise il collirio e chiuse per un attimo gli occhi.
«Ti fanno male?», chiese lei.
«Bruciano»
«Ti dovresti prendere delle pause»
«Oggi le ho prese»
«Parlo del lavoro», rispose lei. Aveva colto benissimo la sua allusione. Aveva capito fin dall'inizio, lei. E la sua risposta non fu casuale. «Quando lavori dovresti alzarti più spesso. Ti fa male stare tutto questo tempo davanti allo schermo»
«Vedo»
«Che fai stasera?»
«Pensavo di invitarti a uscire», pensò. Ma non lo disse. Capì che non avrebbe avuto alcun senso. Oh, per lui ne avrebbe avuto eccome. Ma dato che lei avrebbe fornito la solita risposta di cortese rifiuto, evitò di dire ciò che pensava. «Non lavoro e non sto davanti al computer, il che è già un gran programma», disse.
«Sarebbe a dire che non lo sai?»
«Sarebbe a dire che non te lo voglio dire»
«Capito, non hai ancora organizzato nulla»
«Se ti piace crederlo... E tu?»
«Io devo andare»
Si alzò, si abbottonò il cappotto e prese la sua borsa. Lui non disse nulla, neanche provò a fermarla. Non sarebbe servito. «Ci... ci sentiamo», disse lei.
«Buona serata»
Restò solo con le sue lacrime artificiali a vedere il paesaggio cambiare colore nel passaggio dal giorno alla sera. Gli venne in mente "Ed è subito sera" di Quasimodo. «Bella», pensò. «Poetica e malinconica. Sì, ho sbagliato tutto».
«Niente, perchè?»
«Stai piangendo»
«No, è solo il collirio»
«Hai problemi?»
«Il computer. Passo la mia vita al computer»
Lo disse con un tono che a lei non piacque. «Ehi, è la tua vita. E l'hai scelta tu. Dovresti essere fiero delle tue scelte»
«Già. Dovrei». Non disse altro. Rimase in silenzio per qualche istante, durante il quale non lei non disse niente.
«E' che inizio a credere che forse dovrei rivedere le mie scelte», disse infine.
«Se è questo che vuoi è questo che avrai», rispose di rimando lei. Lui non gradì. Detestava quella sua sicurezza. Ammirava il suo ottimismo, ma non sopportava quel suo atteggiamento. La faceva sempre facile, lei. Ma vivere era terribilmente complicato. Tutto, per lui, era complicato. Anche dire quello che voleva dirle, e che sapeva non le avrebbe detto mai. Si rimise il collirio e chiuse per un attimo gli occhi.
«Ti fanno male?», chiese lei.
«Bruciano»
«Ti dovresti prendere delle pause»
«Oggi le ho prese»
«Parlo del lavoro», rispose lei. Aveva colto benissimo la sua allusione. Aveva capito fin dall'inizio, lei. E la sua risposta non fu casuale. «Quando lavori dovresti alzarti più spesso. Ti fa male stare tutto questo tempo davanti allo schermo»
«Vedo»
«Che fai stasera?»
«Pensavo di invitarti a uscire», pensò. Ma non lo disse. Capì che non avrebbe avuto alcun senso. Oh, per lui ne avrebbe avuto eccome. Ma dato che lei avrebbe fornito la solita risposta di cortese rifiuto, evitò di dire ciò che pensava. «Non lavoro e non sto davanti al computer, il che è già un gran programma», disse.
«Sarebbe a dire che non lo sai?»
«Sarebbe a dire che non te lo voglio dire»
«Capito, non hai ancora organizzato nulla»
«Se ti piace crederlo... E tu?»
«Io devo andare»
Si alzò, si abbottonò il cappotto e prese la sua borsa. Lui non disse nulla, neanche provò a fermarla. Non sarebbe servito. «Ci... ci sentiamo», disse lei.
«Buona serata»
Restò solo con le sue lacrime artificiali a vedere il paesaggio cambiare colore nel passaggio dal giorno alla sera. Gli venne in mente "Ed è subito sera" di Quasimodo. «Bella», pensò. «Poetica e malinconica. Sì, ho sbagliato tutto».
Wednesday, 13 November 2013
EmilianoBiaggio incorre nella censura preventiva. Sembra, e il condizionale è d'obbligo, che avremmo violato leggi di copyright. Vorremmo capire di che si tratta, ma il team di blogger, che così gentilmente ci ospita, non può fornire spiegazioni. In caso di violazioni EmilianoBiaggio è pronto a porgere scuse e procedere a modifiche, rettifiche e cancellazioni. Ma per fare tutto questo è necessario sapere se si è responsabili di violazioni, cosa che sarebbe stata possibile ma che è stato ritenuto di non appurare per l'impossibilità di EmilianoBiaggio di andare oltre. Di seguito la notifica recapitata a EmilianoBiaggio:
"A Blogger è stato notificato, in base ai termini del Digital Millennium Copyright Act (DMCA), che alcuni contenuti del tuo blog potrebbero aver infranto i copyright di altri. Di conseguenza,abbiamo reimpostato lo stato dei post su \"bozza\". (Se non lo avvessimo fatto, saremmo stati oggetto di denuncia per violazione del copyright, indipendentemente dai meriti. L'URL dei presunti post illeciti si trovano alla fine di questo messaggio). Ciò significa che il tuo post e altre immagini, link e altro contenuto non sono stati pubblicati. Puoi modificare il post eliminando il contenuto oltraggioso e ripubblicandolo, a quel punto il post in questione sarà visibile nuovamente ai lettori. Alcune informazioni: il DMCA è una legge sul copyright degli Stati Uniti che fornisce linee guida sula responsabilità dei provider di servizi online in caso di violazione del copyright. Se pensi di avere il diritto di pubblicare i contenuti in questione, puoi inviare una contro denuncia. [...] Se scopriamo che hai ripubblicato il post senza rimuovere i contenuti/link in questione, cancellerermo il post e l'account come conseguenza della violazione dell'account. Violazioni ripetute dei Termini di servizio possono portare a ulteriori provvedimenti contro il tuo account di Blogger come l'eliminazione e/o l'interruzione dell'account. Gli avvisi DMCA relativi ai contenuti sul blog possono portare a conseguenze per gli account AdSense associati. In caso di domande legali su tale notifica, contattare il proprio consulente legale. Cordialmente, The Blogger Team".
EmilianoBiaggio potrebbe aver infranto o ha infranto i copyright di altri? C'è una bella differenza. Una disattivazione giustificata è ben accetta, una disattivazione preventiva è ingiustificabile. In Italia vige la presunzione di innocenza fino a prova contraria, e un oscuramento di un post decretato d'ufficio per presunte infrazioni è un atto contrario a ogni forma di democrazia. Pur comprendendo le ragioni del provider dei servizi chiamato a rispettare le leggi degli Stati Uniti, dispiace constatare che Blogger, oltre a non spiegare se sussista il fatto, nel consigliare di modificare quanto pubblicato non sappia fornire indicazioni sulle parti di testo contestate. Dispiace constatare che i provider di servizi accettino che soggetti possano agire "indipendentemente dai meriti". Dispiace inoltre constatare che un paese considerato come il migliore esempio di democrazia preveda forme di censura preventiva come quelle contenute nei dispostivi DMCA e che al principio della presunzione di innocenza preferisca quello della presunta colpevolezza. EmilianoBiaggio, nell'impossibilità di ricorrere a consulenti legali, ha dovuto provvedere alla rimozione del post contestato. Ciò con dispiacere e sopresa: dispiacere per l'assenza di trasparenza e sorpresa perchè il post contestato riguardava dati Istat, istituto che nulla ha a che fare con gli Stati Uniti e peraltro correttamente citato e nominato nel pezzo. Ma questo conta poco, dato che non sarà più leggibile. Ce ne scusiamo.
Il post che non leggerete più
"A Blogger è stato notificato, in base ai termini del Digital Millennium Copyright Act (DMCA), che alcuni contenuti del tuo blog potrebbero aver infranto i copyright di altri. Di conseguenza,abbiamo reimpostato lo stato dei post su \"bozza\". (Se non lo avvessimo fatto, saremmo stati oggetto di denuncia per violazione del copyright, indipendentemente dai meriti. L'URL dei presunti post illeciti si trovano alla fine di questo messaggio). Ciò significa che il tuo post e altre immagini, link e altro contenuto non sono stati pubblicati. Puoi modificare il post eliminando il contenuto oltraggioso e ripubblicandolo, a quel punto il post in questione sarà visibile nuovamente ai lettori. Alcune informazioni: il DMCA è una legge sul copyright degli Stati Uniti che fornisce linee guida sula responsabilità dei provider di servizi online in caso di violazione del copyright. Se pensi di avere il diritto di pubblicare i contenuti in questione, puoi inviare una contro denuncia. [...] Se scopriamo che hai ripubblicato il post senza rimuovere i contenuti/link in questione, cancellerermo il post e l'account come conseguenza della violazione dell'account. Violazioni ripetute dei Termini di servizio possono portare a ulteriori provvedimenti contro il tuo account di Blogger come l'eliminazione e/o l'interruzione dell'account. Gli avvisi DMCA relativi ai contenuti sul blog possono portare a conseguenze per gli account AdSense associati. In caso di domande legali su tale notifica, contattare il proprio consulente legale. Cordialmente, The Blogger Team".
EmilianoBiaggio potrebbe aver infranto o ha infranto i copyright di altri? C'è una bella differenza. Una disattivazione giustificata è ben accetta, una disattivazione preventiva è ingiustificabile. In Italia vige la presunzione di innocenza fino a prova contraria, e un oscuramento di un post decretato d'ufficio per presunte infrazioni è un atto contrario a ogni forma di democrazia. Pur comprendendo le ragioni del provider dei servizi chiamato a rispettare le leggi degli Stati Uniti, dispiace constatare che Blogger, oltre a non spiegare se sussista il fatto, nel consigliare di modificare quanto pubblicato non sappia fornire indicazioni sulle parti di testo contestate. Dispiace constatare che i provider di servizi accettino che soggetti possano agire "indipendentemente dai meriti". Dispiace inoltre constatare che un paese considerato come il migliore esempio di democrazia preveda forme di censura preventiva come quelle contenute nei dispostivi DMCA e che al principio della presunzione di innocenza preferisca quello della presunta colpevolezza. EmilianoBiaggio, nell'impossibilità di ricorrere a consulenti legali, ha dovuto provvedere alla rimozione del post contestato. Ciò con dispiacere e sopresa: dispiacere per l'assenza di trasparenza e sorpresa perchè il post contestato riguardava dati Istat, istituto che nulla ha a che fare con gli Stati Uniti e peraltro correttamente citato e nominato nel pezzo. Ma questo conta poco, dato che non sarà più leggibile. Ce ne scusiamo.
Il post che non leggerete più
Monday, 11 November 2013
La Repubblica ceca abbandona l'Ue?
Il Partito dei cittadini liberi invoca un referendum per l'uscita dal club dei ventotto.
di Emiliano Biaggio
La Repubblica Ceca ha sempre mantenuto un velo di dubbio sull’appartenenza all’Unione europea. Non è un mistero. L’ex presidente della Repubblica, Vaclac Klaus, non era un europeista convinto, al contrario era piuttosto euroscettico e non era un segreto per nessuno, a Praga come a Bruxelles. Così come non è un segreto, e se lo era non lo è più, che c’è chi pensa di uscire dall’Ue. La proposta arriva da Miloslav Bednar, vicepresidente del Partito dei cittadini liberi (Strana svobodných občanů- Sso), formazione extra-parlamentare che cerca di creare consensi attorno alla stessa idea che tanto fa discutere, e forse affascina, i britannici: «Riconsiderare l’adesione all’Ue», come spiegato dallo stesso Bednar. A tal proposito «andrebbe indetto un referendum su una possibile uscita». Il Partito dei cittadini liberi critica «la governance dirigista» dell’Ue nonché le politiche adottate, e vorrebbe richiamare l’attenzione sulla «insostenibilità» di questa Europa. La formazione alle ultime politiche non ha sfondato, raccogliendo appena il 2,4% dei voti, un risultato che non gli ha permesso l’accesso in Parlamento (in Repubblica ceca la soglia di sbarramento è fissata al 5%). Ma nel clima generale europeo, con la crescita dei movimento populisti ed euroscettici che tanto preoccupa a Bruxelles, il Partito dei cittadini liberi rischia di far presa sull’elettorato ceco chiamato, come tutti gli europei, a votare per il nuovo Parlamento europeo e per il rinnovo dalla Commissione Ue.
Non solo Gran Bretagna, dunque. Oltremanica il dibattito sul "dentro o fuori" l'Ue si intensifica sempre più, e il governo di Daivd Cameron ha fissato un referendum da tenere entro il 2017. Ora un anologo ragionamento si inizia a fare in Repubblica ceca, l'altro paese - insieme proprio alla Gran Bretagna - a non aver approvato il patto di bilancio europeo (o fiscal compact), l'accordo intergovernativo per l'equilibrio dei conti pubblici entrato in vigore l'1 gennaio 2013, "manifesto" dell'austerity e del rigore promosse dall'Europa.
Miloslav Bednar |
La Repubblica Ceca ha sempre mantenuto un velo di dubbio sull’appartenenza all’Unione europea. Non è un mistero. L’ex presidente della Repubblica, Vaclac Klaus, non era un europeista convinto, al contrario era piuttosto euroscettico e non era un segreto per nessuno, a Praga come a Bruxelles. Così come non è un segreto, e se lo era non lo è più, che c’è chi pensa di uscire dall’Ue. La proposta arriva da Miloslav Bednar, vicepresidente del Partito dei cittadini liberi (Strana svobodných občanů- Sso), formazione extra-parlamentare che cerca di creare consensi attorno alla stessa idea che tanto fa discutere, e forse affascina, i britannici: «Riconsiderare l’adesione all’Ue», come spiegato dallo stesso Bednar. A tal proposito «andrebbe indetto un referendum su una possibile uscita». Il Partito dei cittadini liberi critica «la governance dirigista» dell’Ue nonché le politiche adottate, e vorrebbe richiamare l’attenzione sulla «insostenibilità» di questa Europa. La formazione alle ultime politiche non ha sfondato, raccogliendo appena il 2,4% dei voti, un risultato che non gli ha permesso l’accesso in Parlamento (in Repubblica ceca la soglia di sbarramento è fissata al 5%). Ma nel clima generale europeo, con la crescita dei movimento populisti ed euroscettici che tanto preoccupa a Bruxelles, il Partito dei cittadini liberi rischia di far presa sull’elettorato ceco chiamato, come tutti gli europei, a votare per il nuovo Parlamento europeo e per il rinnovo dalla Commissione Ue.
Non solo Gran Bretagna, dunque. Oltremanica il dibattito sul "dentro o fuori" l'Ue si intensifica sempre più, e il governo di Daivd Cameron ha fissato un referendum da tenere entro il 2017. Ora un anologo ragionamento si inizia a fare in Repubblica ceca, l'altro paese - insieme proprio alla Gran Bretagna - a non aver approvato il patto di bilancio europeo (o fiscal compact), l'accordo intergovernativo per l'equilibrio dei conti pubblici entrato in vigore l'1 gennaio 2013, "manifesto" dell'austerity e del rigore promosse dall'Europa.
Sunday, 10 November 2013
Il lobbista in Parlamento Ue? E' un deputato
La denuncia dei Verdi: «Il presidente del gruppo di lavoro per la riforma del codice di trasparenza è in conflitto di interessi». Chieste le dimissioni.
di Emiliano Biaggio
L'organismo che doveva controllare finisce per essere controllato, e chi lo presiede si scopre essere amico dei nemici dichiarati. Se quello che denunciano i Verdi è vero la storia ha dell'incredibile. Non tanto per la storia in sè, che peraltro in paesi come l'Italia è conosciuta e noto che le mamme la raccontano ai propri bambini la sera prima di andare a letto. Ma perchè si consuma all'interno dell'Unione europea, quella Ue che prima predica rigore e poi si dimostra tutt'altro che inflessibile. Rainer Wieland (Ppe) non è un deputato europeo qualsiasi: è tedesco, e dunque rappresentante del paese che maggiormente pretende rigore (quando si lavora in Ue non si rappresenta i governi, ma la provenienza resta comunque un fattore di appartenenza alla cultura del paese), vicepresidente del Parlamento europeo, e presidente del gruppo di lavoro incaricato di modificare il codice di trasparenza per le lobby dello stesso Parlamento europeo. I Verdi ne chiedono le dimissioni, sostenendo che Wieland sia egli stesso un esponente dei gruppi di interesse. I Verdi hanno sollevato il caso al presidente del Parlamento Ue, Martin Schulz (anche lui un tedesco), facendo notare come il gruppo di lavoro non abbia compiuto progressi. La co-presidente del gruppo Verdi, Rebecca Harms, non ha dubbi: «C'è un conflitto di interesse nel ruolo del signor Wiesland di capo del gruppo di riforma delle regole per le lobby del Parlamento europeo». Contro di lui, e di questo Harms ne è certa, ci sono «rivelazioni su un suo coinvolgimento in gruppo lobbistico», e per questo motivo «la posizione da lui ricoperta nel gruppo di lavoro diventa del tutto insostenibile». Da qui, dopo la denuncia, la richiesta a Schulz di «dimissioni».
Il noto detto, noto almeno in Italia, vuole che si dica il peccato e non il peccatore. I Verdi invece sollevano il caso facendo nomi e cognomi. Wieland, a quanto denunciano Rebecca Harms e il presidente dei Verdi Daniel Cohn-Bendit, lavora presso lo studio di consulenza Theumer, Wieland & Weisenburger, con base a Stoccarda ma presente con filiale a Bruxelles. «Il codice di condotta del Parlamento europeo proibisce ai deputati di avere un secondo lavoro che abbia a che fare con attività di pressione sulle politiche comunitarie», ricorda Harms. «Per la credibilità del Parlamento europeo, il Parlamento deve avviare al più presto un'inchiesta».
LA LETTERA INVIATA A SCHULZ (ENG)
Rainer Wieland (Ppe) |
L'organismo che doveva controllare finisce per essere controllato, e chi lo presiede si scopre essere amico dei nemici dichiarati. Se quello che denunciano i Verdi è vero la storia ha dell'incredibile. Non tanto per la storia in sè, che peraltro in paesi come l'Italia è conosciuta e noto che le mamme la raccontano ai propri bambini la sera prima di andare a letto. Ma perchè si consuma all'interno dell'Unione europea, quella Ue che prima predica rigore e poi si dimostra tutt'altro che inflessibile. Rainer Wieland (Ppe) non è un deputato europeo qualsiasi: è tedesco, e dunque rappresentante del paese che maggiormente pretende rigore (quando si lavora in Ue non si rappresenta i governi, ma la provenienza resta comunque un fattore di appartenenza alla cultura del paese), vicepresidente del Parlamento europeo, e presidente del gruppo di lavoro incaricato di modificare il codice di trasparenza per le lobby dello stesso Parlamento europeo. I Verdi ne chiedono le dimissioni, sostenendo che Wieland sia egli stesso un esponente dei gruppi di interesse. I Verdi hanno sollevato il caso al presidente del Parlamento Ue, Martin Schulz (anche lui un tedesco), facendo notare come il gruppo di lavoro non abbia compiuto progressi. La co-presidente del gruppo Verdi, Rebecca Harms, non ha dubbi: «C'è un conflitto di interesse nel ruolo del signor Wiesland di capo del gruppo di riforma delle regole per le lobby del Parlamento europeo». Contro di lui, e di questo Harms ne è certa, ci sono «rivelazioni su un suo coinvolgimento in gruppo lobbistico», e per questo motivo «la posizione da lui ricoperta nel gruppo di lavoro diventa del tutto insostenibile». Da qui, dopo la denuncia, la richiesta a Schulz di «dimissioni».
Il noto detto, noto almeno in Italia, vuole che si dica il peccato e non il peccatore. I Verdi invece sollevano il caso facendo nomi e cognomi. Wieland, a quanto denunciano Rebecca Harms e il presidente dei Verdi Daniel Cohn-Bendit, lavora presso lo studio di consulenza Theumer, Wieland & Weisenburger, con base a Stoccarda ma presente con filiale a Bruxelles. «Il codice di condotta del Parlamento europeo proibisce ai deputati di avere un secondo lavoro che abbia a che fare con attività di pressione sulle politiche comunitarie», ricorda Harms. «Per la credibilità del Parlamento europeo, il Parlamento deve avviare al più presto un'inchiesta».
LA LETTERA INVIATA A SCHULZ (ENG)
Thursday, 7 November 2013
Israele, insidiamento in Medio Oriente
Approvata la costruzione di 1.859 nuovi alloggi. Gli Stati Uniti: «impegno per la pace dello Stato ebraico poco serio»
di Emiliano Biaggio
Avanti con gli insediamenti israeliani. La politica dello Stato ebraico non cambia, tanto da indurre l'alleato storico di Tel Aviv, gli Stati Uniti, a criticare l'operato del governo Netanyahu. Il 30 ottobre il suo esecutivo ha approvato la costruzione di 1.500 insediamenti a Ramat Shlomo, a Gerusalemme est, suscitando le ire di Autorità nazionale palestinese e incontrando la censura dell'Unione europea. A distanza di appena quattro giorni Netanyahu ha autorizzato la costruzione di altri 1.859 alloggi tra Gerusalemme est e la Cisgiordania, portando a 5.000 il numero complessivo delle unità abitative autorizzate da Netanyahu. «La politica degli insediamenti suscita qualche domanda su quanto sia serio l’impegno da parte di Israele», il commento di John Kerry, segretario di Stato americano. «E voglio essere chiaro: gli Stati Uniti considerano gli insediamenti israeliani illegittimi e dannosi per il proseguimento del processo di pace». Tardiva la reazione dell'UNione europea, con l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Ue che ha impiegato quattro giorni per criticare Israele, con le stesse parole usate la settimana scorsa. «L'Unione europea ha più volte ripetuto che gli insediamento sono illegali dal punto di vista del diritto internazionale», ribadisce Catherine Ashton. «l'Unione europea deplora il recento l'annuncio di nuovi insediamenti e invita il governo israeliano a tornare sui propri passi». Israele invece va avanti, in barba agli accordi internazionali, al processo di pace - che stabilisce lo stop alla costruzione di nuove unità abitative - e al popolo palestinese. La costruzione degli alloggi «è la negazione dei diritti dei palestinesi, un duro colpo agli accordi internazionali già firmati, un fallimento che sta distruggendo gli sforzi degli Stati Uniti», accusa Ahmed Assaf, portavoce di Fatah. Ma si sa, Israele viene prima di ogni altra cosa, e non c'è ragione che tenga di fronte alla causa ebraica. E neppure regola o rispetto per i valori della democrazia.
di Emiliano Biaggio
Avanti con gli insediamenti israeliani. La politica dello Stato ebraico non cambia, tanto da indurre l'alleato storico di Tel Aviv, gli Stati Uniti, a criticare l'operato del governo Netanyahu. Il 30 ottobre il suo esecutivo ha approvato la costruzione di 1.500 insediamenti a Ramat Shlomo, a Gerusalemme est, suscitando le ire di Autorità nazionale palestinese e incontrando la censura dell'Unione europea. A distanza di appena quattro giorni Netanyahu ha autorizzato la costruzione di altri 1.859 alloggi tra Gerusalemme est e la Cisgiordania, portando a 5.000 il numero complessivo delle unità abitative autorizzate da Netanyahu. «La politica degli insediamenti suscita qualche domanda su quanto sia serio l’impegno da parte di Israele», il commento di John Kerry, segretario di Stato americano. «E voglio essere chiaro: gli Stati Uniti considerano gli insediamenti israeliani illegittimi e dannosi per il proseguimento del processo di pace». Tardiva la reazione dell'UNione europea, con l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'Ue che ha impiegato quattro giorni per criticare Israele, con le stesse parole usate la settimana scorsa. «L'Unione europea ha più volte ripetuto che gli insediamento sono illegali dal punto di vista del diritto internazionale», ribadisce Catherine Ashton. «l'Unione europea deplora il recento l'annuncio di nuovi insediamenti e invita il governo israeliano a tornare sui propri passi». Israele invece va avanti, in barba agli accordi internazionali, al processo di pace - che stabilisce lo stop alla costruzione di nuove unità abitative - e al popolo palestinese. La costruzione degli alloggi «è la negazione dei diritti dei palestinesi, un duro colpo agli accordi internazionali già firmati, un fallimento che sta distruggendo gli sforzi degli Stati Uniti», accusa Ahmed Assaf, portavoce di Fatah. Ma si sa, Israele viene prima di ogni altra cosa, e non c'è ragione che tenga di fronte alla causa ebraica. E neppure regola o rispetto per i valori della democrazia.
Wednesday, 6 November 2013
Bruxelles, il parco
Da due anni Emiliano Biaggio ha spostato la propria sede operativa in Belgio. E' stato deciso di dedicare delle testate tematiche per offrire una panoramica della città. Sul blog farà la comparsa una banda fotografica con immagini di Bruxelles, insieme all'immagine da cui è stata ricavata con la spiegazione, per quella che si prepone di essere una piccola guida di Bruxelles.
9. Parco di Bruxelles
E' la prima cosa che si vede dopo il palazzo reale: un po' perchè si trova proprio di fronte alla residenza istituzionale della casa reale, un po' perchè è una vasta area verde nel cuore di Bruxelles recintata per tutto il suo perimetro da imponenti inferriate in ferro battuto. E' il parco di Bruxelles, noto come Parc Royal per la sua adiacenza al palazzo reale, o Parc per via del nome della stazione delle metropolitana (linee 1 e 5) che trova si trova nel sottosuolo. Antica riserva di selvaggina, il Parco di Bruxelles non è un semplice "corridoio della metropolitana" per le migliaia di pendolari che vengono a lavorare ogni giorno a Bruxelles. Per rispetto del bilinguismo va detto che il parco in neederlandese è noto Warandepark. Ma a Bruxelles è il parco per antonomasia, dato che tutti lo chiamano parco. Il parco misura circa 13 ettari di terreno, e risale al XVIII secolo: venne infatti realizzato a partire dal 1775, quando iniziarono i lavori di realizzazione del palazzo reale e quelli dell'annessa piazza antistante. Sorge, è proprio il caso di dire, sulle ceneri del vecchio castello dei duchi di Brabante, distrutto da un incendio nel 1731. Antica riserva di selvaggina, il parco è luogo di raduno cittadino in occasione dei fuochi d'artificio e del ballo nazionale del 21 luglio (anniversario dell'indipendenza, ottenuta nel 1830). Ma non è solo questo: il parco ha la sua natura politica (è compreso tra il palazzo reale a nord, il palazzo della Nazione a sud e la residenza del primo ministro a est), la sua connotazione monumentale (in tutto il parco si contano più si 60 statue), la sua vocazione artistica (il parco ospita il teatro reale del parco, il chiosco della musica). Qui le persone vengono a correre, a fare pic-nic, a partecipare ai concerti e alle mille manifestazione che si susseguono nel corso dell'anno. Aperto al pubblico nel 1783, ancora oggi è uno dei punti più transitati della città. Importanti lavori di manutenzione sono stati condotti nel 2001, con l'abbattimento e la sostituzione di molti alberi e la realizzazione dei viottoli interni.
ABBIAMO GIA' SCRITTO NELLA SEZIONE "BRUXELLES":
1 Palazzo reale | 2 Atomium | 3 Mont-des-arts | 4 Il parco del Cinquantenario | 5 La Grand place | 6 Il municipio | 7 Gli stagni di Ixelles | 8 Place Flagey |
9. Parco di Bruxelles
E' la prima cosa che si vede dopo il palazzo reale: un po' perchè si trova proprio di fronte alla residenza istituzionale della casa reale, un po' perchè è una vasta area verde nel cuore di Bruxelles recintata per tutto il suo perimetro da imponenti inferriate in ferro battuto. E' il parco di Bruxelles, noto come Parc Royal per la sua adiacenza al palazzo reale, o Parc per via del nome della stazione delle metropolitana (linee 1 e 5) che trova si trova nel sottosuolo. Antica riserva di selvaggina, il Parco di Bruxelles non è un semplice "corridoio della metropolitana" per le migliaia di pendolari che vengono a lavorare ogni giorno a Bruxelles. Per rispetto del bilinguismo va detto che il parco in neederlandese è noto Warandepark. Ma a Bruxelles è il parco per antonomasia, dato che tutti lo chiamano parco. Il parco misura circa 13 ettari di terreno, e risale al XVIII secolo: venne infatti realizzato a partire dal 1775, quando iniziarono i lavori di realizzazione del palazzo reale e quelli dell'annessa piazza antistante. Sorge, è proprio il caso di dire, sulle ceneri del vecchio castello dei duchi di Brabante, distrutto da un incendio nel 1731. Antica riserva di selvaggina, il parco è luogo di raduno cittadino in occasione dei fuochi d'artificio e del ballo nazionale del 21 luglio (anniversario dell'indipendenza, ottenuta nel 1830). Ma non è solo questo: il parco ha la sua natura politica (è compreso tra il palazzo reale a nord, il palazzo della Nazione a sud e la residenza del primo ministro a est), la sua connotazione monumentale (in tutto il parco si contano più si 60 statue), la sua vocazione artistica (il parco ospita il teatro reale del parco, il chiosco della musica). Qui le persone vengono a correre, a fare pic-nic, a partecipare ai concerti e alle mille manifestazione che si susseguono nel corso dell'anno. Aperto al pubblico nel 1783, ancora oggi è uno dei punti più transitati della città. Importanti lavori di manutenzione sono stati condotti nel 2001, con l'abbattimento e la sostituzione di molti alberi e la realizzazione dei viottoli interni.
ABBIAMO GIA' SCRITTO NELLA SEZIONE "BRUXELLES":
1 Palazzo reale | 2 Atomium | 3 Mont-des-arts | 4 Il parco del Cinquantenario | 5 La Grand place | 6 Il municipio | 7 Gli stagni di Ixelles | 8 Place Flagey |
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